Nel 1995 i Take That erano “una cosa seria” per il pop di allora, non tanto per le loro stupide canzonette usa e getta, né per i loro patetici balletti arrapa-teenagers, ma perché scatenavano scene di vera isteria collettiva tra le giovanissime di tutto il mondo, tanto da riuscire a vendere pressoché qualsiasi oggetto che riportasse il loro marchio: magliette, cappellini, poster, ma anche adesivi, figurine, bambole, gioielli e spazzolini.
Da lì a poco però sarebbe arrivata la doccia fredda dell’abbandono di Robbie Williams, che all’epoca era una figura di secondo piano rispetto al factotum e platinatissimo Gary Barlow, il che aprì le porte per lo scioglimento (temporaneo) della band tra la disperazione delle tredicenni di tutta Europa.
Forse ancora sconvolti per l’abbandono del ribelle Robbie, i nostri si gettarono sulle droghe pesanti; non c’è altra spiegazione a cotanto sprezzo del pericolo nel voler coverizzare live “Smells Like Teen Spirit”, sì avete capito bene, proprio il successo planetario dei Nirvana di qualche anno prima.
In occasione dl loro tour del 1995 i quattro cavalieri dell’apocalisse decisero di dare un tocco rock al loro show, ma non si limitarono a cantare e ballare su una base preregistrata, bensì pensarono di rendere omaggio al cadavere di Kurt Cobain ancora caldo, suonando essi stessi la canzone. A parte lo shock iniziale di vedere i Take That alle prese con degli strumenti musicali il vero problema è che questi quattro poveretti non hanno idea di quello che stanno facendo.
Il risultato è uno scempio che ha davvero pochi eguali, talmente patetico sin nelle intenzioni che non possiamo non vergognarci per la loro pessima figura, anche perché qualsiasi infima band del liceo saprebbe fare una cover migliore della loro.
Howard che picchia a caso sulla batteria, Mark che gioca a fare il rocker suonando concentratissimo la “complicata” linea di basso nelle posizioni più stupide e inutili e Jason con la sua chitarrina nuova appena scartata che completa il quadro facendo la figura del puro coglionazzo: non solo sembra che abbia imparato a suonare guardando Beavis & Butt-Head, ma si esibisce in una serie invidiabile di cappelle dimostrando di non conoscere neppure la canzone e dimenticandosi di collegare un distorsore alla chitarra. L’uomo, invece di vergognarsi profondamente di questa pagliacciata mettendosi in disparte in un angolo buio, si bulla come un vero “guitar hero” con tanto di contorsioni facciali durante l’assolo.
Ciliegina sulla torta abbiamo quell’altro poveretto di Gary che ha scambiato il brano per “Club Tropicana” da cantare in qualche gay pride: non solo si esibisce in un patetico strappo della maglietta da dare in pasto alle fan arrapate (cosa che non facevano neppure i Poison ai tempi d’oro), ma che si dimena come un pupo siciliano tarantolato nei suoi spandex di lattice. Inoltre tra uno sculettamento e l’altro prova anche a cantare qualcosa di inintelligibile con quella sua vocina patetica. Impagabile.
Degno souvenir per questi ennesimi “turisti del rock” che in altri termini potremmo definire abominio.