Occorre scovare nei menadri della memoria e della rete per riportare alla luce Isole Vergini di Kiki Gaida, edito nel 1987 e divenuto popolare tra le hit del Bel Paese grazie ai passaggi in radio ma, soprattutto, alla partecipazione all’edizione del Festivalbar di quell’anno, l’arcinota kermesse musicale di patron Vittorio Salvetti.
Un personaggio e un singolo, quelli di Kiki Gaida, che ripropongono l’immagine della lolita, archetipo artistico che negli anni si è sempre rivelato vincente in termini di gradimento, specialmente nella fascia di mercato dei giovani adulti, dalla minuta Kylie Minogue alle “caciarone” ragazze di Non è la Rai, passando per le francesine Vanessa Paradis e Alizé, l’indimenticata Lio e terminando con le più moderne teen-pop stars quali Ariana Grande o Miley Cyrus.
Kiki si inserisce in questo immaginario, annaffiando la sua Isole Vergini di sonorità esotiche, musiche di kalimba e richiami ai paradisi tropicali incontaminati e peccaminosi alla Laguna blu, film che in quel decennio aveva riempito le sale di mezzo mondo. Il tutto ovviamente riarrangiato melodicamente per inserirsi nel continuum musicale “ottantesco”, e completato con un lato B riportante la versione in lingua d’Albione Virginal Mystery, passaporto che proiettò Francesca, questo il suo vero nome, nelle hit-parade e nelle compilation Europee.
A dispetto di un personaggio che appare costruito ad hoc per soddisfare gli appetiti musicali, vari ed eventuali dei radioascoltatori medi degli anni ’80, la produzione e il testo di Isole Vergini può vantare calibri di tutto rispetto: Oscar Prudente (Bruno Lauzi, Patty Pravo, Loredana Bertè, nonché arrangiatore de Il mondo di frutta candita, piccolo gioiello dimenticato di Gianni Morandi), Danilo Amerio (Anna Oxa), Raffaella Riva (già cantante de Il Gruppo Italiano, quelli di Tropicana per capirci) e Steve Piccolo (autore del testo di Self Control di Raf, ma anche dell’imbarazzante Marinero di Milva).
Difatti il successo arrivò ma per ragioni ignote la carriera della giovanissima Kiki Gaida durò il tempo di un 45 giri, diventando immediatamente una delle varie one hit wonder di quel decennio, per la gioia degli adolescenti di allora e dei loro cheek to cheek in camicia, maglione a coste color pastello sulle spalle e risvoltino d’ordinanza. E poi dicono che le mode non sono cicliche ma frutto dell’originalità del momento…
Ancora più memorabili le esibizioni dal vivo in playback di Kiki che soleva salire sul palco ancheggiando ammiccante sulle ritmiche della sua canzone, sfoggiando un look contemporaneo fatto di vedo-non vedo e una bellezza che anche per i canoni moderni rimane oggettiva. In molti infatti ai tempi avrebbero fatto carte false per trovarsi «Soli soli nel buio della spiaggia» delle Isole Vergini con Kiki Gaida, legale o illegale che fosse.
Di Kiki si sono poi perse rapidamente le tracce e anche oggi la rete rimane piuttosto avara di notizie, era quindi doveroso risolverare su queste pagine di Orrore a 33 Giri una perla rara della musica italiana anni ’80, come tributo a quegli anni spensierati e a un cliché artistico che in ogni sua declinazione artistica ci ha fatto battere i cuori.