Al di là del buon gusto o del più frequente cattivo gusto (tutto sempre opinabile, soprattutto perché il popolo zerofolle adora quelle che per altri sarebbero tremende cadute di stile), è possibile comunque individuare i casi in cui Renato Zero ha preso parte attiva alla scrittura del video per il ricorrere di almeno uno di questi tre elementi: 1) Roma (inteso non solo come spazio fisico, ma proprio come comodità di girare sotto casa, 2) la fretta (il suo unico film, Ciao Nì, venne girato in soli 9 giorni: con le dovute proporzioni, a un video Renato dedica al massimo mezza giornata, 3) la fissazione didascalica. Non potevamo quindi esimerci dal proporvi i i 10 peggiori videoclip di Renato Zero per omaggiare uno dei protagonisti dell’immaginario del pop italiano.
Pionieri (1981)
Tralasciati gli appariscenti anni ’70, nei quali ogni rara apparizione televisiva vale per dieci videoclip, il primo esempio di questo strano rapporto è sicuramente il video di Pionieri, canzone cult del popolo zerofolle. Contenuta nel doppio LP Artide Antartide del 1981, l’album con cui Renato rappresenta gli opposti (il bianco e il nero, il bene e il male…), la canzone ben dovrebbe rendere il perdersi tra le antitesi e invece la strofa «una capanna lungo il fiume» offre il lancio per un video sbrigativamente girato sulle sponde del Tevere (non esattamente il polo sud o il polo nord), con inquadrature ora su paesaggi di abbandono metropolitano e ora su cartelloni che riprendono le parole della canzone, caso mai ne stesse sfuggendo il significato.
Come mi vorresti (2003)
Con l’esplosione dei videoclip in Italia a metà anni ’90 i maggiori investimenti delle major discografiche su questa forma di promozione eliminano quel non so che di casareccio che fino ad allora lo avevano sempre caratterizzato: i suoi video diventano molto più patinati e lui appare assai più svogliato, lasciando palesemente ad altri le decisioni sceniche e coreografiche. Nel 2003, l’anno dell’album Cattura, tornano anche gli stadi e l’Italia si riscopre zerofolle… e il video di Come mi vorresti merita giusto un impegno di due o tre ore per girare le scene, nulla di più.
Alla fine (2013)
Finito il periodo Sony, da ormai un decennio Renato si autoproduce ed è quindi facile ritrovare alcuni piacevoli scivoloni, perché se torna a metterci del suo, il risultato è assicurato, come nel caso della recente Alla fine, canzone estratta da Amo – Capitolo II del 2013. L’indizio è sempre la già accennata fissazione didascalica, qui addobbata in maniera decisamente barocca. Inevitabilmente, se Renato canta «squisiti questi biscotti, sposano bene col tè», nel video lo vediamo mangiare biscotti mentre sorseggia un tè… Il video comunque ha un suo tremendo fascino nella scenografia (perché un castello, si chiederanno i posteri?), nei costumi (chi di noi non prende il tè pomeridiano con quelle prime due o tre cosine trovate nell’armadio?) e nella presunta moglie (vabbé) che (non chiedetemi perché) è conciata come la malvagia Strega dell’Est.
Ti andrebbe di cambiare il mondo? (2017)
Arriviamo ai giorni nostri, con l’ultima fatica Zerovskij – Solo per amore, un album, così come lo stesso spettacolo che ne è stato tratto, che è un apocalittico condensato di tutti i più buoni(sti) zeropensieri di cui Renato si è ammantato nel corso degli anni, rendendosene via via protagonista, depositario e custode. Così, inevitabilmente, il video di Ti andrebbe di cambiare il mondo? ci consegna l’immagine del fratello maggiore / figlio adorato / sconosciuto premuroso che si aggira per una città a caso (la sua Roma) elargendo bontà come che piovesse. Tutti vorremmo essere così, se questo posto non fosse già occupato (da lui) e allora accontentiamoci di attendere che ci capiti questo sublime incontro, che altro dire?
