Sanremo, si sa, è un fantastico carrozzone su cui in base alle stagioni, ai venti e gli eventi, può transitare qualunque cosa, dalla più elevata ed eccelsa alla più improbabile. A tale regola non sfuggono ovviamente neppure gli ospiti internazionali, i quali peraltro hanno spesso manifestato enorme perplessità proprio sul festival in sé, nell’incapacità di spiegarsi come sia possibile che per giorni e giorni nel nostro paese ci si incolli alla TV e, volente o nolente, nel bene e nel male, non si parli d’altro; (altrettanto spesso è capitato che non avessero ben capito dove fossero capitati, siamo sinceri).
Strani, bizzarri, improbabili o irripetibili, estremamente fighi o spudoratamente imbucati: ecco una breve carrellata dei 10 ospiti stranieri più fuori luogo che hanno calcato il palco del Festival di Sanremo.
Marc Yu (2008)
Nel 2008, alla sua ultima conduzione, Pippo Baudo non poteva non infilare il piccolo mostro che qui assurge a paradigma di tutte le precedenti creature accompagnate mano per mano nelle edizioni fino ad allora condotte, perché al Pippo nazionale va riconosciuto anche il demerito di aver inondato il Festival di ragazzini e ragazzine, fossero fastidiose vallette, cantanti oppure ospiti. Il bimbo prodigio Marc Yu è roba già vista negli anni ’80, riproposta e già vecchia negli anni ’90 e abbondantemente fuori tempo massimo nel decennio successivo: qui tutto puzza irrimediabilmente di muffa che può scaldare solo l’Ariston, da sempre ben disponibile a tributare ovazioni per casi umani e baby freak.
Elton John & RuPaul (1994)
Nel 1994 un sopravvissuto Elton John approda al festival in compagnia di RuPaul, strepitosa drag queen che in America stava iniziando a spopolare e continuerà con discreto successo fino ai giorni nostri, per promuovere il suo nuovo singolo Don’t Go Breaking My Heart, rivisitazione in chiave moderna del suo classico del 1976. La produzione del nostro Giorgio Moroder dona al pezzo un bel ritmo danzereccio e godereccio e la performance non è assolutamente da meno con il teatro Ariston invaso dai colori sgargianti e mise improbabili dei due interpreti che sembrano essere stati catapultati da qualche gay pride. Viene da chiedersi piuttosto dove stia andando il nostro paese se nel 1994 Elton John poteva sculettare tranquillamente in coppia con una drag queen, mentre circa vent’anni dopo, alla faccia dell’evoluzione culturale, la sua presenza verrà travolta dalle critiche in quanto legalmente coniugato con un uomo… ma questa è un’altra storia.
Van Halen (1982)
Per promuovere il loro quinto album i Van Halen (o sarebe meglio dire i Van Hallen come sugerisce la grafica di mamma Rai) piombano al Festival di Sanremo per deliziare gli spettatori con la loro versione metallizzata e rigorosamente in playback di Oh, Pretty Woman di Roy Orbison, portando al teatro Ariston chitarre roboanti, chiome fluenti e soprattutto David Lee Roth che sculettava allegro con il pacco in bella vista tra gli immancabili addobbi floreali. Meno male che a portare le cose a posto sarebbe arrivato Frate Giuseppe Cionfoli con la sua Solo grazie.
Jimmy Page e Robert Plant (1998)
Nel 1998 Jimmy Page e Robert Plant tornano a collaborare insieme con un nuovo album e per infondere un po’ di vita a una delle più soporifere edizioni del festival, presentata non a caso da un giovane 75enne (Raimondo Vianello), le due superstar atterranno sul palco dell’Ariston come una sorta di entità aliena. Loro suonano la canzone in playback davanti a un pubblico imbalsamato che applaude alla fine dell’esibizione solo per abitudine; per tutta risposta Robert Plant saluta sbadigliando mentre un deprecabile Vianello lo spinge frettolosamente fuori dal palco trattandolo come un bambino scemo.
David Zed (1980)
Nel 1980 sul palco dell’Ariston atterra il nostro amato David Zed, all’anagrafe David Kirk Traylor, l’attore statunitense dalle movenze robotiche, un personaggio che riscosse parecchio successo in Italia negli anni ’80 tanto da essere citato palesemente nel personaggio interpretato da Paolo Villaggio nel film Grandi Magazzini (1986). David Zed arriva direttamente da un’altro pianeta e con la sua R.O.B.O.T. trasforma il teatro in un’immensa discoteca: un modo per immergersi nell’atmosfera degli appena iniziati anni ’80, con un Festival che, per riprendere slancio, diventava occasione per sperimentare grazie anche al presentatore Claudio Cecchetto. Una figata, roba da alzare il volume e ballarsela tutta, siamo sinceri. Anche perché David Zed pare comunque molto più vivo del pubblico in sala.
