La vera identità di tale Donato, misconosciuto cantautore lombardo degli anni ’60, che vanta al suo attivo un solo 45 giri, probabilmente è considerata ormai un “segreto di Pulcinella”.
Ripensandoci ci andrei cauto con certe citazioni borboniche perché stiamo parlando di Umberto Bossi e del suo 7″ Ebbro/Sconforto, pubblicato nel 1964 su Etichetta Caruso (nr di catalogo CV 10/5).
Ricordo che quando appresi la notizia mi venne in mente l’unica immagine che avevo del Senatùr in versione canterina, mentre eseguiva una versione scellerata dell’arcinota Italia duettando con un patriottico Mino Reitano; tutto questo gridando come un ossesso «Padaniaaa Padaniaaaa», scompigliato come se si fosse scolato una bottiglia di grappa, durante la partecipazione ad una trasmissione televisiva di dubbio gusto.
Dei brani in questione purtroppo, si trovano solamente alcuni brandelli su internet e ahimè, la tiratura del disco è davvero limitata.
Umberto o meglio Donato accompagnato dall’Orchestra D.U.Mazzucchelli apre il lato A con Ebbro, un anacronistico inno alla contentezza in salsa charleston (per renderla con un attualissimo paragone culinario). L’impressione è quella di un ritorno all’epoca in cui i treni arrivavano in orario e le canzoni infondevano un anestetico ottimismo insensato. Forse per questo motivo si presta facilmente ad essere canticchiata durante la mietitura o la vendemmia, anche sostituendo le frasi eventualmente dimenticate con dei «vai va vai vu va» o «ra ra rai rai ra», a seconda delle scuole di pensiero.
Contestualizzando, sarebbero gli anni prossimi al ’68: saliva il malcontento a livello mondiale ed il giovane Donato invece di cavalcare l’onda ribelle cosa fa? Ti sforna una musichetta da fischiettare spensierati… E invece no! Basta girare il vinile e in Sconforto la questione cambia diametralmente.
In linea con i tempi incerti, nel lato B si affrontano temi di esistenzialismo decadente, alla Luigi Tenco, in un lento malinconico. Anche lo stile nella foto da ragazzo, con maglioncino nero, evoca un non so che di maudit. Avesse battuto questa strada, probabilmente avremmo perso un ruggente leader politico a vantaggio di una tenebrosa e romantica anima in pena.



Invece, per un motivo o per un altro, l’acerbo discendente celtico dovette appendere al chiodo la sua ugola bipolare. Ciononostante, come tutti sappiamo, raggiunse la ribalta sotto altre vesti, deliziandoci, seppur senza metriche e componimenti musicali, con versi di estrema bravura.