Chi non conosce la prosperosa Sabrina Salerno? Vuoi per il suo tormentone “Boys (Summertime Love)”, vuoi per le sue “doti naturali” che non manca mai di mettere giustamente in bella mostra. Meno discussi e noti sono invece i suoi album soprattutto da fine anni ’80 in avanti.
Diciamoci la verità: “Sexy Girl”, “Hot Girl”, “My Chico”, “All Of Me (Boy Oh Boy)”, “Like a Yo Yo” e la già citata “Boys” sono brani indubbiamente piacevoli ed accattivanti per gli amanti delle sonorità italo disco più commercialotte, ma gli album che li contengono sono davvero poca cosa.
Dopo il terribile singolo “Gringo” del 1989 e lo sfortunato album post cecchettiano “Over The Pop” del 1991 arriva la svolta nella carriera della nostra con l’indimenticabile quanto deprecabile “Siamo donne”, presentata al festival di Sanremo in combutta l’irriducibile Jo Squillo, primo brano in assoluto cantato in italiano dalla nostra ed immediato successo ritrovato seppur confinato all’Italia questa volta.
Dopo una parentesi di ben quattro anni passata in “esilio” all’estero a seguito di un contenzioso legale con il suo storico manager che le impediva di lavorare in Italia, Sabrina Salerno torna con un LP nuovo di zecca ed un sound completamente rinnovato che vira decisamente e pericolosamente verso il rock, grazie alla produzione di Massimo Riva. Purtroppo per potersi creare una nuova verginità artistica non basta avere alle spalle lo storico chitarrista di Vasco Rossi, né riempire il disco di chitarre elettriche o pretendere di fare l’ultratrentenne arrabbiata con tanto di giubbotto di pelle in bella vista, abiurando d’amblè la musica dance sciocchina che la rese ricca e famosa.



Fatta questa doverosa premessa, diciamo che il disco sarebbe disastroso se non fosse divertente. Musicalmente è uno scarto del più becero e stantio rock qualunquista di fine anni ’80, con tastiere in primo piano, suoni cromati e immancabili inserti di sax… Peccato che eravamo nel 1996, Kurt Cobain non c’era già più da quanche anno, il trip hop aveva appena superato il picco di polarità, il rock si stava imbastardendo con l’elettronica, il nu metal si apprestava a conquistare MTV e questi che arrangiavano un disco come fosse il 1986.
Sull’onda lunga dello stratorferico successo di “Jagged Little Pill” di Alanis Morrisette anche Sabrina tenta la carta della donna-rocker forte che non la manda a dire agli uomini, forse ancora ebbra del femminismo da discount di “Siamo donne”, dimenticandosi che, a differenza della cantante canadese, lei fino a qualche anno prima ha mangiato solo grazie alle sue magnifiche tette.
Purtroppo per lei il pubblico non abboccò a questa improvvisa trasformazione in rocker arrabbiata della domenica che non riesce davvero ad andare oltre le solite quattro scemenze di femminismo spicciolo, contribuendo a cementare l’idea nel pubblico generalista che il movimento di rivendicazione dei diritti delle donne esploso in Italia a fine anni ’70 sia stato poco più di un gay pride meno colorato e molto più noioso. Le invettive contro gli uomini di cui è zeppo il disco sono generiche, inoffensive, ma soprattutto contraddittorie: da un lato il vaffanculo al genere maschile in quanto tale, dall’altra la denuncia della decadenza della virilità del maschio di fine millennio.
I migliori esempi di questo scempio sono ovviamente la title track, dove l’altro sesso viene dapprima definito banale, noioso, tappabuchi, imbalsamato, che si accieca di pippe guardando Non è la Rai e che non muore mai… per concludere dicendo «visto che ci sei tu qui però, bhè… per questa sera mi accontenterò»; morale della storia: un dildo di carne non lo si rifiuta mai.



Oppure la ridicola “La porta è sempre là”: poco più che una brutta filastrocca dove lei si rivolge al lui con un aut aut neanche fosse l’unica donna ad avercela: «Mi devi dire subito che tu non puoi fare a meno di me, se sono triste devi farmi ridere e per anni e anni dire di sì e se non ti va quella é la porta, ritornerai per chiedere scusa». Come non menzionare poi il fascino sinistro di “Tango italiano”, un pasticcio electro-rap (ma non faceva la rocker? forse un momento di smarrimento…) senza capo né coda dove la nostra vorrebbe mostrare la sua indipendenza femminista facendo una lista di uomini con cui si è accoppiata con tanto di doppi sensi non troppo velati ed interpretazione a gemiti:
Ah! Il tango italiano, tu lo balli come un dio.
Ah! Rodolfo Valentino, lui il divo tu divino.
(Balla con me…) Fammi girare
(Balla con me…) Adesso
(Vieni cone me…) C’è da morore
Fallo con me…Ah! Bolero español, tu vero matador
No, tu non ti stanchi mai; lui lo chiudo nel cassetto.
…
Ah! Lambada do Brasil, tu ti muovi come un dio
Ah! Tu sei la mia follia… sì, che bagno di follia.
Chiude i giochi “Gioco perverso” che nelle intenzioni vorrebbe essere un’invettiva (pensate un po’) contro un uomo meschino e senza scrupoli, ma il tono suadente dell’interpretazione sottintende un chiaro prurito sessuale verso questo tipo di maschio stronzo, come nel più stereotipato romanzo Harmony.
Ciliegina sulla sulla torta è però il singolo “Fatta e rifatta”: musicalmente poco più di un anonimo jingle pubblicitario, impreziosito da un il funambolico ritornello:
Fatta e rifatta come una mela cotta,
tutto il giorno con 2000 sigarette in bocca.
Fatta e strafatta come una rosa rotta,
ingannata dall’idea che non mi trovo mai…
Fatta e rifatta come una pera cotta,
tutto il giorno con 2000 canne in bocca.
Fatta e strafatta come una rosa rotta,
ingannata dall’idea che noi non siamo mai… (liberi)
Possiamo considerarlo in ogni caso come un traguardo per una che ha iniziato la sua carriera cantando:
Hot girl, hot girl. I’m satisfaction baby.
Hot girl, hot girl. I’m dynamite.
Hot girl, hot girl. I’m satisfaction crazy.
Hot girl, hot girl. Take me tonight.



Per cercare di risollevare (per altro inutilmente) le sorti di questo flop senza se e senza ma, l’anno successivo l’album venne ripubblicato con il titolo di “Numeri” con la scusa di inserire il nuovo singolo omonimo, con tanto di repackaging con una Sabrina Salerno assai meno aggressiva e più matura che ha gettato velocemente il giubbotto di pelle e tagliato i capelli sfoggiando un look da perfetta segretaria accollata.
Tra tutto questo scatafascio una nota positiva la troviamo: la voce di Sabrina, seppure senza particolare personalità, è squillante, piacevole e inaspettatamente intonata, mostrando che con un songwriting decente non avrebbe nulla da invidiare a cantanti improvvisate ben più quotate.
Tracklist:
01. Maschio Dove Sei
02. Palpito D’Amore
03. Fatta e Rifatta
04. Cuore
05. Non Va
06. La Porta è Sempre Là
07. Alice Rivivrà
08. Messico
09. Tango Italiano
10. Gioco Perverso