Un tempo la politica era una cosa seria…
Ma cosa sto dicendo?! Mento sapendo di mentire, la politica è sempre stata più o meno così, con i suoi intrallazzi e non, seria o non seria. Ovviamente essa si adegua, attraverso le epoche, alla società, la quale si adegua a sua volta alla politica, in una sorta di feedback, nonostante le analogie di fondo restino all’incirca le medesime.
Tuttavia c’è da dire che in passato i canti dei partiti erano roba da scuotere i sassi: L’internazionale del PCI, Bandiera rossa del PSI, Il canto degli italiani del MSI, Inno Democratico Cristiano della DC e qui mi fermo che sennò sembro Rino Gaetano.
Adesso le cose sono radicalmente cambiate. È diminuita la partecipazione, sono crollati gran parte degli ideali che facevano della politica una fede, è cambiata la percezione dell’uomo politico, in una sostanziale parabola discendente che parallelamente riguarda anche le canzoni di partito che da canti di lotta si sono trasformati in canzoncine aberranti che non possono non mancare sulle pagine di Orrore a 33 Giri. Ecco quindi che con piacere perverso andiamo a presentarivi i 10 peggiori inni politici italiani (fino ad oggi).
La Destra e Azione Sociale
Si inizia con un risultato a pari merito fra i canti di lode di due partiti distaccatisi entrambi da Alleanza Nazionale in pieno delirio da seconda Repubblica.
L’inno de La Destra è battagliero e trionfale. O quantomeno l’inizio, visto che l’ardito e fiero vigore di tutto questo strombettare viene improvvisamente sgonfiato sin dal nascere del cantato, eseguito da voce maschile e femminile in coppia che, nella prima parte, elenca i valori del perfetto uomo di destra: Dio, Patria e Storia. Tutto fila liscio come l’olio (di ricino) fino ai versi «perché un sogno si fa vero, da un’idea di libertà», durante il bridge, quando pare che debba partire «ohi vita, ohi vita mia…», aria principale della celeberrima ‘O surdato nnamurato. Ahimé, non parte! In compenso, per ritornello ecco un bel valzerino che descrive la nascita del partito, prima di darci di nuovo sotto con la marcetta. La seconda strofa esorta il popolo a stare vigile per difendere i valori elencati in precedenza e quando per poco non riesce ad essere a suo modo coinvolgente, come un imbucato ebreo alla festa di fine Ramadan, ecco di nuovo lo spettro del classico partenopeo.
Passiamo ad Azione Sociale.
«Insieme noi per il domani, l’orgoglio di essere italiani e gli ideali che ci uniscono, sono la nostra verità». Tranne che per lo stile musicale adottato e per qualche altro dettaglio, la scala dei valori ostentata è pressoché identica a quella del punto precedente. Fu frutto anch’esso dello scisma che riguardò Alleanza Nazionale, in seguito alle dichiarazioni di Gianfranco Fini durante una visita ufficiale in Israele, dove definì il fascismo come uno dei mali assoluti del XX secolo. Il partito dalle chiare radici nazional-socialiste, incarnate biologicamente nella leader Alessandra Mussolini, sceglie di identificarsi musicalmente in un qualcosa che somiglia più ad una sigla da avanspettacolo degli anni ’50 che alla solita marcia. Il pezzo non osa e riesce a difendere in qualche modo la sua mediocrità strutturale. Consentiteci di dire, molto meglio il disco della giovanissima Alessandra cantato in giapponese nel 1982.
Lega Nord
https://www.youtube.com/watch?v=TDDBfV2-YBQ
Padania libera è un valzer in stile cantautorale che inveisce cordialmente contro il governo di Roma ed incita il popolo padano a scacciare oltre il fiume il potere falso ed opprimente, immagino con forconi, dardi infuocati, catapulte ed altre armi medievali. Per togliere ogni residuo di dubbio riguardante le intenzioni, viene ripetuta per circa 150 volte la frase «Servi di Roma fuori! senza dubbi né ripensamenti, Padania bella e libera, guarda avanti». Un importantissimo gong è usato metaforicamente a voler intendere i calci elargiti dai padani sulle natiche degli invasori da scacciare oltre il fiume. E dire che la carriera musicale del Senatùr era iniziata così bene negli anni’60…
Casapound Italia
Ci si aspetta il punk rock da un movimento sociale così against, magari proprio un pezzo scritto dagli ZetaZeroAlfa, ma la politica è politica e per far breccia negli animi del maggior numero possibile di elettori, anche chi c’ha la schiena sempre dritta qualche volta è costretto un po’ a rilassarla. Una volta dato il play a questa La mia gente è differente si viene colti dal dubbio di aver sbagliato traccia. L’intro, a parte la tonalità di esecuzione, è identico al corrispondente di A Silvio (menomale che Silvio c’è). Affinitè? Maldestritè? Casualitè? Seppur sinistra (in senso rigorosamente figurativo), dev’essere per forza una casualità.
