10 peggiori sigle dei cartoni animati

Le 10 peggiori sigle dei cartoni animati

Le abbiamo ascoltate, imparate, registrate e cantate. Le ripeschiamo da vecchie cassette o 45 giri come memento dei bei tempi andati. Le abbiamo celebrate e persino paragonate a hit di musica adulta, al cospetto delle quali non sfigurano in termini di vendite, metriche, ritmiche e testi. Dobbiamo però ammettere che, in certi casi, alcune sigle dei cartoni animati ci hanno lasciato a bocca aperta, in negativo però. Con questa carrellata vogliamo quindi ricordare anche loro, le figlie di un Dio minore, quelle sigle che non hanno convinto, che hanno dissacrato miti dell’infanzia o che, semplicemente, facevano proprio schifo. Ringraziando anche loro, nel bene e soprattutto nel male, per aver accompagnato la nostra infanzia.

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Cartoon Kids – La Spada di King Arthur (1998)

Più o meno a metà degli anni ’90 l’imprenditore cinematografico Vittorio Cecchi Gori decise d’imporsi nel panorama televisivo italiano come fautore del terzo polo, alternativo a  RAI e Mediaset, comprando Telemontecarlo/TMC e VideoMusic, poi ribattezzata TMC2. Nel rinnovato palinsesto venivano trasmessi cartoni animati giapponesi vecchi di almeno un ventennio, un prodotto che pur avendo ancora seguito mal si conciliava con l’immagine di novità che Cecchi Gori voleva promuovere. Ecco allora la genialata: rinnovarne le sigle per rendere i cartoni più moderni e accattivanti. Peccato che il risultato fosse tutt’altro che positivo e la stragrande maggioranza non reggesse il confronto con le vecchie versioni, se non altro per questioni affettive. Uno dei prodotti peggiori di questo lifting fu la sigla di La spada di King Arthur: passare dalla solenne marcetta interpretata da I Cavalieri del Re (che scelsero il loro nome proprio perché questa fu la loro prima sigla) a questo pezzaccio dei fantomatici Cartoon Kids abbastanza anonimo fu infatti un peccato mortale.

King Arthur,
in prima fila sempre in mezzo alla battaglia.
King Arthur,
fagli capire a tutti che comandi tu.

Giorgio Vanni – Dragon Ball (1999)

Ben conscio di attirarmi le ire di buona parte dei fan di Goku non posso esimermi dal citare la sigla di Dragon Ball trasmessa dalle reti Mediaset. Essendo probabilmente uno dei pochi ad aver apprezzato l’anime già alla fine degli anni ’80 in uno dei suoi passaggi sulle reti private che affollavano l’etere, ho mal sopportato la rituale decisione di sostituire le sigle in giapponese con le varie tamarrate del trio Vanni-Longhi-Valeri Manera. Una sonorità unz-unz che con il cartone animato ci sta come il ketchup sugli spaghetti e la fastidiosa identificazione che si fa tra Goku, il protagonista, e il titolo del cartone, che tradotto in italiano significa “sfera del drago”, che lascia sempre la spiacevole impressione che chi scrive i testi non abbia nemmeno guardato un episodio e, quindi, non sappia di che cosa si stia parlando:

Combatti per trovare il drago, Dragon Ball
il drago delle sette Sfere, Dragon Ball
però nessuno sa dove sta.

Amarus in fundo, far sparire Makafushigi Adventure e Romantic Ageruyo fu una delusione pari alla censura sulle tette di Bulma, tanto per farvi capire quanto ci rimasi male. Motivo che mi ha portato a snobbare la programmazione del cartone animato su Mediaset, almeno per quanto riguardò le prime serie in replica.

https://youtu.be/8pPLe-eQQrQ

Ermavilo – DuckTales: avventure di paperi (1993)

La sigla di DuckTales cantata in inglese era quanto più di fico potesse passare in televisione per un ragazzino di 8 anni. Del resto, anche il cartone animato spaccava in quanto raccontava le avvincenti avventure di Paperon de Paperoni accompagnate da una musica vivace in stile Goonies R Good Enough. La delusione però arrivò nel momento in cui Disney Italia decise di sostituire The DuckTales Theme con una versione in italiano interpretata dallo specialista di genere Ernesto Brancucci, in arte Ermavilo, che già conosciamo per la geniale Strippo, strappo, stroppio. Pur lasciando invariata la melodia, si decise di puntare su una traduzione che cercava, per quanto possibile, di mantenere inalterato il significato del testo originale: ne derivò un accostamento di parole a volte cacofonico, a volte insensato. Il passaggio peggiore per musicalità lo si ha nel ritornello con i versi

