Tazenda Il Popolo Rock

Il popolo rock, l’evitabile tentativo dei Tanzenda di scrivere un inno da stadio

Ultimo aggiornamento:

Tazenda Il Popolo RockAll’inizio degli anni ’90 sale alla ribalta nazionale un gruppo sardo, i Tazenda, che grazie a una canzone entrata nella memoria collettiva come Spunta la luna dal monte (presentata nel 1991 al Festival di Sanremo assieme a Pierangelo Bertoli) e a un paio di album eccellenti in cui la musica etnica sarda si fonde con il pop rock, conquistano il consenso del pubblico e della critica. Il tutto, ovviamente, non tacendo i meriti della voce dell’indimenticato Andrea Parodi.

Prima di perdersi tra separazione, percorsi artistici diversi e un terribile disco latino-americano in spagnolo (ma perché?), nel 1993 a suggellare la prima parte di carriera del gruppo viene pubblicato Il popolo rock, un doppio disco dal vivo (anche se ampiamente ritoccato in studio) con un paio di brani inediti tra cui la nefandezza che dà il titolo all’intero lavoro.

Erano gli anni del ritorno delle chitarre nelle radio, gli anni in cui U2, Metallica e Guns N’ Roses muovevano masse oceaniche di fan, gli anni in cui Seattle era la capitale del rock mondiale, gli anni in cui in Italia ancora riecheggiava il successo di Gli spari sopra di Vasco Rossi e il gruppo rock più anticonformista per il grande pubblico erano i Litfiba.

Forse per questa ragione i Tazenda sentirono il bisogno di incidere un loro inno da stadio come Il popolo rock, che all’inutilità somma l’aggravante del testo in italiano purtroppo comprensibile a tutti che piglia a cazzotti la storia del gruppo stesso, la cui bruttezza merita di non essere dimenticata:

Sono aggressivi ma è meglio così
Sono cattivi, lasciamoli sfogare
Quelli passivi che dicon sempre sì
Son più nocivi, non si san manifestare.

Sugli stivali ci son gatti da pelare
Ma chi ha paura ha la coda di paglia
Sotto i capelli c’è un animoso essere
Leggero, insostenibile ma non una canaglia.

Inutile chiedersi il senso delle strofe perchè vorrebbe dire perdersi tra domande esistenziali e non (che cosa è l’animoso essere che vive sotto i capelli?), quindi, visto che al peggio non poteva esserci limite ecco spuntare temuto e minaccioso, perché foriero di ulteriori bruttezze, l’agognato ritornello:

Il popolo, il popolo, il popolo rock
Ama il Boss, ama Vasco, ama Piero

Il popolo, il popolo, il popolo rock
Ama il sesso, la musica, il mistero

Il popolo, il popolo vero
Odia, è molto ribelle ma sincero.

Di qui, potremmo disquisire per ore sul perché il popolo rock ami il mistero, odi, sia ribelle ed anche sincero, mentre sul fatto che ami musica e sesso non ci sono dubbi, ma credo che siano gusti comuni anche ai fan di Charles Aznavour.

Se possibile, il video è ancora più brutto, con i tre che si agitano in qualche zona del Sulcis bruciata dal sole e spacciata per l’Arizona, tra flash di grandi del rock e un agitarsi che non gli era davvero proprio e difatti durò giusto il tempo del videoclip.

Archiviata questa robaccia nel 1995 arrivò l’ultimo album del trio che si apriva ulteriormente al pubblico non sardo, essendo per metà cantato in italiano, ma da lì a poco Andrea Parodi deciderà di tornare alla musica sarda come solista.