Procedendo nell’ascolto, per fortuna, viene fugato ogni dubbio e quindi rivelata la vera fonte d’ispirazione: Ligabue. Con quel senso di malinconia di provincia volta al positivo che solo una roba come Certe notti può trasmettere, il testo del brano descrive la propria gente: «La mia gente non piega la schiena, se non quando serve un po’ di umiltà. La mia gente è un grande sorriso. La mia gente ha un passo sicuro e le spalle sempre coperte»; volendo praticamente dire che «sta mano po esse piuma e po esse fero» (cit.). Particolare attenzione al minuto 2:52, dove, alla fine del ritornello, avviene un fatto sconcertante: il brano prende una deriva simile al reggae più innocuo ed elementare, in cui la fanno da protagonisti organetti ed innocenti fraseggi di chitarra, per poi mutare ancora repentinamente, con una scala turgidissima in stile Black Sabbath dei semplici. Piuma e ferro.
UDEUR
Il brano, eseguito da una sottomarca di Nek, ha l’energia e la grinta di un micetto domestico. Energia tutto sommato sprecata per un partito mite come una domenica di maggio alla chiesa del villaggio. Ricordo tragicamente l’uscita nel 2006 di questo UDEUR Verrà e rammento l’accostamento da parte di carte stampate e schermi pixelati al celebre UFO Robot d’acciaio che si trasforma in Mastella-missile. «UDEUR verrà UDEUR verrà UDEUR verrà…». Fondamentalmente, UDEUR è una parola onomatopeica che richiama un rutto o una scorreggia che, stando al ritornello, prima o poi si manifesterà. E come di norma, si consiglia di stare lontani da chi la produce, soprattutto negli ambienti chiusi. Si raccomanda prudenza in ascensore, dove purtroppo è possibile spesso constatare la presenza di UDEUR. Per saperne di più leggete il nostro articolo su questo inno.
Movimento 5 Stelle e Partito Comunista dei Lavoratori
Al sesto posto troviamo un altro ex aequo; questa volta fra due coinquilini davvero improbabili. Uno è giovane e pieno di energie e l’altro appare anziano ed appesantito.
Partiamo dal Movimento 5 Stelle.
Ad ulteriore conferma (e tante altre se ne prevedono) che non esistono quasi più gli inni fieri e trionfali di un tempo, eccovi servita questa Lo facciamo solo noi canzonetta dalle sonorità smidollate. I “grillini” sono giovani “qualunquisti” i quali, quasi a proseguire il discorso de L’uomo qualunque di Giuseppe Giannini, rompono i coglioni a destra e a manca, possedendo anche un organo d’informazione che usa come stile espressivo lo scherno e la derisione. Quanto al brano, vabbè che si tratta di musica applicata fondamentalmente a pubblicità, quindi estirpata dalla sua naturale origine puramente artistica, ma una simile schifezza è da espulsione dal movimento, senza se e senza ma! (scusate, ma volevo dirlo).
La giovane protagonista del video, dal volto pulito e dalle buone intenzioni passeggia probabilmente su un terreno demaniale quando, ad un certo punto, trova un nastro giallo di plastica per terra che potrebbe impiegare anche 1000 anni a decomporsi ed invece di raccoglierlo inizia a seguirlo facendoselo scorrere fra le mani ed arrivando in un punto dove si imbatte in alcuni cartelli abusivi. La cosa mica è stata denunciata dalla giovane? Al contrario, comincia pure a scriverci sopra. Alla fine si scopre che il nastro formava i confini dell’Italia, ma non è assolutamente un’attenuante. Nel mezzo, un elenco di pregi accostati al pronome “noi” alternati ai “loro” aberranti difetti. Lo facciamo solo noi? Per fortuna aggiungiamo noi.
E veniamo al Partito Comunista dei Lavoratori.
Gente seria e rigorosa, persone tutte d’un pezzo disposte alla morte pur di vedere realizzata la previsione di Karl Marx, cioè la soddisfazione totale dei bisogni del proletariato: razioni abbondanti di salse dentro ai panini venduti alle feste dell’Unità tramite il sovvertimento del sistema capitalistico il quale si appropria indebitamente del plusvalore creato dalla differenza fra il valore del ketchup e la remunerazione della forza lavoro impiegata per produrlo. Mettendo da parte le analisi economiste, l’inno è moscio come un Mastella. Ok le parole chiave quali rivoluzione, compagni, operai e le frasi bandiera rossa e comunismo sarà, resistenza contro ogni fascismo, ma con ‘sta lagna l’unico risultato raggiungibile è il sonno da barbiturici. Tecnicamente il brano è un incrocio fra i canti della rossa tradizione e la new age celtica di quel travertino sui testicoli che è Enya.