DuckTales
Yoo hoo
Ogni giorno c’è una nuova storia
Yoo hoo
Misteriosa paperosa
DuckTales

Sicuramente non accattivanti quanto l’originale, che in parte rovinò l’appeal del pezzo, togliendoci anche la soddisfazione di cantare in inglese inventato. Piccola chicca: andate a recuperare la versione finlandese del tema di DuckTales.

Cristina D’Avena – Doraemon (2003)

Nel campo delle eresie compiute da Mediaset, il caso di Doraemon occupa un posto di tutto rispetto. Oltre a un doppiaggio molto meno azzeccato rispetto alla serie classica, le sigle fighissime, rispettivamente La canzone di Doraemon del Coro i nostri figli e Il gatto Doraemon, cantata nel loro classico falsetto dagli Oliver Onions, vennero sostituite dal solito rifacimento uniforme, accompagnato dalla pessima scelta di avere versi in inglese messi lì a caso, il tutto interpretato da Cristina D’Avena, cui vogliamo un gran bene ma che in questo caso non possiamo esimerci dal citare in questa carrellata di orrori. Risultato: il classico motivetto allegrotto risentito mille volte, da Hamtaro a Mirmo, la cui presunta modernità non regge il confronto con l’originalità e l’unicità dei classici del glorioso passato.

Io conosco un grosso gatto
sempre allegro e soddisfatto
con la testa rotondissima.
E’ davvero intelligente
furbo e sorridente
DORAEMON
the cat.

Alessia Gioffi – Snoopy Twist (1997)

Snoopy Twist occupa un posto tutto suo nella storia della televisione italiana. Più che una vera e propria sigla era un accompagnamento iniziale alla serie animata tratta dai celebri fumetti di Charles M. Schulz, che peraltro aveva già la sua classica e immortale sigla che bastava e avanzava. Oltre alla sua palese inutilità, Snoopy Twist viene inoltre ricordata per delle liriche piuttosto banalotte e per la voce della cantante, quell‘Alessia Gioffi nota ai fan di Non è la Rai con il soprannome di Terminator e ai profani come “la biondina che ballava come una matta”. In effetti Alessia era una delle poche partecipanti della trasmissione di Boncompagni ad avere una discreta abilità canora, che accompagnava a balletti da tarantolata, dei quali abbiamo un eloquente saggio nel videoclip della canzone dedicata al famoso bracchetto. Un cocktail di orrore che con sprezzo del pericolo venne anche pubblicato come CD singolo oggi piuttosto raro.

Snoopy Snoopy hey hey hey
Snoopy Snoopy Hey hey hey
Sei il cane più dritto che c’è.

Giorgio Vanni e Cristina D’Avena – Holly e Benji Forever (2004)

L’attenuante di essere la sigla di una serie come Holly e Benji Forever, nella quale a nuovi episodi che vedono i nostri eroi arrivare al campionato mondiale di calcio del 2002 si accostano rifacimenti dei momenti salienti delle edizioni precedenti, non giustifica l’abominio compiuto nel creare questo ennesimo pezzo pompato, interpretato dalla diabolica coppia Vanni-D’Avena. Non si capisce in effetti per quale motivo le serie moderne debbano avere sigle per metà in inglese, con sonorità che paiono uscite dalle tracce cestinate dal Pro Tools di Gabry Ponte. Misteri della fede.

Holly e Benji play together
Holly e Benji last forever
Holly e Benji play together
Holly e Benji… forever

Certo è che nel cuore di noi nostalgici le avventure di Holly e Benji saranno sempre accompagnate dal classico «na-na-na-na-na» della mitica sigla degli anni ’80 (almeno per noi italiani). Il resto è noia.

