jovanotti sanremo 1989

Sanremo 1989: l’apoteosi di una catastrofe annunciata

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L’edizione del Festival di Sanremo del 1989 rappresenta in modo perfetto lo zenit di tutto quello che il lettore più fedele di Orrore a 33 Giri va cercando quando naviga su questo sito: un tale concentrato di demenzialità, ridicolaggine e perle nascoste che non ha eguali nella lunga e gloriosa storia del Festival della Canzone Italiana. Questo primato fu raggiunto grazie ad una combinazione di fattori che andarono al di là della sola musica e che ebbero la sfortunata coincidenza di verificarsi tutti in quel funesto anno.

Sanremo 1989

Sotto le mani di Adriano Aragozzini (che guidò anche la direzione artistica), subentrato alla società di produzione Publispei, il 39°  Festival di Sanremo si trasformò in una vera e propria macchina dello spettacolo dai toni kolossal, tanto che se ancora oggi la kermesse risulta essere patinata, tronfia nei modi e nelle sue scenografie e sempre meno interessata alla musica possiamo trovare negli anni ’80 e specialmente in questa edizione un grosso contributo a questa trasformazione.

Furono tanti i cambiamenti e le novità che caratterizzarono questa edizione: l’utilizzo per l’ultima volta del sistema di voto legato al concorso Totip, l’uso del playback che avrebbe lasciato il posto al ritorno dell’orchestra l’anno successivo e, evento da non sottovalutare, per la prima volta in assoluto la competizione veniva interrotta dalla presenza degli spot pubblicitari, anche se il vero e proprio tripudio d’immagine e promozione lo si toccò nella quarta puntata con la presenza sul palco di una lunga passerella di ospiti (tra i quali Franco e Ciccio, Michele Placido, Lino Banfi e Fabrizio Frizzi per citare qualche nome), invitati con il solo scopo di promuovere futuri programmi che sarebbero andati in onda sulla Rai da lì a poco.

Sanremo 1989

Ultime ma non ultime furono anche due innovazioni in campo puramente musicale: un lungo tour promozionale intitolato Sanremo in the World atto a portare la musica di quell’edizione in giro per il mondo (e visti i brani in gara ci dispiace davvero per il resto del mondo) e l’introduzione (unico caso in assoluto nella storia del programma) della categoria Emergenti nella quale vennero selezionati artisti che già avevano alle spalle una discreta carriera ma che, nelle intenzioni dell’organizzazione, erano ancora lungi dall’essere affermati e proprio per questo motivo venne ideata una manifestazione intitolata Aspettando Sanremo, una gara condotta da Claudio Lippi che vide la partecipazione di 32 artisti di cui solo 8 avrebbero avuto accesso al Festival vero e proprio che sarebbe iniziato da lì a una settimana.

Tuttavia tutto questo frullato di novità ed imponenza è solamente il contorno che serve a rendere più appetitose le portate principali, vale a dire i contenuti, le canzoni, gli artisti e le polemiche che quei 5 giorni di Festival (cosa scontata oggi ma ennesima novità per l’epoca, con il pubblico italiano non abituato a una così lunga durata) si portarono dietro e che nonostante tutto tennero incollati una media di 20 milioni di spettatori, tanto che la finale sta al terzo posto tra le più viste di sempre.

La conduzione

Una cosa in tutto questo marasma è certa: la conduzione di quell’edizione del Festival può fregiarsi della nomea della peggiore della storia senza margine di errore.

Nelle intenzioni sarebbe dovuto esserci Renato Pozzetto al timone di tutto e a dargli man forte vi era un quartetto inedito composto da annoiati figli di papà: Rosita Celentano (all’epoca compagna di Jovanotti), Danny Quinn (figlio di Anthony), Gianmarco Tognazzi e Paola Dominguin (sorella di Miguel Bosè), tutti ragazzi giovani con un cognome sulle spalle molto ingombrante tanto che la stampa lì soprannominò “i figli d’arte”. Tuttavia il forfait dell’attore, i rifiuti di Enrico Montesano e Renzo Arbore di entrare in corsa e l’imminente inizio del Festival portarono all’inevitabile conclusione di promuovere il quartetto a conduttori veri e propri nonostante non avessero alcuna esperienza nel mondo della conduzione televisiva. A titolo di cronaca anche Christian De Sica avrebbe dovuto far parte del progetto, poi rifiutato in quanto non gradiva molto l’etichetta di figlio d’arte, ma forse anche conoscendo le capacità artistiche dei quattro rampolli.

