Varietà. Vi ricordate quelle megaproduzioni televisive esplose dagli anni ’60 agli anni ’80 che tenevano incollati milioni di italiani al piccolo schermo il sabato sera? Contenitori leggeri e luccicanti fatti di lustrini, luci, comici, coreografie, canzoni, teatro, orchestra, ospiti vari ed eventuali, nani e ballerine.
Qui nacque artisticamente la stella di Raffaella Carrà e qui si impose come la prima donna forte della televisione italiana, capace di tener testa anche a panzer da prima serata come Mike Bongiorno o Pippo Baudo o a ragazzacci come Eminem. Tutto questo senza diventare la mamma preferita degli italiani (Milly Carlucci), buttarla sul pecoreccio (Antonella Clerici) o, peggio, trasformarsi in un ibrido androgino (Maria De Filippi).
Varietà è anche stata da sempre la cifra stilistica della musica di Raffaella Carrà, una che può vantare una discografia più estesa di Frank Zappa, con decine di milioni di dischi venduti in tutti gli angoli del globo terracqueo e hit transgenerazionali (A far l’amore comincia tu, Tuca tuca, Tanti auguri, Ballo ballo solo per citare le più note). Una vera e propria icona del Monte Rushmore della cultura popolare italiana. Canzoni leggere, ballabili e spensierate che pescano un po’ da tutto: discomusic, pop, rock e anche reggae. Allegria e positività inossidabile come l’ossigenatura del suo caschetto sempre perfetto e la rassicurante risata a 32 denti.
Varietà è, senza sorpresa, anche questo suo Ogni volta che è Natale, ultimo lavoro discografico che cerca di sfruttare la moda dei dischi natalizi arrivata nel nostro paese da qualche anno a questa parte, anche perché, musicalmente parlando, Raffaella Carrà è irrilevante da più di 35 anni (meglio non ricordare l’imbarazzante ritorno giovanilistico di Replay). Varietà intesa come contenitore in cui c’è un po’ di tutto, proprio come quelle vecchie trasmissioni televisive di una volta, e che in fondo di natalizio ha poco o nulla, diventando solo una scusa per rispolverare la stella ancora brillante di un signora over 70 (così come suggerisce la copertina che celebra la Raffa nazionale e non certo le festività).
Nelle 9 canzoni più una del disco, pubblicato in pompa magna, ritroviamo questa schizofrenia rassicurante tipica di quei prodotti da prima serata che tentano in ogni modo di piacere a tutti. Si parte con l’inedito brano di lancio Chi l’ha detto, una blanda e dimenticabilissima ballata contemporanea scritta da Daniele Magro (cantautore e autore per Emma, Marco Mengoni, Alessandra Amoroso, Giusy Ferreri, Chiara e altri) per passare repentinamente a sonorità swing da big band sulle note dell’immancabile White Christmas, tra Frank Sinatra e Laura Pausini in versione pacco natalizio, con una pronuncia inglese piuttosto scolastica.
Ma niente paura perché con La marimorena (popolarissima canzone natalizia spagola) è subito fiesta! Chitarrine lusitane, trombette in primo piano, battiti di mani e nacchere a go-go e via tutti a sculettare in pista cantando a suqarciagola senza alcuna dignità «Ande, ande, ande la Marimorena / Ande, ande que es la Noche buena». Per riprendere fiato ecco che puntualmente arriva l’odiosissima Happy Xmas (War Is Over) zeppa di orchestrazioni e cori di angelici bambini e per un attimo ci chiediamo se siamo alla messa di Natale. Meno male che si riprende ritmo con il rock’n’roll sporcato di rhythm and blues di Merry Christmas Everyone, successo di Shakin’ Stevens del 1985 che per la grande occasione ha un testo completamente riscritto in italiano a eccezione del ritornello (troppa fatica?).
Quando stavamo cominciando a divertirci ecco che si torna su toni più sobri e seriosi con una lussuriosa orchestra e cantanti soprano a intonare insieme alla nostra Raffaella Halleluja di Leonard Cohen che c’entra con il Natale come il ketchup sul torrone. Mistero. In fondo poteva andare peggio se avesse rifatto O è Natale tutti i gioni. Dopo cotanto melodramma arriva come una boccata d’aria fresca Feliz Navidad che per qualche ragione viene proposta in una bislacca versione ragamuffin latino, che ci ricorda cosa fece Al Bano nella sua cover di Volare, qui manca solo il rapper caraibico per (s)fortuna (pare per imposizione dlla casa discografica).
In questa carrellata di reinterpretazioni a casaccio ecco che scatta implacabile come la morte anche l’auto-cover con una nuova versione per coro e orchestra di Buon Natale, ballata originariamente pubblicata nel 1984 con uno dei testi più agghiaccianti del ‘900. Roba che speravamo aver sepolto con la peggiore paccottiglia degli anni ’80 e invece rieccola emergere come la plastica nell’oceano.
Prima dell’immacabile omaggio al pubblico ispanico con una versione spagnola di Chi l’ha detto c’è ancora il tempo di ripulisi il palato uditivo (si fa per dire) con Jingle Bell Rock tra rock’n’roll, big band e cori di bambini in un tripudio di allegria, gioia e buoni sentimenti da prima serata. In fondo tutto questo è proprio l’essenza di Raffaella Carrà.
Tracce:
01. Chi l’ha detto
02. White Christmas
03. La marimorena
04. Happy Xmas (War Is Over)
05. Merry Christmas Everyone (Raffaella Carrà version)
06. Halleluja
07. Feliz Navidad
08. Buon Natale (nuova versione)
09. Jingle Bell Rock
10. Navidades han llegado (Chi l’ha detto – versione spagnola)