Toshihiko Tahara (1982)
L’edizione del 1982 ha l’onore di ospitare tale Toshihiko Tahara (田原 俊彦), chi?!? Vi starete domandando e non a torto. Spacciato come “star internazionale” l’imbucatissimo cantante-ballerino era in effetti un teen idol piuttosto famoso… ma solo in Giappone! Per la gioia dei presenti viene anche annunciata una canzone dal titolo in italiano Una rosa per te (probabilmente perché in giapponese risultava un po’ troppo esotica): questo Miguel Bosè dell’estremo Oriente, vestito con addosso la tenda di qualche vecchia zia ed un’improbabile fascetta per capelli che ricorda molto Mila e Shiro, se la balla e canta e alla fine viene rispedito da dove arrivava.
Saxon (1983)
L’heavy metal arriva a Sanremo (quello vero, non quello farlocco dei Dhamm). Ciò che oggi sembrerebbe impossibile, nei primi anni ’80 accadeva senza particolari problemi. Dopo i Van Halen, nel 1983 sul palco dell’Ariston planano i Saxon, uno dei gruppi di punta dell’ondata della New Wave of British Heavy Metal, giusto in tempo per promuovere il loro nuovo album Power & The Glory, anche se la conduttrice lo presenta come Power of Glory, ma fa lo stesso perché non frega a nessuno. I cinque eroi dell’heavy metal ce la mettono tutta nel loro playback selvaggio, scendendo l’impervia scalinata a suon di assoli davanti a un pubblico piuttosto perplesso.
Bad Manners (1981)
I Bad Manners, una delle band più importanti del genere 2 tone ska al fianco di The Specials e Madness, piombano al Festival con il loro sound piuttosto… esotico per il palco dell’Ariston. Guidati dal loro leader, Buster Bloodvessel, già famoso per la corporatura extra large, il cranio pelato, l’enorme lingua e le provocazioni durante gli show, svegliano per un attimo il pubblico in platea che non capisce bene dove sia finito. Il nostro riuscirà ad anticipare di ben 10 anni Sabrina Salerno che fu la prima a cantare in bikini, mentre lui si “accontenterà” di cantare in mutande cercando di abbassarsele a fine canzone davanti ad un pubblico attonito.
Eminem (2001)
Per dare un po’ di brio all’edizione del 2001 guidata da Raffaella Carrà va in scena la classica sceneggiata napoletana. La Rai prima si accaparra l’ospitata d’ecezione del nuovo fenomeno rap americano, il discusso Eminem: una macchina da rime, ma anche un personaggio borderline, con un passato fatto di violenza e soprusi; in un secondo momento si capisce che i suoi testi non contengono esattamente rime “cuore / amore” e quindi cercano di bloccarne l’esibizione, definendo l’artista americano poco consono per lo spettacolo canoro pù importante d’Italia. Tutto questo vociare si risolse con la Procura di Sanremo che si affannò a rilasciare un visto per una scaletta concordata con i brani meno “offensivi”, come ai tempi del MinCulPop fascista e come se l’italiano fosse in grado di capire anche una sola parola dello slang dei ghetti di Detroit.
Placebo (2001)
Sempre nel 2001 mentre da settimane imperversa la polemica sulla presenza di Eminem a Sanremo nessuno dà retta ai Placebo arrivati al Festival al culmine del loro successo fatto di disagio, eccessi e chitarre elettriche, non esattamente gli ingredienti tipici del pubblico festivaliero. Una volta capito che Sanremo non era affatto un festival di musica rock, il leader della band Brian Molko pensò bene d’inquartarsi di alcolici (e probabilmente di qualche altra polverina) per dimenticare in che brutto guaio si era ficcato. Introdotti da Megan Gale vestita da torero sexy (?) i Placebo arrivano sul palco e, ammirato il pubblico imbalsamato in platea, Brian sclera e manda tutti a fare in culo prima di rompere (peraltro goffamente) la chitarra e la testata dell’amplificatore, mentre il pubblico “entusiasta” lo salutava con un caloroso «Scemo! Scemo!».
Giuseppe Sanna & Vittorio “Vikk” Papa