Sanremo 1989
I quattro presentatori del Festival di Sanremo 1989, da sinistra: Gianmarco Tognazzi, Paola Dominguin, Rosita Celentano e Danny Quinn

Il risultato fu terrificante oltre ogni previsione possibile: lapsus, gaffes e dimenticanze del copione accompagnarono ogni presentazione, la sintonia tra i quattro non esisteva assolutamente e molto spesso s’interrompevano a vicenda o si parlavano sopra l’un l’altro. Un esempio su tutti? La sigla di quell’anno era Piove di Domenico Modugno e venne annunciata da Paola Dominguin come interpretata da Renato Modugno. Tanto basta per capire quanto disperata era la situazione.

Inesperienza? Grandissima emozione (come commenteranno loro stessi in futuro)? Produzione poco attenta? Semplice mancanza di capacità? Poco importa quale sia stata la causa predominante, certo è che un primo tassello fondamentale e indimenticabile è stato tracciato.

I superospiti stranieri e gli interventi comici

Gli ospiti a Sanremo, si sa, sono la ventata d’aria fresca che serve a spezzare quel piccolo accumulo di noia che si forma quando si assiste a una passerella di canzoni nuove che ancora bisogna assimilare e fare proprie. Ma in quell’edizione del 1989 la ventata d’aria assunse connotati di leggera turbolenza.

europe 1989
Gli Europpe ospiti a Sanremo 1989

Nulla da dire riguardo ai superospiti musicali visto che, tra i tanti, sul palco fecero la loro bella figura i Depeche Mode, Boy George, Little Steven, gli Europe, Ray Charles insieme a Dee Dee Bridgewater, Elton John, Simply Red, Ofra Haza, Kim Wilde, Ivana Spagna e anche i Bros. Ma sul fronte degli interventi comici se ne videro delle belle grazie alla presenza del Trio Lopez-Solenghi-Marchesini che finì nel mirino della Radio Vaticana, dell’Osservatore Romano e persino del Partito Liberale per uno sketch giudicato blasfemo con Solenghi vestito da San Remo, ma il vero mattatore di quell’edizione del Festival fu Beppe Grillo che si abbattè sul Festival come un uragano improvviso con un monologo incendiario (e solo in parte concordato).

Sanremo 1989
Beppe Grillo durante il suo monologo

L’allontanamento dalla Rai di 3 anni prima non aveva fatto altro che esacerbare il suo umorismo sarcastico e pungente; in una decina di minuti Grillo prende per il culo il Festival («uguale all’altro anno e con qualche schifezza in più»), i telespettatori («18 milioni di rincoglioniti»), dà dei falliti ai giornalisti presenti (e a se stesso) perché sono ridotti appunto a venire a Sanremo (anche se non capiamo perché ora si lamenti di essere al Festival quando dimentica che nel 1978 fu uno dei conduttori per poi tornarci regolarmente come ospite nel 1985 e nel 1988), attacca a più riprese la classe politica dell’epoca (su tutti il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga apostrofandolo come salma), demolisce Al Bano e i suoi vaneggiamenti ambientalisti nella canzone in gara Cara Terra mia («Al Bano ha fatto una canzone a favore della natura con quello che alla natura ha fatto lui!»), dà della «scoreggina» a Jovanotti, usa parole che risuonano piene di pietà per i “figli d’arte”, attacca il direttore della Rai (Biagio Agnes), il produttore del Festival (Adriano Aragozzini) e lo sponsor (Pietro Barilla), pronuncia l’immortale frase «là dove c’è la televisione non esiste la verità» e, finale perfetto, dà del «coglione» al giornalista Sandro Mayer per la rivoltante intervista a Marco Fiora (bambino di soli nove anni, vittima di un rapimento durato 17 mesi) invitando i presenti ad alzarsi in piedi se la pensavano come lui (cosa che in diversi fecero tranne le prime file). Pioveranno in seguito diverse querele ma la storia del Festival da quel momento ha un altro grande racconto da tramandare ai posteri.

