La premessa sul livello artistico di Milva è tanto scontata da poter essere omessa serenamente per affrontare, forse meno serenamente, questa imbarazzante prova italo-disco in inglese della pantera di Goro che, a metà anni ’80, per evidenti imposizioni discografiche, si trovò ad incidere questa Marinero.
La casa discografica Ricordi deve aver pensato: artista di fama internazionale + sonorità alla moda = successo facile. Detto fatto vengono chiamati a raccolta Giancarlo Bigazzi alla produzione e l’autore Steve Piccolo (musicista newyorkese proveniente della scena no wave e trapiantato in Italia), due delle menti dietro al successo mondiale di Self Control intonato contemporaneamente da Raf e Laura Branigan, con l’aggiunta dell’autore prezzemolino Totò Savio per scrivere alla diva un brano da poter suonore nelle discoteche di tutto il mondo.
Poco importava (forse) che il genere poco si accordava a chi, tra album scritti da Ennio Morricone, Vangelis, Franco Battiato e le interpretazioni di Bertolt Brecht in teatro con la regia di Giorgio Strehler, aveva ben altro percorso artistico. Fu così quindi che Milva dovette cantare con una pronuncia inglese da scuola elementare le gesta di questo marinaio un po’ malandrino che, per sfuggire ai debiti, alla moglie e alle forze dell’ordine, salpa per i mari dove può respirare l’aria fresca degli oceani. Non che il testo avesse alcuna rilevanza nelle sale da ballo.
https://www.youtube.com/watch?v=WBsyP2AsFgk
La vera tragedia per Milva fu, a 46 anni suonati, dover andare in giro a promuovere questa vaccata comparendo in trasmissioni televisive in cui veniva accompagnata da baldi giovani ballerini che le ronzavano intorno, lanciandosi in performance che trasudano disagio e disperazione, tra l’altro spesso vestita come se stesse andando ad una prima all’Opera di Parigi.
Nonostante non divenne mai un vero tormentone la canzone ottenne un discreto successo lanciando l’album Corpo a corpo pubblicato lo stesso anno a cui collabora lo stesso Raf.
Di certo, lei per prima era consapevole che le discoteche non sarebbero certo impazzite per questo brano che resta uno dei misteri inspiegati di una carriera interminabile o, forse, la riprova che per perdurare così a lungo un artista qualche compromesso deve pur accettarlo.
Con il recupero delle sonorità Italo-disco degli ultimi dieci anni la canzone è stata oggetto di una incredibile rivalutazione che, al netto dei punti deboli esposti qui sopra, non può che farci piacere, vuoi per l’incredibile caratura artistica di Milva, capace di trasformare in prodotto di qualità anche un brano sulla carta insalvabile, vuoi perché alla fine, come tutte le canzoni di cui raccontiamo sul sito, se ne parliamo è perché in fondo ci piacciono da morire.
Giuseppe Sanna e Vittorio “Vikk” Papa