Per avere una vaga idea di quanto sia antico il Festival di Sanremo si pensi al fatto che esisteva già quando i “negri” (puoi permetterti di non virgolettare la parola, utilizzata in questo caso con accezione folk, soltanto se ti chiami Spike Lee, considerando che addirittura Quentin Tarantino ha avuto qualche difficoltà) suonavano il blues, Bello Figo non rappresentava ancora l’incubo più remoto del proprio bisnonno e l’autotune non era mai stato utilizzato neanche da Cher.
Sin dalle primissime edizioni fu un susseguirsi di espedienti volti, di anno in anno, ad arricchire e stravolgere regolamenti e impostazioni del concorso. Si pensi che le edizioni del ’64 e ’65, rispettivamente la quattordicesima e quindicesima, furono caratterizzate dall’affiancamento in gara, da regolamento, a tutti i celebri artisti nostrani partecipanti, da idoli spesso ben più celebri provenienti dall’estero.
La classifica stilata di seguito è fondata su un aspetto che, antropologicamente parlando, risulta abbastanza vago, sebbene, in qualche modo (forse più di in qualche modo), caratterizzante perlomeno dal punto di vista musicale: la pelle nera. Cosa che riconduce in generale al soul, sebbene gli autori dei brani partecipanti a qualsiasi edizione del Festival debbano geneticamente essere italiani.
Avviso pertanto i gentili lettori che l’effetto “banjo e maccheroni” potrebbe trovarsi dietro l’angolo. Ecco dunque a voi tutti, anche ai più schivi, una bella rassegna riguardante le più interessanti performance eseguite da artisti di pelle nera che il palco del Festivàl (detto alla maniera di Mike) abbia mai ospitato come concorrenti in gara.
Signori e signore, nonostante i malumori dei teorici del mondialismo, ho il piacere di dare inizio alla prima edizione di Sanremo Black.
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Pupo, Paolo Belli, Youssu N’Dour – L’opportunità (2009)
Iniziamo subito con un brano che parla di integrazione. Si sarà intuito che il “nigga” in questione non è Pupo, bensì Youssou N’Dour, musicista senegalese e ministro nel governo del suo Paese dal 2012 (in carica per un paio di anni).
Per carità, belle, bellissime parole di pace, ma anche qualche bella secchiata di retorica, cosa che spesso nel campo artistico guasta quel tanto che basta per piazzarsi al decimo posto. Anche se in fin dei conti si tratta pur sempre di una rassegna di musica popolare. È da considerare inoltre il contesto sociale.
Il brano, nonostante l’autorevole firma di Mogol fra gli autori (il secondo è Enzo Ghinazzi, in arte Pupo), è di una noia mortale ed entra in classifica giusto per solcare un netto divario, valorizzando tutto il resto.
Shirley Bassey – La vita (1968)
https://youtu.be/VtgEhmbs2OE
Nel presentare la nona classificata c’è da fare un balzo totale fino al 1968, dove incrociamo Shirley Bassey in un’edizione mitologica pullulante di emozioni. Sappiate intanto che la giovanissima cantante che vediamo ritratta con cofana annessa in testa, acconciatura tanto in voga in quel periodo, è stata anche interprete del brano Goldfinger: bazzecole insomma…
La canzone da lei interpretata in condivisione con Elio Gandolfi (ricordiamo che per molte edizioni, specie fra le più remote, si utilizzò la formula della partecipazione in coppia, con un unico brano da eseguire separatamente) s’intitola La vita e nella versione della Bassey verrà cantato in inglese, possibilità questa (di cantare in lingua estera) che venne data in più di un’edizione. Da notare come, nel filmato, il nome di Shirley Bassey viene pronunciato da Luisa Rivelli, spalla femminile di un fiammante Pippo Baudo, come se stesse ordinando un piatto di fagioli con le cotiche all’osteria.
Wess e Dori Ghezzi – Come stai, con chi sei? (1976)
Noi di Orrore a 33 Giri ci ricordiamo di Wess soprattutto per la sua partecipazione in branco a Sanremo 1994, assieme a Nilla Pizzi, Mario Merola e credo anche Garibaldi e addirittura Pitagora, componenti del gruppo canoro Squadra Italia che interpretò il brano celebrativo Una vecchia canzone italiana.
