Non tutti i figli d’arte son figure prive di talento inevitabilmente oscurate dal successo paterno e a suo modo Mauro Macario ne è l’esempio perfetto. Figlio del grandissimo attore Erminio Macario, si è saputo reinventare in maniera più che originale e in numerosi campi che spaziano tra teatro, cinema e poesia.
Dopo gli studi d’Arte drammatica al Piccolo Teatro di Milano e un lungo apprendistato come aiuto regista con Bruno Corbucci nel 1976 Mauro Macario diresse il suo primo e unico film: Perché si uccidono (senza punto interrogativo); una delirantissima quanto affascinante pellicola in forte odore di neo-neo-realismo con la partecipazione di Beba Loncar, fra droga, satanismo, scontro di classe e scene oniriche che narra la storia di un giovane altolocato che per amore si dà all’eroina. Un film che parte come opera di denuncia divenendo tutt’altro, in un connubio di autorialità ed exploitation come solo gli anni ’70 potevano regalare.
Dopo tre anni però Macario jr. passa alla musica con il suo unico Amoropolis che per certi versi ha molti punti in comune con la sua pellicola: si toccano spesso argomenti talvolta impegnati e piuttosto scottanti (come l’aborto, la pedofilia e la prostituzione). Il tutto viene trattato non sempre con tatto, ma sicuramente con un certo spirito poetico e una sincerità d’intenti evidente, inquadrabile in un cantautorato originale e del tutto personale.
Mauro Macario per musicare le sue liriche si circonda di ottimi musicisti in un curioso connubio tra pop, cantautorato e tardo rock progressivo, nonché di una stretta cerchia di personalità (tutte torinesi) che già avevano collaborato con il celebre padre, tra questi la ballerina e showgirl Cristina Gazzera, il compositore Valerio Liboni (ex Ragazzi del Sole e Strana Società, all’epoca componente dei Nuovi Angeli, nonché autore di Che fico! di Pippo Franco), Daniele Torchio (Nuovi Angeli), Roger Riccobono (ex Strana Società e ora nei Nuovi Angeli), Livio Dimitri e infine la corista Renata Attivissimo, interprete del mortifero Il mio ragazza Alessandra (con testo – si dice – dello stesso Macario), tutti artisti che poi confluiranno quello stesso anno nel progetto discomusic toccata-e-fuga Seximama.
La presenza di musicisti di livello fa si che Amoropolis sia un album musicalmente solidissimo (le musiche sono praticamente tutte opera di Roger Riccobono, Daniele Torchio e Valerio Liboni) dove però la voce di Macario pare fuori posto: immaginate un cantato à la Francesco Guccini (ma più stonato) e recitato con una forte enfasi teatrale su base simil-prog.
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Là in fondo c’ero io narra una morbosa storia di pedofilia, stupro e violenze assortite narrata come fosse una fiaba su una musica leggera e quasi disorientante se messa a confronto con la durezza del testo. Reportage, un brano sull’alienazione moderna, viene raccontato con toni evanescenti e quasi criptici. Altro grande episodio che tocca un tasto delicato è senza dubbio Viaggio intorno all’amore: ballata lenta ed eterea sull’aborto narrata dal bambino non-nato e da uno degli amanti della donna, con un affascinante ritornello femminile e un tappeto languido di sintetizzatori che ben si adatta al cantato di Macario, quasi parlato e che evidenzia ancor di più il dolente e toccante testo.
Dopo un lato A che può lasciare sorpresi e magari anche un po’ colpiti per le tematiche e per il linguaggio con cui son state trattate, il lato B inizia con la title track, Amoropolis, altra canzone lenta su una società che sembra soffocare l’amore, i sentimenti e la spiritualità, l’Amoropolis attorno cui ruota l’intero disco quasi a mò di concept non è altro che la dimensone mitica e distante del sentimento nascosto dietro una realtà ingannatrice e talvolta dolorosa.
Concerto grande, è forse l’unica canzone dell’album insieme alla title track in cui sembra trasparirare un’atmosfera più leggera, almeno a livello di tematiche: un’altra ballata accompagnata solo da pianoforte e synth che parla di esperienze nel mondo musicale e del teatro di nostalgia. E’ qui che il cantato di Mauro Macario mostra inesorabilmente tutti i suoi limiti, ma è anche dove emerge tutto il fascino degli ottimi arrangiamenti del disco, che emergono nel coinvolgente crescendo finale.
Segue poi Signora d’argento, brano che si piazza idealmente tra Pierangelo Bertoli e Roberto Vecchioni in cui si racconta la storia di una donna che sceglie volontariamente la via della prostituzione per scappare da una vita monotona e senza stimoli.



Ma il vero capolavoro dell’album è la sua chiusura, Reneé è bellissimo brano in cui si mischiano le influenze più varie tra il progressivo e l’easy listening cantato dalla voce femminile di Cristina Gazzera, tutt’altro che impeccabile ma efficace nell’economia del brano, che scandisce un testo poetico ma alla stesso tempo semplice e suggestivo. L’arrivo finale verso la città di Amoropolis non poteva essere migliore di così.
Pur con tutti i suoi limti e difetti Amoropolis è certamente un album insolito, pur in un periodo storico dove non mancavano certo i cantautori disallineati, rimanendo per certi versi un unicum in Italia. Un album dai toni intimi e allo stesso tempo sperimentale che tratta tematiche taboo e scandalose senza scadere nella retorica politica del decennio. Molti, forse, troveranno i testi un po’ naïf e non sopporteranno la voce di Mauro Macario che se ne frega bellamente di ogni suo limite (e di qualche steccata) per la volontà di realizzare un’opera più personale che commerciale; difatti, esattamente come il film realizzato tre anni prima, Amoropolis passò totalmente inosservato, portando Mauro Macario a focalizzarsi principalmente sul mondo della poesia.
Facile immaginare l’insuccesso all’epoca di un disco disallineato come Amoropolis, che non aveva cazonette spendibili in radio, non aveva suoni alla moda, né un interprete dal look accattivante spendibile su Discoring, ma altrettanto facile capire, dopo averlo ascoltato, l’ingiustizia di ignorarlo oggi come ieri.
Tracce:
A1. Immorale
A2. Là in fondo c’ero io
A3. Reportage
A4. Viaggio in fono all’amore
B1. Amoropolis
B2. Concerto grande
B3. Signora d’argento
B4. Renée