Che fico! Il tormentone senza tempo di Pippo Franco

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Dio salvi Pippo Franco! Uno degli ultimi intrattenitori a tutto tondo: dagli inizi teatrali, poi la musica proto-demenziale, il cinema, le sigle per bambini, la televisione e poi il ritorno a teatro.

Pippo Franco che fico

Una carriera invidiabile la sua che nei primi anni ’80 toccò l’apice, tanto da essere chiamato nel 1982 ad interpretare la sigla di apertura del del Festival di Sanremo all’interno dell’operazione “svecchiamento” perpetrata da Claudio Cecchetto alla sue terza conduzione. 

Roba che oggi sarebbe improponibile, ma a quell’epoca dove in Italia le sigle dei cartoni animati finivano puntualmente in hit parade, apparentemente tutto era concesso.

Forse per la nota carriera televisiva non esattamente esaltante Pippo Franco è sempre stato ingiustamente sottovalutato come cantautore comico/proto-demenziale. E anche in tempi in cui si riabilitano cani e porci il nostro viene tenuto religiosamente in disparte dalla massa, tra risatine stupide e facile ironia.

In questo caso il brano é frutto di una sinergia di cervelli, oltre a Pippo Franco troviamo anche come autori Carlo Lena e Valerio Liboni (marito di Jo Chiarello), rispettivamente tastierista e batterista prima dei Ragazzi del Sole e poi de La Strana Società (band di cui fece parte come chitarrista anche un giovane Umberto Tozzi) e Luigi Francesco Mazzardo.

In mezzo ad una discografia vasta e variegata Che fico! è certamente il pezzo più pop-olare, vuoi per l’immediata cantabilità del motivetto, vuoi per il testo tutto giocato (volutamente) sul gergo giovanilistico, vuoi per l’irrefrenabile interpretazione da consumato attore comico nel miticologico videoclip.

Oltre ad essere un motivetto ancora piacevolissimo e divertente il brano è di fatto una fotografia (rigorosamente una Polaroid istantanea) dei teenager dei primi anni ’80, quando andava di moda collezionare adesivi, era cosa normale andare a pattinare con gli amici e cominciavano ad aprire le prime discoteche la domenica pomeriggio.

Il pubblico gli diede ragione facendolo diventare uno dei tormentoni dell’anno. Che fico! funziona a meraviglia oggi come allora, con una leggera patina di polvere che rende il tutto, se possibile, ancora più bello.

Che fico!

Fico (che fico)
sognare
di avere un motoscafo
che corre
sul mare
e in tasca ai pantaloni
un po’ di
milioni
da spendere in gelati patatine popcorn e noccioline
e qualche fico
(che fico)
avere
il poster nella stanza
che fico
comprare
un mucchio di adesivi
che fico
uscire
con quella spilla punk sul giubbotto
che tu puoi portare solo se sei fico
(che fico)
andare
nel parco a pattinare
con tutta
la banda
guidare la discesa
girare
sfiorare
quelle ragazzine che vedendoti volare poi sospirano così…
Ma guarda che maglietta e che jeans!
mi piace un frego quello lì
E’ un tipo fico, ma proprio fico!
fico
(che fico)
entrare in una discoteca
ballare
saltare
ballare da morire
poi bere, impazzire
giocarsi una fortuna in aranciate,
poi del resto non me ne importa proprio un fico
(che fico)
andare
insieme a tanta gente
su un prato all’aperto
per vivere un concerto
sentire
gridare
e poi battere il ritmo con un gesto della mano
che ti fa sentire fico
(che fico)
che vita
partire una mattina
per fare una gita
scherzare sul pulmino
un viaggio
da sballo
con quelle ragazzine che ad ogni tua battuta poi sospirano così…
Ma guarda che maglietta e che jeans!
mi piace un frego quello lì
E’ un tipo fico, ma proprio fico!
fico
(che fico)
avere il poster nella stanza…

che fico
(che fico, che fico)
che fico
(che fico, che fico)
che fico
(che fico, che fico)
che fico
(che fico, che fico)

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