In realtà le sue partecipazioni al Festival furono tre. In classifica, all’ottavo posto entra questa Come stai, con chi sei? cantata in duetto con Dori Ghezzi.
Un applauso a Wess scomparso nel 2009. Ma la vita prosegue, al pari dello spettacolo. E che spettacolo! Con la prossima posizione entriamo, infatti, negli sbrilluccicanti anni ’80.
Ami Stewart – Working late tonight (1983)
Il consiglio è di organizzarsi bene per la prossima performance e calarsi nella parte. Fuori dunque le fasce e i polsini di spugna che con “l’ammerecanissima” Amii Stewart, settima classificata al nostro Sanremo Black con il brano Working late tonight, si balla forte.
Il brano, come avete potuto ascoltare è eseguito in lingua inglese. Ricordiamo inoltre che sarebbe vincolante l’appartenenza al paese d’o sole e d’o mare per gli autori di qualsiasi brano, nonostante in questo caso, dentro al gruppo di autori, sia presente il producer SimonBoswell.
Va bene lo stesso: non abbiamo intenzione di accendere polemiche dal 1983. Stiamo troppo bene per crearci inutili impicci, dato che la Lira va che è ‘na bellezza e di lavoro ce n’è per tutti.
Les Surfs – Quando dico che ti amo (1967)
Torniamo dunque al tempo del beat per fare la conoscenza di un gruppo di sei fratelli e sorelle originari del Madagascar, i Les Surfs, con la loro deliziosissima Quando dico che tiamo, scritta da Alberto Testa e Tony Renis.
Decisamente più frizzante della versione eseguita da Annarita Spinaci. In merito a ciò è doveroso puntualizzare il fatto che le canzoni portate in coppia presentavano arrangiamenti diversi studiati appositamente per valorizzare la natura dell’interprete.
La canzone partecipante in gara al diciassettesimo Festival, si classificò al secondo posto.
Soltanto sesta a quest’edizione di Sanremo Black, ma dovremo farcene una ragione, dato che da ora in poi la cosa si fa estremamente seria.
Ben E. King – Come potrei dimenticarti (Around the corner) (1964)
Si, è proprio così: Ben E. King, l’interprete di Stand By Me, ha partecipato ad un’edizione di Sanremo, quella degli affiancamenti esteri da regolamento, nel 1964, come cantante in gara (ricordiamo sempre che per entrare a far parte di Sanremo Black devi aver partecipato alla kermesse da concorrente).
Il brano, di Vito Pallavicini ed Ezio Leoni, quinto in questa nostra classifica, è eseguito da Ben E. King in lingua inglese (trasformandosi per l’occasione in Around The Corner), non importa se per pigrizia o cosa, ed è presentato in coppia con Tony Dallara.
Wilson Pickett – Un’avventura (1969)
Volano stracci nell’annunciare il quarto classificato.
Il pubblico si ribella lanciando di tutto: lavatrici, frigoriferi, Fiat 500. Dall’orchestra piovono spartiti, violoncelli e pagine di Postalmarket: insomma, una rivoluzione indirizzata verso un amaro responso.
Ci saremmo tutti aspettati almeno un podio per il brano scritto e composto dal sodalizio artistico Battisti/Mogol e interpretato da Lucio Battisti in squadra con WilsonPickett. Il titolo è Un’avventura: non so se vi dice qualcosa… D’altra parte, non soltanto a questa folgorante edizione di Sanremo Black il brano si piazza male, dato che anche nel 1969 lo stesso occupò una posizione, probabilmente, di poco rispetto: soltanto nona, in un’edizione che vede trionfare il brano Zingara presentato da Bobby Solo e Iva Zanicchi.
Ci penserà il tempo, come succede molte volte, ad attribuire a questa splendida opera pop il valore che merita.
Dionne Warwick – La voce del silenzio (1968)
Una volta placati gli animi a suon di manganellate per opera di una polizia al tempo eccessivamente repressiva, possiamo proseguire finalmente con l’annuncio del terzo classificato a questa edizione speciale di Sanremo Black.