Cristina D’Avena – Spank, tenero rubacuori (1994)

La sigla di Spank, tenero rubacuori è probabilmente la più grande “toppata” di Cristina D’Avena: un coacervo di orrori da pena capitale. A iniziare dalla pronuncia errata di Spank che ci dimostra come probabilmente Cristina sia l’unica persona in Italia a non aver mai visto una puntata di Hello! Spank per non sapere nemmeno come diavolo si chiamasse il protagonista; per passare dagli intermezzi di Pietro Ubaldi nei panni di Spank stesso, che dovrebbero rappresentare il momento di ilarità ma che invece contribuiscono all’irritazione dell’ascoltatore, terminando con delle scelte linguistiche che descrivono il cane come uno “scugnizzo” (!?), manco venisse da Forcella e non dal Giappone.

La tua razza è la più mista che ci sia
mio dolcissimo scugnizzo pasticcione
ovunque arrivi porti l’allegria
amico tutto pelo e simpatia.

Non stupisce quindi che, a parte una breve parentesi, Mediaset abbia deciso di riproporre per la gioia di tutti la versione classica di Luigi Albertelli e Vince Tempera, rispedendo questo sciagurato pezzo nel dimenticatoio in cui merita di stare.

https://www.youtube.com/watch?v=r-r3HyXuoXs

Giorgio Vanni – I cavalieri dello zodiaco (2000)

Saliamo sul podio con la sigla dei guerrieri di Atena. Ovviamente, ci riferiamo alla riedizione in salsa Mediaset, che altro? Personalmente non provo un’antipatia particolare per Giorgio Vanni, il cui impegno professionale è indubbiamente da rispettare. Tuttavia, nel caso del rifacimento della sigla de I cavalieri dello zodiaco arrivata sui nostri schermi nel 2000 non si può negare che passare dagli «Invincibili guerrieri, valenti condottieri, votati anima e corpo a Lady Isabel» di Massimo Dorati all’ennesimo pezzo cassa dritta, coretto di bambini e autotune come se non ci fosse un domani, che con la serie non si addice per nulla è un boccone molto amaro da digerire.

Sono i cavalieri
I cavalieri dello zodiaco che
Combattono con lealtà
Per l’umanità
E per portare nel mondo la libertà!
Sai che ognuno ha
Tante qualità
Ed un’armatura fantastica
Chi la indosserà
Non si arrenderà
Così… il bene vincerà!

Si salta quindi dalla sacralità del linguaggio e della musicalità delle prime sigle a un pezzo che andrebbe bene per lo spin-off in cui Phoenix, Death Mask di Cancer e Demetrios si scassano di paste e vanno a ballare a torso nudo al Number One. Decisamente inappropriato.

Cartoon Kids – Sampei, ragazzo pescatore (1997)

Medaglia d’argento per un altro oscuro parto figlio del lifting cecchigoriano di TMC di cui vi abbiamo parlato. Un laboratorio che osò sostituire la mitica sigla di Sampei «Pescatore grandi orecchie a sventola» cantata dai Rocking Horse con questo pezzaccio in cui la base da spot di Tele +2 si accosta malissimo a un testo bambinesco per non dire scemo. Il tutto condito da un montaggio raffazzonato di immagini tratte dai primi due episodi della serie, con il buon ragazzino pescatore alle prese con l’ennesima carpa gigante. Ennesimo orrore della premiata ditta TMC-Cartoon Kids, cui va persino l’aggravante di aver dissacrato una pietra miliare della storia degli anime in Italia.

Sampei (Sampei)
Hai 13 anni ma un ometto sei tu
Catturi i pesci
Nei fiumi nei laghi

Moreno feat. Giorgio Vanni – Lupin, un ladro in vacanza (2015)

Al vertice di questa classifica non poteva che esserci la sciagurata Lupin, un ladro in vacanza, brano che abbiamo già avuto modo di sviscerare a suo tempo. Si tratta della sigla iniziale della nuova stagione che vide il famoso ladro e la sua banda intenti nelle loro scorribande nello stivale italiano. Un pezzo caratterizzato da una performance, quella del rapper Moreno, fatta di rime asincrone e liriche da Numero uno di Matze Knop, che passano dalla mafia al calcio alla torre di Pisa e alla Monna Lisa. Mancano solo i baffi neri e il mandolino e la pizza è servita.

