Essere un figlio d’arte non è cosa semplice, soprattutto se tuo padre è uno dei personaggi più noti dello show business italiano degli ultimi 50 anni: cantante, autore, discografico, attore, presentatore e predicatore televisivo. A rendere il tutto ancora più complicato c’è il fatto che anche la mamma non sia la classica casalinga di Voghera, ma negli anni si è data parecchio da fare tra musica, cinema e televisione.
Papà Adriano e mamma Claudia le hanno provate tutte per far sfondare i loro amati figlioli ma nessuno è riuscito a raggiungere una notorietà minimamente paragonabile alla «coppia più bella del mondo» (cit.), continuando a vivere di luce riflessa, per colpa, ma soprattutto per via o di quel cognome ingombrante.
Venendo da una famiglia di cantanti la strada più ovvia per Rosita, Rosalinda e Giacomo era sicuramente la musica, il problema è che nessuno dei tre ha ereditato carisma, presenza scenica, voce, né tantomeno intonazione, non dico del padre, ma nemmeno della madre.
Se la “piccola” Rosalinda dopo una pallida apparizione a Sanremo nel 1990 con L’età dell’oro ci ha rinunciato quasi subito, giusto il tempo di un altro inutile singolo e di un album d’ordinanza, Rosita, la più grande dei tre, dopo il flop del primo singolo Dal tuo sguardo in poi, in combutta con un allora sconosciuto Marco Masini (che i più attenti sentiranno miagolare in sottofondo), si decide a gettare la spugna solo dopo averci regalato quel capolavoro incompreso degli anni ’90 sotto la sigla di F.D.M..
Giacomo dal canto suo, dopo un funambolico flop con l’album Dentro il bosco del 1989 (prodotto da Mario Lavezzi e per il quale l’etichetta di famiglia non ha letteralmente mosso un dito per la promozione), aveva attaccato la chitarra al chiodo. Solo parecchi anni dopo decide di tornare sui suoi passi, dapprima nel 1996 scrivendo Vento d’estate per papà Adriano (probabilmente giusto per dargli qualche punto SIAE), cui aveva fatto seguito tre anni dopo il singolo a sfondo cattolico L’eterno messaggio presentato al festival religioso di Sanremo (ebbene sì, pare che esista) e distribuito solo alle emittenti radiofoniche cattoliche.
Nel 2001 il nostro tenta il ritorno sui palcoscenici del pop più tradizionale con il singolo Tra noi, che però non riesce a invertire le sorti di eterno sfigato di casa Celentano che puntualmente vengono confermate l’anno successivo quando a 36 anni suonati decide di partecipare al Festival di Sanremo vestito da quindicenne sfigato (con tanto di improbabile bandana), sbiascicando una imbarazzante You and Me (per tacere della sua ragazza che appare fugacemente sul palco vestita come una tredicenne con tanto di zainetto).
Per qualche inspiegabile ragione Giacomo ci riprova per la terza volta nel 2009 in compagnia della moglie Katia Guccione, con un disco nuovo di zecca intitolato programmaticamente Inevitabilmente noi (che suona quasi come una minaccia) e anche questa volta con il totale disinteresse della famiglia. I figli saranno anche «pezzi ‘e core», ma come dar torto a mamma e papä?
Tralasciando il becero cattolicesimo da papa boys di cui sono impregnati i testi, il disco è indifendibile. Tutto è raffazzonato come nella peggiore delle autoproduzioni: copertina insignificante fatta letteralmente con il caro vecchio Paint, suoni da Canta tu, ma soprattutto la voce sgraziata di Giacomo Celentano, dotata di invidiabile timbrica da scatolone vuoto.
L’ascolto di questa fastidiosa porcheria di pop parrocchiale, buona forse per la hit parade di Radio Maria, è letteralmente da sangue alle orecchie. L’estiva Domani non lo so (che diavolo significa «spiagge bagnate / notti asciugate»?) o Maria, inno alla Madonna non certo alla marijuana (che cosa pensavate birichini?), con un agghiacciante ritornello «Ma-aria / Ma-aria / Ma-aaa-aria» sono il fiore all’occhiello di questa robaccia.
Altri brani degni di menzione sono la nuova versione del singolo L’eterno messaggio (evidentemente una vera e propria hit nelle canoniche di tutta Italia), la ritmata Non mi va nella quale Giacomo si lancia in vocalizzi spericolati su una base dal groove improbabile e il duetto Quanto amore c’è che fa l’occhiolino ai Jalisse.
In tutto questo l’unica che fa una bella figura è Katia, che non sarà una cantante ma quantomeno è intonata o almeno più intonata di Giacomo. In effetti a pensarci un attimo chiunque avrebbe fatto un figurone cantando con Giacomo, anche il giardiniere di casa Celentano.
Che Dio li benedica.
Tracce:
01. Domani non lo so
02. Inevitabilmente noi
03. L’eterno messaggio
04. Le orme della vita
05. Maria
06. Non mi va
07. L’amore che provo per te
08. Quanto amore c’è
09. Un’azzurrissima vertigine
10. Opera