Freschi, frizzantini e rinfrescanti. Questo sarebbero dovuti essere i Gazosa. Un gruppo musicale creato e prodotto da Caterina Caselli nel 2000 sul filo dello sfruttamento minorile. Sì, perché all’epoca i componenti della band avevano circa 14 anni: Jessica Morlacchi (voce e basso, classe 1987), Vincenzo Siani (batteria, classe 1986), Federico Paciotti (chitarra, classe 1987 e allievo del “funambolico” Richard Benson) e Valentina Paciotti (tastiere, classe 1985) entrambi figli di Giorgio Paciotti, chitarrista che ha collaborato con un giovane Richard Benson sul finire degli anni ’80.
Nonostante la tenera età la band era in giro già dal 1998 bazzicando il mondo del Disney Club con il nome di Eta Beta. L’anno dopo arrivano nel radar di Caterina Caselli che annusa la potenzialità di successo sull’onda lunga degli Hanson, una band americana di 3 fratelli giovanissimi tra i 17 e i 12 anni che proponevano un rockettino leggero, spensierato e appiccicoso arrivando a vendere nel 1997 oltre 10 milioni di dischi grazie al singolo MMMbop (per poi ripiombare immediatamente nell’anonimato). Per il loro singolo di esordio Mamma mia, cover degli ABBA, i Gazosa si trasformano in Zeta Beta (immaginiamo per ragioni di copyright) ma non se li fila nessuno.
L’ex casco d’oro non si dà per vinta e decide di rilanciare il progetto della baby band ribattezzandolo Gazosa e da qui inizia la leggenda, o quasi.
I quattro ragazzini, invece di passare i pomeriggi a fare i compiti, guardare i cartoni animati, giocare a calcio e fare merenda con una Girella, vengono buttati in uno studio di registrazione a incidere cover assolutamente inutili di successi vecchi e nuovi come Gimme Some Lovin’, Song 2 e Nobody’s Wife per quello che sarà il loro album di debutto omonimo che vide la luce nel 2000.
Il mondo risponde con un grande «chi se ne frega», ma grazie alla spinta della casa discografica eccoli apparire come fenomeno da baraccone in diverse trasmissioni TV, da Taratatà a Carràmba che fortuna. Questo fece si che l’anno successivo riuscirono a partecipare al Festival di Sanremo (quello passato alla storia per la partecipazione di Eminem) arrivando alla vittoria nella categoria Nuove Proposte (la prima volta per degli artisti minorenni) con il brano da adolescente sfigato Stai con me (Forever).
La canzone è molto generica, una base pop primi anni 2000 con un testo a metà strada tra l’amore fatto di cuoricini sul diario e la frantumazione dell’io secondo Pirandello; non si spiegano altrimenti versi come:
Stai con me forever
quella che non vedo più
bimba che correva
colorandosi di blu.
Stai con me
fino a quando lo vorrai
fino a quando capirai.
Stai con me forever
non comprendi che sei tu
quella che correva
colorandosi di blu.
Guardando l’esibizione sul palco dell’Ariston appuntiamo come degni di nota i manieristici gorgheggi iniziali e gli occhi sgranati e ballerini (diciamo “frizzanti” per ricollegarci all’appropriato nome della band) di Jessica Morlacchi. Poi a un certo punto compare il talentuoso Federico Paciotti, un metallaro in scala 1:2 completo di chitarra signature di Paul Gilbert e maglietta dei Rhapsody. Come sempre non manca il ciuffo con le mèches bionde del batterista Vincenzo Siani e i pupazzi di peluche sulla tastiera di Valentina Paciotti. Successo assicurato e bilancio trimestrale portato a casa per la produttrice e madrina del progetto Caterina Caselli e la sua Sugar.
www.mipiacitu e l’inizio della fine
La svolta definitiva arriva nel 2001 quando la mefistofelica mastermind del gruppo decide che era giunto il momento di rovinare l’estate degli italiani.
Ecco che ad accompagnare lo spot televisivo Omnitel-Vodafone e il sorriso perfetto di Megan Gale arriva il loro pezzo nuovo di zecca www.mipiacitu che raggiunge una soglia di fastidio e appiccicosità che va ben oltre quanto garantito dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo. Per diversi mesi l’Italia risuona di «www mi piaci tu, tu tu tu tu tu tu, I love you you love me, e mi manchi sempre più» su ogni canale televisivo ogni 15 minuti, riempiendo il conto in banca della Caselli, lanciando www.mipiacitu nella top 5 dei singoli più venduti e facendo andare in terapia l’intera Nazione per disturbo da stress post-traumatico. Pare che nelle prigioni di Guantanamo venga ancora utilizzata per torturare i malcapitati.
www.mipiacitu è una canzone allegra, molto dance.
Noi facciamo rock, ma d’estate è noioso, va bene per l’inverno.
Quando c’è il sole la gente vuole ballare e divertirsi.
(Federico Paciotti)
Se per il mai parco di minchiate Mario Luzzatto Fegiz l’eterogeneità della musica degli spot televisivi mostra una rassicurante varietà stilistica (da Il Corriere della Sera: «significa infatti che non si è verificata fra gli autori e gli artisti una corsa al manierismo creativo “formato spot”, come viceversa è avvenuto – e avviene – per chi vuol partecipare al Festival di Sanremo, allo Zecchino d’Oro o al prossimo disco di Mina») per molti critici il successo della canzone rappresenta la consacrazione del potere della pubblicità televisiva da anni più abile della radio nel creare successi da classifica. Voi che ne pensate?