Raga, ma la nuova sigla di Lupin?!
Devo avere un dejavu
Quando sei arrivato ho pensato potessi non essere tu
Forse sono stato ingannato dal nuovo look
Spacca di più, la giacca è blu
Come il cielo, come il mare
Ti da un certo tono
Vero come Lupin inizia per L ladro gentiluomo

A difendere l’etica professionale un Giorgio Vanni questa volta in chiave eroica, che ci mette la capacità e l’impegno di un artigiano delle sigle, seppure a volte discusse. Accostare questo pezzo a mostri sacri quali la bislacca Planet O, la sognante fisarmonica dell’orchestra Castellina-Pasi o anche alla riuscita Lupin, l’incorreggibile Lupin di Enzo Draghi è un ottimo esercizio di autolesionismo gratuito che ci risparmiamo volentieri. Chiamateci nostalgici, ma pur consapevoli delle logiche di marketing moderno, in questo caso rimaniamo orgogliosamente attaccati al passato e alla tradizione nostalgica dei bei vecchi tempi che furono.

https://www.youtube.com/watch?time_continue=168&v=4fnO9Mr3fKY

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  1. Giorgio Vanni in compenso ha fatto delle sigle bellissime.
    Le tre sigle di Naruto, tutte e tre di Vanni, hanno dei testi che colpiscono al cuore, Shippuuden in particolare.

    Vabbè che se i testi delle sigle di Naruto di Giorgio Vanni sono così belli è proprio perché NON li ha scritti Alessandra Valeri Manera ma un certo Dati

  2. Giorgio Vanni in compenso ha fatto delle sigle bellissime.
    Le tre sigle di Naruto, tutte e tre di Vanni, hanno dei testi che colpiscono al cuore, Shippuuden in particolare.
    Poi Zoids, Yugioh 5DS, Lets and Go, i Cavalieri del Drago e Shin Hakkenden spaccano anche.

  3. Moreno vai a lavorare in fabbrica, lascia stare le sigle, anzi lascia perdere il mondo della musica che non fa per te…

  4. L’impoverimento delle sigle dei cartoni in italiano riflette l’impoverimento della musica italiana in generale. Ai tempi artisti seri facevano musica per i cartoni e non parlo solo di sigle ma LP interi. Oggi una sigla è una sigla fatta tanto perché devono.
    E poi i testi…..mai sentite tante rime baciate insieme 🙁

  5. Ricordo una nuova (orrenda) versione, sempre su tmc, della splendida sigla de “Conan ragazzo del futuro”

  6. Un posto lo avrebbe sinceramente meritato anche la nuova versione (dinuovo di Cristina D’Avena) della sigla di “Flo, la piccola Robinson” (come scriveva Laura sopra): lo definirei il punto d’arrivo del perido della D’Avena meglio noto come “nun c’ho voja, nun so più che scrivece”. Se paragonato con la sigla originale dei Cavalieri del Re, sia per testo che per musiche, c’è un bel baratro.
    Ma in effetti si sarebbe potuta allargare la classifica aggiungendo svariate sigle interpretate dalla D’Avena del periodo “nun so più che scrivece”. Quella è una lunga fase di cui mi sono accorto in tempo reale, circa nel 1988, e che ha raggiunto il suo apice con “lo scugnizzo spAnk” ed il “brano” sopra citato: ve lo consiglio, a me da una sensazione di “piacevolezza” paragonabile ad una mano con 5 belle unghie laccate che, all’unisono, graffiano una bella lavagna (v’è venuto un brivido, eh? 😀 😀 )

    Comunque, dando a Cesare, anzi a Cristina, quel che è di Cristina, di sigle meritevoli (sopratutto agli inizi) ne ha interpretate varie. L’ultima che ricordo con piacere (siamo all’inizio dei ’90, credo), pur essendo nei testi un po’ (molto) vaga, è la sigla di “Touch”, di cui mi rifiuto di scrivere quei terrificanti e fuorvianti titoli italiani di Mediaset che andavano di moda nei 90s. Vabbè, sarebbe “Prendi il mondo e vai”, ma non è uno spin-off di Fantaman incentrato sul Dr. Zero, e su una rielaborazione del suo iperabusatissimo tormentone “il mondo è miooo!!!”

    Riguardo l’articolo: sì, concordo su tutto.