https://youtu.be/8wtJvRj-0_w

Le canzoni e i cantanti in gara

Jovanotti mentre canta Vasco a Sanremo
Jovanotti mentre canta la sua Vasco

Ed eccoci al punto cruciale, l’alfa e l’omega, dove si può trovare tutto e il contrario di tutto. La stampa definì l’immensa rosa delle canzoni in gara, che con 48 brani detiene il record nella storia del Festival, come un gigantesco supermarket dove poter trovare di tutto: “al Festival c’è tutto. Ci sono l’anziano e il giovanissimo, gli sposi e le sorelle, il non vedente e il ciccione, la cugina dell’attore e il figlio d’arte, i napoletani e i milanesi, la melodia, la droga, Gesù, il buco nell’ozono, l’effetto serra, le mamme, il sesso, la prima volta, la droga e il maiale”. E non si stenta a crederlo perché parlare di tutti i nomi presenti, degli esordi, dei grandi ritorni, delle perle da stanare senza riempire pagine su pagine sarebbe un’impresa titanica.

Da chi cominciare? Sicuramente dai veri tormentoni di quell’anno: “Esatto!” del mitico Francesco Salvi che portò in scena la più assurda esibizione della storia del Festival arrivando settimo e la celeberrima e già ampiamente trattata “Vasco” (arrivata in quinta posizione) di un Jovanotti passato in un battibaleno da rapper a rockettaro con tanto d’inopportuno cappello da cow boy e mossette pelviche. Poi come non citare “Il babà è una cosa seria” di Marisa Laurito (arrivata dodicesima), Gigi Sabani che tenta la carta della canzone impegnata con “La fine del mondo” (finita penultima) scrittagli dal presenzialista Toto Cotugno attivo con altri due brani in gara: “Se non avessi te” cantata da Fiordaliso e Claudio Cabrini (sesta) e “Le mamme” con cui arrivò secondo, il che è tutto dire. Sbirciando bene troviamo anche Raf che consegnò al grande juke-box della musica italiana la celebre “Cosa resterà degli anni’80” che però non impressionò la giuria arrivando solo quindicesima. Vogliamo andare avanti?

I grandi nomi che avrebbero dovuto elevare il valore artistico della manifestazione lasciano il segno più o meno quanto la tappezzeria del teatro Ariston, finendo tutti relegati nella parte bassa della classifica (a parte i sempiterni Ricchi e Poveri arrivati sesti e Riccardo Fogli quarto): Gino PaoliOrnella VanoniPeppino Di Capri, Fred Bongusto, Gigliola CinquettiTullio De Piscopo, Enzo Jannacci e il grandissimo Renato Carosone che con i suoi 69 anni d’età fece la sua prima e unica comparsa al Festival, ricevono tutti una pacca sulle spalle e un “riprovateci”.

Sanremo 1989
Anna Oxa e Fausto Leali vincitori del Festival di Sanremo 1989

In vetta alla classifica finisce l’inedita coppia Fausto Leali e Anna Oxa con “Ti lascerò”, seguita al terzo dagli inossidabili Al Bano e Romina Power che con la già citata “Cara Terra mia” si cimentano con il tema dell’inquinamento. E poi lì, al nono posto e sottolineiamo nono posto come un marchio d’infamia, troviamo Mia Martini che dopo 5 anni d’ostracismo da parte dell’ambiente musicale e dagli addetti ai lavori guadagna il premio della critica e un posto nella storia con la splendida “Almeno tu nell’universo”. Una menzione rapida ma doverosa merita Giuni Russo con la sua “Morirò d’amore” che fu  inspiegabilmente bocciata dalla commisione artistica.

