Le 5 peggiori canzoni interpretate dai politici italiani

Nella storia della Repubblica italiana è successo non poche volte che musica e politica si incontrassero tramite personaggi della musica prestati alla politica o che interpretavano canzoni politiche (uno su tutti l’inno dell’UDC cantato da Luca Sardella, ma ce ne sono molti altri).

Non così frequenti ma altrettanto soddisfacenti per le nostre orecchie sono invece i politici che, in un momento qualsiasi della loro carriera, hanno deciso di dedicarsi al mondo della musica con risultati a dir poco altalenanti. Ecco a voi dunque una classifica delle 5 peggiori canzoni interpretate dai politici italiani.

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Alessandra Mussolini – Tokio Fantasy (1982)

https://youtu.be/AvtDSF1fS4w

Alessandra Mussolini, la più famosa nipotina di nonno Benito e di zia Sophia Loren nei primi anni ’80 cercò di sfondare nel mondo dello spettacolo non riuscendo però ad andare oltre qualche particina in commedie di genere e gli scatti seminudi per Playboy Italia dell’agosto 1983.

Misteriosamente nel 1982 l’etichetta giapponese Alfa decide di pubblicare un intero LP nel solo Sol Levante con incisi i vocalizzi della discinta attricetta che cerca di cantare, oltre che in italiano, anche in un forzatissimo inglese e in giapponese. Detta così può sembrare uno scherzo, ma la produzione raffinata (affidata a Miki Curtis, personaggio di culto della musica underground nipponica) e la schiera di autori (tra cui Hiroshi Sato, leggendario pianista giapponese e il prezzemolino Cristiano Malgioglio) ci riportano subito alla realtà.

Poco male perché un brano come Tokio Fantasy (pubblicato anche come singolo nel 1983) è difficile da non amare.

Mario Adinolfi – Non c’entro (2007)

Prima del suo impegno politico per cui tutti lo conosciamo, prima degli insulti agli abitanti delle terre del fuoco, prima delle aspre parole sugli omosessuali, prima delle critiche al divorzio, ai preservativi e alla propaganda transessuale (?), prima dei deliri farneticanti, delle dichiarazioni sulla sottomissione femminile, prima del suo secondo matrimonio a Las Vegas, prima della nascita del Partito della Famiglia, Mario Adinolfi tentò un’inaspettata esperienza in campo musicale nel 2007.

Australia Downunder è un EP in formato digitale scritto in collaborazione con tale Cristian Umbro e Adriana Ruocco, quest’ultima baby-meteora delle nuove proposte di Sanremo a metà anni ’90, nonché interprete dell’indimenticabile e indimenticata Sarò bellissima.

Da tale capolavoro noi scegliamo “Non c’entro” dove Mario ironizza sul suo aspetto fisico XXL per cui è stato sempre preso di mira da una parte dei suoi contestatori. Essenzialmente un ritmo da sigla di cartone animato accompagnato da un testo con qualche locuzione in romanesco che rende sempre tutto simpatico (ma anche no).

Col senno di poi lui liquida questa esperienza come «divertissment pascaliano», per noi un momento di raro imbarazzo.

Donato (Umberto Bossi) – Ebbro (1964)

Anche i leghisti hanno un cuore ed ecco che Umberto Bossi a metà anni ’60 si trasforma in Donato, misconosciuto cantautore lombardo che vanta al suo attivo un solo rarissimo 45 giri.

Ebbro è un anacronistico inno alla contentezza in salsa charleston (per renderla con un attualissimo paragone culinario). L’impressione è quella di un ritorno all’epoca in cui i treni arrivavano in orario e le canzoni infondevano un anestetico ottimismo insensato. Forse per questo motivo si presta facilmente ad essere canticchiata durante la mietitura o la vendemmia, anche sostituendo le frasi eventualmente dimenticate con dei «vai va vai vu va» o «ra ra rai rai ra», a seconda delle scuole di pensiero.

Per un motivo o per un altro, l’acerbo discendente celtico dovette appendere al chiodo la sua ugola bipolare. Ciononostante raggiunse la ribalta sotto altre vesti, deliziandoci con versi di estrema bravura.

I Parlamentari – Cosa sarà (1995)

https://youtu.be/FB-D__ewCqE

Mettete in file 37 politici appartenenti a tutti i partiti presenti nel parlamento italiano ed europeo di metà anni ’90 (tra cui spiccano i nomi di Ignazio La Russa e Alfonso Pecoraro Scanio) e fateli cantare. Il risultato?

Prendete il Marco Masini più ispirato, dategli un sacco di botte in testa con una tastiera midi, aggiungete i colpi di reni vocali di un gruppo di politici annoiati dall’ennesima finanziaria (e per registrare questa roba devono aver preso i più splendidi di tutto il mucchio) e se i tagli all’istruzione vi danno una mano forse otterrete un disco fetente come questo pubblicato con la solita scusa di una non meglio identificata beneficenza.

Onorevole Dia il La – Canto per la vita (2008)

Avete sempre sognato un inno alla vita cantato dei ministri del Governo italiano? Detto-fatto.

Tania Cammarota (conduttrice di programmi televisivi per la Rai e la mente geniale che ha promosso il calendario 2008 Signora Politica dove i cui soggetti erano delle parlamentari) è la comandante in capo di questa operazione da lei fortemente voluta. Applausi.

Peccato che tutto questo entusiasmo si traduca in un tema sonoro urticante, un testo al limite del patetico e in un raro caso di stonatura multipla guidata dal sempre presente Ignazio La Russa e dai amici di merende Gianni AlemannoDaniela Santanchè, Renato Schifani, Denis Verdini, Clemente Mastella e Sandro Bondi, che va di diritto ad affiancarsi alla hit Menomale che Silvio c’è nella discoteca del Consiglio dei Ministri, nonché in quella di Orrore a 33 Giri.

Fuori classifica: Antonio Razzi – Famme Cantà (2015)

Si può volere male ad Antonio Razzi? Noi pensiamo di sì.

Non basta essere diventato una macchietta televisiva grazie all’imitazione di Maurizio Crozza che rende divertente e accettabile anche questi assurdi personaggi da Repubblica delle banane (senza offesa per la banana) per farli diventare improvvisamente simpatici.

Invece di nascondersi in qualche parte remota del Gennargentu trascorrendo il resto della vita vestito con un saio nutrendosi di radici e foglie di mirto, il Senatore Antonio Razzi pensa bene di sfruttare la fama mediatica per farci dei soldini (in fondo non esiste la cattiva pubblicità, ma solo la pubblicità, come c’insegna quel marpione di Gene Simmons); tutto questo alla faccia delle istituzioni e della nazione che rappresenta.

Per il singolo “Famme cantà” la cosa è ancora più triste visto che il funambolico Razzi incide una canzone volutamente brutta giocando con gli stereotipi dell’imitazione di Crozza come fosse l’ennesimo comico di Zelig che tenta di lanciare l’ennesimo tormentone, ma in effetti Razzi fa più ridere.

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