Il Popolo Della Libertà
Nel bene o nel male, purché se ne parli. Questa espressione incarnava, almeno fino a qualche tempo fa, una delle tecniche di fascinazione dell’ex Cavaliere Silvio Berlusconi, il quale ha voluto scegliere personalmente l’inno ufficiale del PDL per la campagna elettorale del 2008. Solo un miracolo poteva far sì che da una schifezza simile potesse venir fuori qualcosa di più che un compenso da piano bar di bassa fascia. Ed il miracolo avvenne con questa Menomale che Silvio c’è, grazie ad un lavoro maniacale incentrato sulla semi-divinizzazione dell’indiscusso leader della cultura mediatica italiana. E’ grazie anche a questo travolgente inno che la coalizione di centrodestra riuscì a sbaragliare la concorrenza di centrosinistra guidata da un Walter Veltroni che non è coinvolgente manco un decimo del caro Silvio che almeno racconta le barzellette sporcaccione.
Troppe se ne sono dette anche sul video, gli spiragli per poter aggiungere qualcosa di nuovo sono veramente esigui; ci metto solo un piccolo appunto, tanto per partecipare. Mi sarei aspettato che i muratori, a metà video, avessero lasciato cadere i pali di legno che stavano trasportando, per unirsi al coretto. Per saperne di più leggete il nostro articolo su questo inno.
Molti di voi non saranno probabilmente d’accordo con l’assegnazione del quinto posto, considerandolo inadeguato per un pezzo musicale che è anche, vuoi o non vuoi, un pezzo di storia ed a questo punto avranno cominciato a gridare allo scandalo in maniera scomposta. Invito i più facinorosi a mantenere la calma! Ciò che segue è a dir poco sconfortante.
Partito Democratico
https://www.youtube.com/watch?v=c05B8xWCNOQ
Giovani gay democratici, stringetevi intorno a Walter! «no man does it all by himself». Eh sì, nessun uomo fa tutto da solo, come dice un verso del testo di Y.M.C.A. dei Village People, canzone monumento di certa musica disco che allude chiaramente all’omosessualità e che ha prestato la base sonora per il canto non ufficiale di un Partito Democratico di ispirazione americana, in campagna elettorale nel 2008. Purtroppo non ne fu permesso l’utilizzo di questa splendida I’m PD a causa di una rivalsa della concessionaria per l’Italia della proprietà del brano. Ma perché fu scelta proprio Y.M.C.A.?
Apparentemente la cosa ha poco senso, almeno fino a che non si prende in considerazione la rettoscopia che dovette subire Walter Veltroni dal marpione di Arcore. Ma questo è successo in seguito. Forse fu creata per ricambiare i favori di qualche lobby gay, o più probabilmente sarebbe dovuta essere semplicemente una drammatica richiesta di elemosina, che costringe il beneficiario a ridicolizzarsi pur di racimolare qualcosa di vitale. Roba da riesumare Almirante, Berlinguer e Fanfani. Lo svolgimento letterario del pietosissimo di cui sopra è direttamente da Estrema Unzione: «…cantiamo tutti insieme I’m PD, senza Silvio e neanche Dini perché una nuova stagione c’è, cantiamo tutti insieme I’m PD, se Mastella non c’è, tanto meglio perché, noi vogliamo cambiar con te». I tre esclusi dal democratico ed allegro festone, citati nel ritornello, dichiararono in seguito: «non importa sai, c’avevo judo» (cit.).
E adesso state pronti al peggio.
UDC
https://youtu.be/J6FPjL-gPAY
Un posto d’onore è riservato ai discendenti diretti della Balena Bianca, o almeno a quelli che non si sono riversati nei nuovi partitucoli di centro destra e centro sinistra, tentando, dopo aver radunato le costolette distaccatesi da una Democrazia Cristiana affondata dallo scandalo di Tangentopoli nel 1993, di tirare di nuovo a lucido l’amatissimo scudo crociato. Casini (che chiamerò Pierfi), Giovanardi e Buttiglione: non ci si aspetta niente di troppo buono da questi tre nomi uniti sotto lo stesso simbolo; anzi, ci si aspetta sempre il peggio. Ed infatti, il peggio è servito!