Abbiamo dunque il piacere di presentare un’ugola sopraffina: Dionne Warwick. Gustatevi, prima di proseguire, la splendida interpretazione di questa grande opera, La voce del silenzio, firmata da Paolo Limiti, Mogol ed Elio Isola.
Siamo sempre nel 1968: alcune delle coppie partecipanti erano formate da Johnny Dorelli/Paul Anka, Adriano Celentano/Milva, Fausto Leali/Wilson Pickett, per capirci…
Ricordiamo che in questa fantastica edizione era obbligatoria la partecipazione in coppia; quest’ultima non per forza doveva comprendere un interprete straniero, sebbene numerosi furono gli accoppiamenti meticci. Nel caso del brano terzo classificato di questa nostra mirabolante edizione di Sanremo Black, l’abbinamento è composto da Dionne Warwick e Tony DelMonaco i quali, nel ’68, si classificarono soltanto quattordicesimi. Ci pensò Mina, qualche mese dopo, a far entrare questo brano nei cuori di tanti italiani sognanti.
Louis Armstrong – Mi va di cantare (1968)
Il “caso Armstrong” è stato già affrontato tante volte, anche se è sempre bello ricordare l’aneddoto che vede come protagonisti, appunto, Louis Armstrong, praticamente la reincarnazione del soul, il quale credeva di doversi esibire per un breve concerto di più brani quando invece era stato inscritto al concorso a sua insaputa (o almeno questa è la versione dominante, poi vai a sapere…) e, dall’altro lato, un giovane maccherone di nome Pippo Baudo che si addossa l’ingrato compito di stoppare bruscamente il grande Satchmo: praticamente un sacrilegio.
Ecco quindi l’effetto banjo e maccheroni al quale si alludeva poco sopra, compreso l’intervento in scena di un freschissimo SuperPippo. Purtroppo nemmeno consultando le teche RAI è possibile reperire il momento dell’irruzione in scena con tanto di fazzoletto bianco sventolante in nome dell’osservanza del regolamento; è reperibile infatti il momento in cui il presentatore entra in scena pacatamente, durante la seconda esibizione di Louis Armstrong, quando l’artista americano accenna la sua celeberrima When the Saints Go Marching In.
Il brano Mi va di cantare, eseguito in turnazione con Lara Saint Paul (l’orchestra sanremese ci offre, calzante su quest’ultima, un arrangiamento beat) è reso particolarmente appetibile dall’assolo di tromba del grande Satchmo, dalla sua simpatia e soprattutto dalla bizzarra pronuncia col quale viene interpretato il testo in lingua italiana. Direi che c’è da apprezzare lo sforzo.
L’edizione del Festival di Sanremo 1968 fu vinta della tanto cara Canzone per te di Sergio Endrigo/Roberto Carlos.
Stevie Wonder – Se tu ragazza mia (1969)
Qualsiasi parola pronunciata in omaggio a questa immensa personalità non renderebbe l’idea. Stiamo parlando di Stevie Wonder, vincitore di questo Sanremo Black con la delicatissima Se tu ragazza mia di Vittorio Ferri, Gabriella Ferri e Piero Pintucci.
Mamma mia ragazzi! La parte funk cantata in lingua inglese ti shakera l’anima. E l’assolo con l’armonica a bocca… Stiamo parlando di una vittoria netta attribuita dall’interpretazione suprema quanto dall’arrangiamento e dall’innovazione in generale.
Il brano fu presentato in coppia proprio con Gabriella Ferri (Se tu ragazzo mio, nella versione interpretata da quest’ultima, quella ufficiale per noi della penisola, isole comprese) e non arrivò nemmeno in finale. Questo primo posto rappresenta, dunque, una rivincita per un giovanissimo Stevie Wonder (il quale mi sembra che di strada ne abbia fatta). E’ coronato così il sogno di una vita: la vittoria del nostro Sanremo Black e da adesso in poi, la carriera di Stevie Wonder può essere considerata completa.
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