    1. Anche “curiosando nei cortili del cuore” , sempre di quel periodo, non era per niente male

    2. “Prendi il mondo e vai” (come pure “Questa allegra gioventù”, tra l’altro entrambe le serie sono state tratte da dei manga del grande Mitsuru Adachi) sono belle perchè a scrivere la musica è stato Massimiliano Pani, il figlio di Mina. Anche i testi, sebbene fossero opera della solita Valeri Manera, erano un po’ meno raccapriccianti del solito.

  7. Vorrei citare anche la versione di King Arthur fatta da Enzo Draghi che credo sia quanto di peggio abbiano trasmesso sulle reti Mediaset.

    https://www.youtube.com/watch?v=02ZEJjOF-jk

    Arrangiamento tirato su con una tastiera MIDI da mercatino dell’usato, testo imbarazzante e poi quel ritornello con la frase “Tu regni su Camelot” che però nella pronuncia draghiana diventa “Tu regni sucamelo”.

    1. Condivido. Di certo non ne posso più di tutto questo odio per Vanni, ha fatto anche delle sigle molto belle tipo Naruto (tutte e tre), Zoids, Let’s and Go, Shin Hakkenden, Batman of the Future, Keroro, My Hero Academia, Yugioh 5DS, se al Lucca Comics lui riesce a far sold out una ragione c’è

    2. Io non so perché ma certe sigle di Vanni mi sembrano pure più belle delle giapponesi, vedasi Naruto o Hunter x Hunter (quella l’ha cantata un altro ma l’ha composta e scritta Vanni).

  8. Sono daccordo sulla sigla di dragonball super, lupin, e holly e benji. Ma tutte le altre sigle sono pezzi di storia…

  9. Bravo. Aggiungo Flo la piccola robbinson e Maga’. E aggiungo che a me fanno proprio schifo i rifacimenti penosi dei cartoni, vedi Mila , Holly , anna dai capelli rossi, l’Ape maga’. Ma lasciateli stare e inventatene di nuovi e decenti

    1. Piccola Flo era undicesima nel mio personalissimo cartellino scritto sul retro di una fotocopia di inglese mentre cercavo spunti x l’articolo 😉

  10. In verità le imprecisioni dei testi di Dragonball e molte altre sigle vecchie si devono anche al fatto che ai compositori non era concesso di vedere in anteprima le puntate della serie, per timore di spoiler; di conseguenza i poveracci erano costretti a scrivere avendo solo un’idea molto vaga della trama e di fatto tiravano a indovinare. (fonte: l’intervista a Giorgio Vanni di Karim “Yotobi” Musa).

    1. Questa è roba che – purtroppo – capitava anche ai tempi dei Superrobots e dei Cavalieri del re. Basti pensare alla sigla di Ken Falco, di cui il povero Dougie non sapeva assolutamente nulla: il testo è talmente generico che potrebbe parlare di qualsiasi cosa. Il che, comunque, è un testamento alla professionalità di questa gente che, anche in condizioni del genere, riusciva sempre a tirare fuori un prodotto degno di nota.

    2. Scusa ma ti debbo contraddire.
      Dragonball al tempo di Vanni esisteva da decenni e, comunque, un bambino, anche nell’immaginario giapponese e con la coda, non sarà mai un Dragon Ball, anche con tutto l’impegno non sarà mai una sfera.
      La tua osservazione è valida ed è sempre stata rimarcata da Riccardo Zara.

  11. Devo segnalare un errore per quanto riguarda la sigla di Spank: ricordo bene da pischelletto di averla sentita la prima volta credo nel programma Ciao Ciao e di esserne rimasto disgustato a tal punto da avere subito inviato un FAX (!!!) alla redazione per protestare. Per quello non mi tornava l’anno (1999) infatti da una ricerchina in rete è uscito un ben più plausibile 1994, dove il FAX ancora governava il mondo.

    Concordo in pieno per la sigla dei Duck Tales, l’inglese aveva un tiro fantastico e mi piaceva moltissimo e nella traduzione italiana diventava una fetecchia.

    1. Corretto il refuso, ma ti confermo che il fax lo usavo copiosamente per lavoro (almeno in Italia) fino a metà anni 2000

      1. Io ho un negozio di paese e c’è gente che ancora mi viene a chiedere di mandare i fax… Pover Italia… 😀

      2. Il testo tradotto di Duck Tales era molto ma molto meno peggio dei “migliori” testi di Alessandra Valeri Manera. XD La sigla è bella comunque, inserirla in questa classifica non ha senso.

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