I figli della topa (1982)
Sempre nel 1981, arrivano le elevate strofe de I figli della topa, doveroso omaggio al suo pubblico, nel quale Renato cazzeggia divertito dall’inizio alla fine. Il video girato nel 1982 non è ovviamente da meno: con tanto di sorcini al seguito, il Re Sorcio si aggira per i boschi e per la città, sale sulla giostra e si mette a stendere i panni, si rotola per terra, mangia un panino e fa il girotondo… il tutto senza il minimo filo logico, ma la canzone era un semplice divertissement e il video non poteva esser da meno, siamo sinceri. Per la cronaca, verrà ripescata a sorpresa nel tour di Alt del 2016, regalando momenti di autentico delirio.
Amore al verde (1993)
Il gusto innato di Renato Zero per le baracconate ha avuto anche esiti gustosi e divertenti, sia chiaro. È il caso del video di Amore al verde, brano tratto dall’album del ritorno al successo Quando non sei pù nessuno del 1993: questa volta il risultato è voluto e ricercato (e pazienza se la fissazione didascalica fa capolino con insistenza). Renato qui veste i panni di un nababbo orientale che a dorso di cammello attraversa la città eterna (?) attorniato da una coreografia cardinalizia, lasciandosi sedurre, anzi spolpare, dal mignottone di turno.
Voyeur (1989)
Di certo è tutta farina del suo sacco il tremendo video che accompagnò Voyeur. Siamo nel 1989, l’album che porta lo stesso titolo è semplicemente poderoso, però il video della title track è micidiale (nel senso opposto, beninteso); ambientato in un improbabile bassofondo metropolitano, Renato Zero si aggira nero-vestito tra questa assurda fauna armato di lente d’ingrandimento: un prete e una suora che sollevano bilancieri, una coppia di sposi che se le danno di santa ragione su un ring improvvisato e altre robe al limite del delirio. Al massimo vien da chiedersi che giri frequenti nelle sue celebri uscite notturne…
Il grande mare (1989)
Sempre nel 1989, sull’onda di un rinnovato successo che era evidentemente fonte di ispirazione, Renato partorisce il video di Il grande mare che risulta un tantinello delirante. Al di là del fatto che qualunque guardiano del faro caccerebbe uno che si presenta vestito in abito bianco e camicia svolazzante rosso rubino, mentre la canzone gioca con un superbo testo sui ricordi che furono, il video si perde tra richiami e metafore e la storia di un tipo che dal faro parte per la sua bella, la sposa e ne ha un figlio e quindi finisce a lavorare in una fabbrica di matite per poi concludere (la sua esistenza?) a tingere di rosso dei pesci che poi metterà in una valigia. Mi è venuto mal di testa, scusate.
Da uomo a uomo (1984)
Unico nel suo genere è il video di Da uomo a uomo (in realtà trattasi della sigla della Domenica In del 1984) anche se forse sarebbe più esatto dire ultimo. Infatti, reduce dalla chiusura forzata del tendone Zerolandia e in sensibile calo di consensi, nel 1984 Renato si rifugia nella metafora dello zoo con Leoni si nasce, in quella che segna storicamente l’ultima espressione del carnevale fino ad allora messo in scena e vissuto, di cui però nel tempo è anche diventato prigioniero. Il video è inevitabilmente terribile, ma dopotutto siamo a metà anni ’80 e lui in questo periodo girava effettivamente vestito da leone (se vi state chiedendo dove sta qui il suo zampino, sappiate che tutti i pupazzi vennero acquistati in un noto negozio di peluche di piazza Navona…).
Telecomando (1987)
Nel 1987, arriva Zero, ennesimo doppio album che funge da vero e proprio spartiacque nella carriera del cantautore romano che, per citare le cronache di allora, decide di gettare la maschera e presentarsi di nero vestito, senza un filo di trucco e manco un orpello. Tuttavia, mesi dopo l’uscita discografica e terminato il tour, qualcosa scatta e un po’ per gioco e forse per noia, Renatone, dimentico dei buoni propositi sopra menzionati, si dedica a ciò che in fondo gli è sempre piaciuto: fare baracconate. La canzone Telecomando è già un fumettone sull’imperante dominio della televisione, con un testo ingenuo e anche un po’ forzato, ma il clou (o dramma, a seconda dei gusti) arriva però nel video, in cui mollati gli ormeggi e smessi gli abiti teatraleggianti fin qui indossati, la si butta in caciara, con quanto di più prevedibile e didascalico si possa realizzare, tra citazioni più o meno dotte e uno spudorato omaggio alle reti berlusconiane.