Luca Sardella, agronomo dall’ugola d’oro e cantante dal pollice verde, è anche un presentatore televisivo ed autore italiano. Ha scelto come simbolo della sua vita artistica un discutibile cappello incollato alla testa. Nato e cresciuto a San Severo, in provincia di Foggia, dove probabilmente avrà ricevuto un’educazione democristiana di stampo tradizionalistico, per lui sarà stato un onore aver potuto partecipare alla creazione del “grande centro” come autore e cantante dell’inno dell’UDC nel 2006, sotto la guida del freschissimo Pierfi. Pace e libertà è un aborto della musica pop, Giovanardi se ne faccia una ragione! E la voce del botanico è fastidiosa: «Vieni amico mio seguimi anche tu, se restiamo uniti noi avanzeremo di più, stringiamo le nostre mani e giù dal cielo, una gran pioggia di serenità». Non seguirei Sardella neanche per andare a derubarlo. Da un’ intervista emerge il suo desiderio di voler presentare il festival di Sanremo, per poter congiungere le proprie vocazioni canore e bucoliche in un sol colpo: pagherei… il canone RAI per gustarmi lo spettacolo! Per saperne di più leggete il nostro articolo su questo inno.
Io Amo l’Italia
Magdi Cristiano Allam sta alla religione come Rocco Siffredi sta alla topa. Musulmano in origine, cristiano di conversione, battezzato, cresimato ed “eucarestizzato” in pacchetto risparmio dal pastore tedesco Benedetto XVI durante la veglia pasquale del 2008, prese in seguito le distanze dalla chiesa cattolica tacciata di troppa tolleranza verso la religione islamica. Fondatore del movimento politico Io Amo l’Italia, autore, fra i vari, dei libri Viva Israele e Islam – Siamo in guerra, non mi meraviglierei se un giorno si svegliasse senza testa. La canzone/manifesto dell’amorevole movimento politico esprime una tale venerazione per la nostra Italia che quasi fa sfigurare il Mazzini che ci insegnano sui libri di scuola; infatti la parola Italia è citata per circa 3000 volte.
Il video ufficiale, fra una colomba bianca e l’altra, fra girotondi, abbracci senza senso, fra un anziano affetto da demenza senile e sorrisi immotivati, ci mostra anche un breve stralcio del battesimo del buon Magdi. Il secondo posto è giustificato in primis, ovviamente, dall’infima qualità del brano, che fa ribrezzo da ogni punto di vista. Certamente, anche la storia controversa del destinatario di tale celebrazione (perché il destinatario della celebrazione è l’ammirevole Magdi che ama la nostra patria, non è la patria stessa) ha contribuito a completare il giudizio.
Ma non è nulla, davvero nulla in confronto all’inarrivabile vincitore di questa classifica disgraziata che surclassa senza dubbio tutti quanti con un distacco abissale.
Alleanza di Centro
Incredulità e senso di vuoto evolutivo. Queste sono le sensazioni, in genere, provate al primo ascolto di questa Alleanza di Centro per l’Italia; dal secondo ascolto si riesce quasi ad avere la mente lucida quel tantino che basta per deriderlo almeno un quarto di come merita; dal terzo, si rompono gli argini ed il desiderio di condividere lo scherno diventa irresistibile. Non voglio accennare nulla sull’agglomerato politico, né sul leader e manco su madrine e padrini. Basta solo l’inno in sé, la base sonora che definire banale è davvero un gran complimento, i preset utilizzati che provengono dalle pianole più scadenti in circolazione e la filastrocchetta che ti si pianta nella testa come il cappello di Sardella e non ti molla più. «Alleanza di centro per l’Italia, per quelli che hanno voglia di cambiare, alleanza di centro per la storia, per questa nostra patria da salvare. Noi vogliamo difendere l’onore di chi non ha più santi da pregare…». Mi chiedo, con un inno così dove pensavano di poter arrivare. Che questo genere di piccole accozzaglie politiche degli anni ’10 del nuovo millennio, con rispettivi inni e simboli, siano stati creati con lo scopo di superare la soglia utile per ciucciarsi il rimborso elettorale? Parlando seriamente, questa canzoncina è da elemosina.
Premi Speciali
Per concludere abbiamo voluto assegnare alcuni premi speciali, per rendere merito ad altri indiscussi capolavori.
Il Premio Futurismo va all’inno di Alleanza Nazionale. Kick continuo ad inizio brano, riverberato in stile Joy Division, che richiama nitidamente qualcosa di molto noto:“Quando udrai un fragor a mille decibel…” e ti aspetti di scorgere in lontananza il grande Mazinga Z.
Per la Categoria Giovani, il premio va all’inno del Fronte della Gioventù, che opta per un’inusuale marcetta… Complimenti ai giovani frontisti.
Ed in ultimo, per la categoria Gli Intramontabili ecco l’inno di Forza Italia al quale, probabilmente, dobbiamo attribuire il merito di aver dato il “la” a tutto ciò.