Sanremo 1989

Arrivati alla fine di questo turbinio di nomi se vi sentiste la testa sottosopra sappiate che quella elencata è solo la categoria dei Campioni; tra gli Emergenti come non segnalare Paola Turci, il futuro vincitore dell’edizione 1992 Aleandro Baldi, Gepy & Gepy, Stefano Borgia con un brano scritto a quattro mani con  indovinate chi? Toto Cutugno! E ovviamente la Steve Rogers Band, ovvero l’ex band spalla di Vasco Rossi il cui nome fa capolino anche tra le Novità come co-autore del brano “Tentazioni” degli indimenticabili Sharks.

In questa categoria non possiamo esimerci dal citare la vincitrice Mietta, la nostra amata Jo Chiarello (seconda), la rocker Aida Satta Flores e i Ladri di Biciclette capeggiati da Paolo Belli, oltre a delle vere e proprie pepite sanremoesi già trattate in passato quali “Bastardo” di Gloria Nuti, “Pelle di luna” di Gitano e “Stella” delle sorelle Boccoli (e qui fece capolino la firma di Jovanotti invece).

Se siete sopravvissuti indenni alla fine di questo elenco interminabile di nomi, titoli di canzoni, eventi raccontati, informazioni e quant’altro vuol dire che ora conoscete la storia del Festival di Sanremo del 1989. Una strampalata edizione all’insegna del pacchiano e dell’inutile se vista dagli occhi di tanti altri, ma uno spettacolo ghiotto e succulento per gli amanti del diversamente bello.

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  1. Segnalo, fra le perle dei 4 presentatori, la presentazione di Gigliola Cinquetti ad opera di Rosita Celentano e Danny Quinn, che è il meglio del meglio.

    Lascio qui il link youtubico, sperando funzioni. In 50 secondi è condensato quel meraviglioso disastro colossale che fu la conduzione dei 4 dell’Ave Maria del 1989:

    https://www.youtube.com/watch?v=pPNASJ6gJqM

    Lui attacca, buttando l’occhio alla cartella, con -Gigiliola Cinquetti, pur essendo l’unica cantante italiana ad aver vinto l’Eurofestival, non ha sacrificato la vita privata per la carriera, e perciò ci canta “Ciao”-… Tre concetti senza un nesso logico tra loro, quasi una supercazzola; ma temo che il senso di questa frase sconnessa volesse essere una freddura, talmente agghiacciante che mi vengono i brividi a spiegarla. Credo che il senso fosse una roba tipo -anche se ho vinto l’Eurofestival non rinuncio a farmi una vita e perciò vi canto ciao come ciao ciao addio vado a farmi i fattarelli miei-… Credo sia la freddura peggiore esistente, complimenti a chi l’ha scritta a Quinn.

    Ma il meglio lo da la Celentano: manco mezzo secondo dopo che Quinn ha detto che GIGLIOLA CINQUETTI CI CANTA “CIAO”, attacca, fissando la cartella -8° artista ENZO JANNACCI- … ed a Quinn viene un esoftalmo e lo sguardo di sofferenza da “prossimo wc in autostrada fra 60 km”… Lei continua imperterrita, sempre fissando la cartella, leggendo male, e buttando qualche saltuario sguardo perso in favore di telecamera, elogiandone le doti comiche ed estranianti del cantautore più originale del panorama italiano (la Cinquetti)… Nel mentre Quinn ha un infarto miocardico, e infatti la Celentano prosegue su come (sempre la Cinquetti) sia stat(o) d’ispirazione per comici e MEDICI… pausa di 1/4 di secondo -Canta “Se me lo dicevi prima”-… Pausa di mezzo secondo e Quinn ribatte, sillabando: -Gigliola Cinquetti in “CIAO”-… E in quel “ciao” sottolineato, nel gesto cavalleresco con la mano per accompagnare l’uscita sua e della collega, in quell’esoftalmo ormai estremo, si legge un palese “Mavaffanculo Rosì”…

    Stupendi, i 4 dell’89, per chi li ha visti in diretta, sono come un buon vinello e riservano sempre nuove gemme (questa perla non la ricordavo) anche dopo 30 anni.