L’anno successivo, freschi del travolgente successo estivo e puntuali come il raffreddore ai primi freddi, i Gazosa si ripresenteranno al Festival di Sanremo, questa volta nella categoria Campioni. La canzone Ogni giorno di più non fa il botto ma raggiunge un dignitosissimo 10° posto. Se pensiamo che i Timoria arrivarono ultimi battuti anche dalle stonature incresciose delle Lollipop possiamo affermare che è quasi una vittoria. In realtà è l’inizio della fine.
Ogni giorno di più non lasciò il segno neppure in radio (alzi la mano chi se la ricorda), nulla d’inaspettato, difatti come spesso accade con esperimenti di questo genere, la band non riuscì a sfondare nei cuori degli ascoltatori, infilata com’era nel limbo dell’essere troppo giovani per un pubblico di adulti e troppo poco adulti per piacere ai teenager; un cocktail che a dispetto del nome di frizzante aveva ben poco.
Strane collaborazioni
Prima di gettare la spugna ci fu il tempo nel 2003 per un disperato tentativo di rivitalizzare la carriera dei quattro giovanissimi, virando su blandissime sonorità pseudo rap-rock che in quegli anni andavano per la maggiore (soprattutto oltreoceano). La fusione a freddo prevedeva un totale restyling dei teenager, passati tra le fauci di un visagista che ne ricostruì totalmente il look per essere al passo con i tempi: eyeliner, canottiere bianche, baggy jeans, capelli ossigenati, fino alla collaborazione d’eccezione con un esponente della scena rap italiana. La scelta cadde su Tormento a.k.a. Yoshi che aveva guadagnato notorietà negli anni ’90 tra il grande pubblico assieme a DJ Fish con i Sottotono. Un affare per entrambi dunque? Tzé…
Ciò che in teoria può funzionare, nella pratica nasconde sempre molte insidie. In questo caso il problema di fondo fu uno solo: un conto è immaginare una partnership tra un riconosciuto gruppo di genere e un colosso del rap (ad esempio Numb/Encore nato dalla collaborazione tra i Linkin Park e Jay Z o la classica Bring the Noise di Anthrax e Public Enemy), tutt’altra cosa è prendere un gruppo di ragazzini già sul viale del tramonto a neppure 18 anni e affiancar loro un rapper che aveva già passato il periodo di massima fama. Inoltre la scelta di recuperare un vecchio successo come Nessuno mi può giudicare interpretato proprio da Caterina Caselli quasi 40 anni prima pare dettata solo dalla voglia di raschiare il fondo del barile.
Musicalmente questa loro nuova versione suona come una copia non tanto celata di Bring Me To Life degli Evanscence, super hit dell’epoca, con una base praticamente sovrapponibile, un Tormento palesemente svogliato in stile ma-chi-cazzo-me-l’ha-fatto-fare che sfodera rime prese di peso da Mezze verità proprio dei Sottotono. Non paghi di tutto questo ecco arrivare una pessima riedizione del famoso ritornello che a dispetto della notorietà delle parole e del giro di accordi in questo contesto ci sta bene come la marmellata di fragole sugli spaghetti allo scoglio. Il singolo non andò oltre qualche passaggio su MTV prima di essere felicemente dimenticato da tutti: Gazosa, Tormento, Caterina Caselli e pubblico.
A livello di reputazione nella scena rap italiana, a quei tempi molto velenosa, Tormento/Yoshi pagò caro lo scotto della non troppo prestigiosa e ancor meno fortunata collaborazione. Memorabile a riguardo fu lo sfottò da parte di Kiffa durante il freestyle battle del 2 the Beat 2004 (una sfida a suon di rime tra i migliori MC d’Italia) che gli costò persino il passaggio del turno:
Bella Tormento ti voglio dare un cinque ma so che tutto con lo stile questo (chico) finge
non puoi competere con questo samurai le tue radici sono quelle di un bonsai
parli magari di cultura ma il tuo hip hop con i tuoi CD dei Sottotono sono spazzatura
e non diciamo cambio faccia come Kaiser Soze ridicolo nel video dei Gazosa
Nessuno mi può giudicare il treno non lo prendo sei tu che te ne devi andare.
Quanto ai Gazosa non stupisce che in seguito a questo flop i quattro furono costretti a porre fine al sodalizio artistico, decidendo di comune accordo di dedicarsi ad altro: Jessica Morlacchi con una carriera da solista senza l’ombra di successi, mentre il chitarrista Federico Paciotti lo ritroviamo inspiegabilmente al teatro Ariston nel 2015 come ospite fortissimamente voluto da Carlo Conti appositamente per eseguire E lucevan le stelle, una delle romanze più celebri della Tosca di Giacomo Puccini, in una versione tra Yngwie Malmsteen e Il Volo.
Per qualche assurda ragione, probabilmente per questioni fiscali, Caterina Caselli resuscita il brand Gazosa per qualche concerto nel 2009 e nel 2011 con formazioni sempre diverse e ovviamente senza nessuno dei componenti originali, ovviamente senza riscuotere alcun entusiasmo.
Vittorio “Vikk” Papa, Francesco Roggero e Riccardo Pelucchi