Il popolo rock

Sono aggressivi ma è meglio così
Sono cattivi, lasciamoli sfogare
Quelli passivi che dicon sempre sì
Son più nocivi, non si san manifestare
Sugli stivali ci son gatti da pelare
Ma chi ha paura ha la coda di paglia
Sotto i capelli c’è un animoso essere
Leggero, insostenibile ma non una canaglia

Il popolo, il popolo, il popolo rock
Ama il Boss, ama Vasco, ama Piero
Il popolo, il popolo, il popolo rock
Ama il sesso, la musica, il mistero
Il popolo, il popolo vero
Odia, è molto ribelle ma sincero

Su quattromila sopra un prato forse
Duecento diverranno avvocati
Quattro soli moriranno di overdose
Ed altri quattro diverranno magistrati
Se sono tanti brillano gli orecchini
I tatuaggi, il chiodo, le canne
Se sono tanti e non sono più bambini
Amano i watt e non le ninne nanne

Il popolo, il popolo, il popolo rock
Ama il Boss…

Il popolo rock odia i politici
Storie melense, noiose istituzioni
In mezzo a loro ci sono critici
E fanno recensioni senza raccomandazioni
Su diecimila c’è anche un assassino
E c’è la madre di un futuro presidente
Se quella notte loro vanno a letto insieme il destino
Trasforma casualmente un perdente in un vincente

Populus, populus, populus rock
Populus, populus, populus rock

Siamo come siete
Siete come siamo
Siamo come meritiamo
Siate sempre come vi pare

El pueblo, el pueblo, el pueblo rock

Felice il popolo
Che non ha bisogno di eroi

People, people, the young rock people

Sono stato un presidente onesto
Al servizio del popolo italiano

Su populu, su populu, su populu rock

Tancas serradas a muru
Fattas a s’afferra-afferra
Si su chelu fit in terra
L’haiant serradu puru

L’haiant serradu puru
Si su chelu fit in terra
Fattas a s’afferra-afferra
Tancas serradas a muru

(Tanche chiuse a muro
Messe sul generale arraffa-arraffa
Se il cielo fosse in terra
Chiuderebbero anch’esso)

Il popolo, il popolo, il popolo rock

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  1. beh le parti di chitarra sono tutt’altro che disprezzabili ma anche il ritmo della canzone che ha un bel groove; quanto al testo ci sono parecchie verità in cui qualsiasi rocker si ritrova benissimo: se devo essere sincero da evitare è la recensione scritta magari da chi rode perchè non tollera che un gruppo di musica etnica, per giunta sardo,possa scrivere un pezzo rock…

  2. Bah… Recensione forzata e veramente mal riuscita. Anche i Tazenda stessi dicono che il Popolo rock non è una delle loro canzoni migliori, ma da ciò ad arrivare a quello che scrivi tu, ce ne passa. Il senso è veramente chiaro: è luogo comune pensare che i rockettari siano dei duri e persone poco affidabili, e invece… Sono quelli passivi che dicono sempre sì a dover preoccupare… Sotto ai capelli c’è un essere, cioè la persona portatrice di quei capelli ad essere animosa, ma in fondo non una canaglia, ecc… A me personalmente il video piace molto, come anche la pubblicità TV del disco… La conosci? Buona serata

  3. Uhm… La presa x il culo dei rokkettari ci starebbe tutta! Buona motivazione x questo pezzo che altrimenti è robaccia giusta x il FestivalBar di quegli anni. Nei primi due album mi piacevano, poi con sta roba sono crollati ed infatti nn si sono più ripresi. Cmq penso che ‘l’animoso essere sotto i capelli’ sia il cervello e quindi deduco che chi è calvo (come me!) sia senza ‘sugo’!!! 🙂 (O forse ‘l’animoso essere’ si agita nello ‘headbangin’?). Ad ogni modo in quegli anni il rock lo facevano i Depeche Mode; che gli U2 erano persi nel labirinto elettronico di Brian Eno, i Metallica facevano bei video di canzoni mainstream cosìcosì e si erano tagliati i capelli perchè Jon Bon Jovi lo aveva fatto e ci aveva guadagnato una palatadi di bei dollaroni, i GnR erano defunti ed il grunge era ormai un cadavere di lustrini da passerella (con buona pace di Kurt!). A breve sarebbero arrivati gli sculettanti Take That ed i buzziconi Oasis e nn ce ne sarebbe stato più x la vecchia guardia! :-)))

  4. Sinceramente più che un malriuscito omaggio al “popolo rock”, io ci vedo una grande presa per il culo a quelli che fanno i rockettari duri e puri. Stavolta non condivido la recensione.

  5. Io direi che prima di bocciarlo come pezzo inqualificabile darei un ascoltatina all arrangiamento sul finale che è un piccolo capolavoro

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