    PS: il dato sulla Cinquetti, all’89 unica vincitrice dell’Eurofestival (che allora noi lo chiamavamo così, senza ‘sto song contest), è corretto. Poi venne Cutugno nel 1992 o ’93, se non erro.

    PS parte II: complimenti alla Cinquetti, che fisico da paura, che gambe!

    PS parte III: concordo con chi ha scritto sopra, oltre a perle supertrashissimie (la Nuti grandiosamente indelebile, Albano e Romina effetto unghie sulla lavagna), in quella cinquantina di brani c’era davvero dei pezzi di buona qualità, molto spesso da illustri sconosciuti esordienti (come spesso accadeva a Sanremo).

    Ciriciao gente

  2. Questa dell 89 è stata un edizione memorabile soprattutto i quattro presentatori una papera dietro l altra,errori continui ,scazzati,svogliati,il risultato è stato esilarante e piu di una volta mi è venuto il sospetto che fosse tutto fatto apposta….

  3. ma hai dimenticato di citare la canzone più bella: Rossana Casale col Maestro Giuliano Milanese
    ” A che servono gli Dei”
    Fossero tutte così ricche di belle canzoni le edizioni di Sanremo

  4. Assolutamente tra i migliori Festival come qualità di canzoni . Conduzione troppo criticata in negativo , quelli di oggi fanno molto peggio.

  5. Nota sulla competizione: Tullio de Piscopo era al suo secondo Festival consecutivo, partecipazione conquistata grazie all’ottimo successo, l’anno prima, dell’album Bello Carico e soprattutto del singolo Andamento Lento, che pure a Sanremo 88 era stato piuttosto snobbato (18° su 26 nella categoria Campioni). Ma il brano presentato a Sanremo 89, E Allora E Allora, non era all’altezza del precedente, quindi, con rispetto parlando, il mediocre piazzamento (20° su 24 nella sezione Campioni) ci stava tutto.
    Nota di colore: Jovanotti era di leva in quel periodo, e partecipò a quel Festival grazie a un permesso di 12 giorni.

  6. così x curiosità….
    ma il figurante con la chitarra dietro a jovanotti qualcuno sa se è Federico Poggipollini?

    1. confermo: J.L Battaglion (chitarrista dei milanesi Royal Air Force). Alla batteria c’era Mario Riso, sempre dei Royal Air Force… la comparsata con Jovanotti costò loro carissima: erano una delle band emergenti del hard rock italiano con la partecipazione al Monsters Of Rock del 1988, il tour italiano con i Metallica e i Deep Purple e da quel momento divennero odiatissimi da tutti i metallari italiani proprio per questo motivo. A poco valse un ottimo album come ‘Leading the riot’ (1990) a risollevarne le sorti…

  7. leggo una grave inesattezza riguardo questo passaggio: “Furono tanti i cambiamenti e le novità che caratterizzarono questa edizione: l’utilizzo per l’ultima volta del sistema di voto legato al concorso Totip, l’uso del playback che avrebbe lasciato il posto al ritorno dell’orchestra l’anno successivo “. Nell’edizione 1989 non si faceva uso di playback (questo gia’ a partire dal 1986 quando, per regolamento, fu introdotto il canto dal vivo). Il canto dal vivo era supportato pero’ dall’uso di basi musicali preregistrate…e quell’edizione fu l’ultima in quanto, a partire dal 1990, venne reintrodotta l’orchestra. Ad ogni modo playback induce a pensare che i cantanti mimassero la loro canzone avendo in sottofondo il disco… mentre invece le canzni venivano eseguite dal vivo con l’ausilio, pero’, della sola base musicale registrata.

    1. La canzone venne proposta nel 1989 e nel 1997 ma venne scartata, nel 2003 quando Giuni Russo stava morendo venne “magicamente” ammessa al Festival

      1. infatti nel 94 chissa’ perche’ ammisero anche Ivan Graziani, malato di cancro e alessandro Bono sempre nel 94 che aveva l’ aids e mori pochi mesi dopo

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