I 10 peggiori artisti irlandesi
Il sorriso accattivante di un giovane Shane MacGowan dei Pogues

I 10 musicisti irlandesi più imbarazzanti

Irlanda, terra di santi, poeti e bevitori, ma soprattutto musicisti: Thin Lizzy, Van Morrison, The Cranberries, EnyaTherapy?The Dubliners, i Booomtown Rats guidati da “Mr Live Aid” Bob Geldof, The Pogues con quel pazzo alcolizzato di Shane MacGowan (anche se per metà britannici), Ash, The Frames, Snow Patrol e ovviamente U2.

Non male per una nazione che con nemmeno 5 milioni di abitanti (meno della Sicilia, tanto per capirci) ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica mondiale. Tutta questa fama però nasconde un lato oscuro, una serie di momenti dimenticabili e dimenticati che hanno colpito le classifiche nazionali e internazionali con brani tra l’imbarazzante e lo sciagurato. Ecco quindi che per celebrare la festa di San Patrizio non potevamo esimerci dal poporvi una carrellata dei 10 peggiori artisti Irlandesi. Buon ascolto e, soprattutto, sláinte!

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Samantha Mumba

Se pensavate che l’unico musicista di colore irlandese fosse Phil Lynott vi sbagliate perché Dublino ha regalato al mondo, anzi più precisamente agli Stati Uniti, una certa Samantha Mumba. Mai sentita nominare? Basti sapere che nel 2000 con i suoi movimenti di spallucce, le sue treccine e la sua Gotta Tell You raggiunse la quarta posizione nella Billboard Hot 100, vendendo oltre un milione di copie. Dopo un “prestigiosissimo” tour con Aaron Carter (il baby-rapper fratellino di Nick dei Backstreet Boys) preferì indossare gli abiti più comodi dell’attrice e presentatrice televisiva in terra natia.

The Corrs

In Italia ricordiamo i terribili The Corrs principalmente per il loro tormentone Breathless, capace d’ipnotizzare milioni di ascoltatori in quel lontano 2000 grazie a quel fastidioso «go on, go on», ma la band della famiglia Corr (tre sorelle e un fratello) era già da metà anni ’90 una band di primo piano in mezza Europa ma soprattutto Irlanda, Gran Bretagna e Stati Uniti per la gioia dei tantissimi emigrati irlandesi che caddero preda del loro incantesimo fatto di pop zuccherino e qualche amiccamento folk con tanto di tin whistle, violino e bodhrán.  Non c’e altra spiegazione per il loro incredibile e soprattutto inspiegabile successo a cavallo dei due millenni.

The Revs

Nel remoto nord ovest dell’Irlanda ciò che cresce bene sono l’erba, le pecore e la noia. Non certo il punk rock. Prova ne sono questi The Revs, un trio formatosi nel 2000 con lo scopo (testuali parole) di sovvertire la musica irlandese. Un guazzabuglio di punk-rock-indie-surf-pop senza capo né coda, un po’ Pixies, un po’ Radiohead, un po’ Muse, senza lo straccio del minimo talento. Roba che un power trio nostrano come i Naftalina al confronto sembra i Rush. Bastarono un paio di singoli sguaiati a svegliare il pubblico assopito che rispose in massa prima di dimenticarsene con la stessa velocità con cui trangugia una pinta di birra il sabato sera.

Boyzone

Se l’Inghilterra aveva i Take That l’Irlanda doveva per forza creare una sua versione di una boy band composta da ragazzotti che non sapevano né cantare né ballare e non erano neppure belli. Armati solo del loro accento irlandese che fa arrapare le ragazze americane e di una manciata di cover melliflue i Boyzone riuscirono nell’impresa incredibile di vendere oltre 20 milioni di dischi in tutto il mondo, ma l’eredità peggiore fu quella di aver lanciato la carriera solista di quel pesce lesso di Ronan Keating.

The Saw Doctors

I Saw Doctors sono talmente sfacciatamente irlandesi che la loro irlandesità fa male agli occhi e alle orecchie. Un concentrato di stupidi luoghi comuni e folklore da cartolina da far sembrare L’italiano di Toto Cutugno un sonetto di Ugo Foscolo. Se da una parte rappresentano tutto quello che gli irlandesi non vogliono si pensi di loro, è stato proprio il pubblico di casa a creare questo mostro: nel 1990 il brano I Useta Lover trascorse nove settimane al primo posto in classifica diventando il singolo più venduto in Irlanda di tutti i tempi fino ad allora. Questo mix di vergogna e imbarazzo per un’intera nazione forse non fu il momento peggiore della loro carriera che probabilmente raggiunsero nel 2008 con la cover di About You Now delle Sugarbabes (che deve essere particolarmente apprezzata in Irlanda visto che anche gli Snow Patrol persero tempo a inciderne una loro versione).

B*Witched

Esattamente come accadde con i Boyzone ecco che per non scontentare nessuno arriva il loro corrispettivo femminile. Quindi se la Gran Bretagna aveva le Spice Girls sull’isola di fronte arrivano le B*Witched, una combriccola male assortita di quattro ragazzotte dublinesi non molto belle e non particolarmente intonate che piazzano una manciata di singoletti nelle parti medio alte delle classifiche nord-europee. Piuttosto che sull’aggressività del girl power le nostre sfoggiano un appeal rassicurante e provincialotto, riuscendo ad inserire totalmente a caso anche qualche passo di danza irlandese senza alcun motivo. Tutto questo non impedisce certo discreti passaggi radiofonici, almeno sino al cambio di stagione.

Westlife

Non contento di avere sfornato gli irritanti Boyzone, il produttore irlandese Louis Walsh decide che il mondo non è un posto abbastanza fetido e che quindi c’è bisogno di un’altra boy band, ancora più disgustosa se possibile. Con la perizia di un efferato serial killer mette insieme quindi i Westlife, di fatto dei Boyzone con meno talento (anche se pare inconcepibile) e ancora più inutili, raggiungendo il successo con impietose cover di vecchi successi. E se Ronald Keating e compagni almeni rispolverano i Bee Gees, i Boyzone hanno l’aggravante di aver restituito al mondo Mandy di Barry Manilow che avremmo preferito fosse rimasta sepolta in qualche sito di stoccaggio di scorie radioattive in Bielorussia.

Buffalo G

Probabilmente nei primi anni 2000 la musica irlandese toccò i minimi termini, a confermarcelo ci sono le Buffalo G, che non è il nome di una salsa per hamburger, bensì il nome di un improbabile duo dance-hip hop femminile dalle mosse elettriche. Ironia della sorte (o forse no) una era sorellina di un tizio dei Boyzone e sorella di due delle B*Witched, una sorta di mefistofelico incesto musicale che mette i brividi se pensiamo a cosa accadeva quando la famiglia si riuniva per le feste natalizie. Il duo ebbe vita breve, giusto il tempo di pubblicare il singolo di discreto successo We’re Really Saying Something, chiaramente una cover, anzi una doppia cover visto che il brano fu inciso originariamente dalle Velvelettes nel 1964 e poi portato al successo dalle Bananarama nel 1982, e poi puff… svanite nel nulla.

Lee Matthews

Se c’è un genere musicale che tira in Irlanda (soprattutto in campagna) è la musica country. Probabilmente l’unica nazione al di fuori degli Stati Uniti dove Garth Brooks può permettersi di riempire uno stadio per 5 concerti consecutivi senza alcun problema. Emblema di questa insana passione è Lee Mullhern, bambino prodigio nordirlandese che ricordiamo per la collaborazione con Pete Doherty nel progetto electro-dance NXT-GEN nel 2012 con lo pseudonimo di Lee M. e qualche apparizione con Snoop Dogg e Iyaz. Chiusa questa parentesi nel 2013 cambia nuovamente nome in Lee Matthews trasformandosi improvvisamente in un artista country, di quelli chiaramente improvvisati che pensano che basti vestirsi come il cast di Hazzard per riuscire ad essere convincenti. Quindi via con bandiere confederate, camice di flanella, salopette di jeans, cappelli da cow boy e tutti a cantare nel fienile con banjo e violino.

Jedward

I simulacri della peggiore musica irlandese non potevano essere che loro i Jedward, gemellini dublinesi diventati improvvisamente popolarissimi nel 2009 per aver partecipato al The X Factor britannico dove diedero sfoggio delle loro memorabili stonature, della loro assoluta incapacità di muoversi a tempo, della loro ridicola pettinatura anti gravità e, soprattutto, delle loro facce toste. Qui il solito produttore dal naso sopraffino (Louis Walsh, già mastro burattinaio di Boyzone, Ronan Keating e Westlife) ne annusa il potenziale mediatico e li trasforma in marionette per ragazzine sceme.

Il crimine contro l’umanità però è la cover di Under Pressure mixata con Ice Ice Baby (che poi è la stessa canzone) con tanto di featuring di quel desaparecido di Vanilla Ice in un’orgia di cattivo gusto e malvagità (contro l’ascoltatore) difficilmente eguagliabile.

https://youtu.be/J8Cq6rVAWt8

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