Il Festival di Sanremo per sua logica è sempre stato distante da ogni tipo di pretese ideali, soprattutto se intese in senso sessantottino piuttosto che retorico (non che il sessantotto sia privo di retorica fine a se stessa).
Sanremo del 1968 giunge a seguito della tragica morte di Luigi Tenco avvenuta durante l’edizione precedente nella stanza 219 dell’hotel Savoy (o almeno così si presume). La stanza, unica a restare sfitta, fu l’unico ambiente ad aver risentito visibilmente dell’accaduto. Si cercò di non toccare l’argomento in nessun modo, a difesa del buonumore, non ammettendo addirittura in gara la canzone Meraviglioso di Domenico Modugno (comunque partecipante con un brano diverso) che parla di un aspirante suicida.
Oltre a Mr. Volare tra i ventisette interpreti veterani in concorso troviamo Johnny Dorelli, Pino Donaggio, Sergio Endrigo, I Giganti, Little Tony, Paul Anka, Milva, Ornella Vanoni, Tony Renis, Adriano Celentano e Don Backy. Questi ultimi due a riempire i giornali con il loro sodalizio artistico finito in tribunale: Celentano partecipò con il brano Canzone, scritto dal suo ex collaboratore Don Backy (con Detto Mariano) che lo accusava di appropriazione indebita chiedendo 200 milioni di Lire di danni (oggi pari a circa 2 milioni di Euro). Lo spettatore italiano può così godere di una sfida nella sfida. Vinse Sergio Endrigo con Canzone per te scatenando le proteste del Molleggiato che decise di abbandonare la sala in anticipo durante la premiazione in segno di disaccordo: «Non era giusto che vincesse Endrigo. C’erano canzoni più belle della mia ma anche tante migliori della sua». dichiarò in seguito. Deve ancora trascorrere un ventennio prima di assistere alla minaccia di suicidio in diretta da parte di un cittadino vessato, ma per il momento non c’era male.
Ci furono inoltre ventidue debuttanti tra cui futuri big della canzone tricolore come Al Bano, Fausto Leali e Massimo Ranieri e prestigiosi artisti stranieri compreso il mitico trombettista jazz Louis Armstrong (detto anche Satchmo)! Il cerimoniere era un trentenne di belle speranze della provincia di Catania, un certo Pippo Baudo al suo debutto sul palco di Sanremo (su cui tornera ben 16 anni dopo per collezionare altre 12 conduzioni).
La gara si svolse in tre serate, fra l’1 e il 3 febbraio: durante le prime due si ascoltarono i 24 brani inediti mentre quella conclusiva fu dedicata alle canzoni finaliste. Tutti gli artisti parteciparono in coppia eseguendo separatamente la canzone da interpretare.
Fra le tante storie di quell’edizione vogliamo soffermarci su quella riguardante proprio Louis Armstrong che, incredibilmente, partecipava alla gara con il brano Mi va di cantare (composto da Giorgio Bertero, Marino Marini, Aldo Valleroni e dal gastronomo Vincenzo Buonassisi). Si trattava di un motivetto dixieland in stile anni ’20 che avrebbe voluto omaggiare la superstar americana, ma che in realtà era poco più di una canzonetta da varietà cantata in un italiano sicuramente peggiore di quello di Rocky Roberts, ed è tutto dire. Il risultato fu una caricatura grottesca con tanto di foglietto con il testo incollato per terra, così che il grande jazzista finì per esibirsi guardando il pavimento.
Nonostante tutto il pubblico apprezzò appaludendo entusiasta tanto che, secondo le ricostruzioni ufficiali, zio Satchmo (all’epoca sessantaseienne) decise di continuare pensando di doversi esibire in un mini-concerto di 45 minuti, visto che il cachet di 32 milioni di Lire (circa 300 mila Euro di oggi) che gli fu offerto era troppo elevato per un solo brano. Tutto ciò però contravveniva alle rigide regole del Festival e si narra che l’equivoco fu causato dall’impresario Pier Quinto Cariaggi per favorire la moglie Lara Saint Paul che interpretava proprio lo stesso brano di Louis Armstrong. L’esordiente Pippo Baudo fu quindi costretto dal patron Gianni Ravera a irrompere in scena a tutela del regolamento, sventolando un fazzoletto bianco e togliendo praticamente la tromba di bocca al venerabile artista.
Purtroppo ad oggi non è disponibile alcuna prova video che documenti il sacrilegio avvenuto in diretta, ma sicuramente sarà da qualche parte ad ammuffire in archivio della Rai. L’unica prova che siamo riusciti a reperire è il celebre fermo immagine che immortala un “pennellone” (sfoggiante un sorriso di cartongesso) talmente imbarazzato che solo guardando la foto è possibile sentire l’odore del suo sudore nervoso, mentre sventola il famoso fazzoletto bianco a fianco di un sorridente Louis Armstrong che chiaramente non capisce cosa stia accadendo.
Nonostante tutto Mi va di cantare arrivò in finale e anche alla seconda esibizione ci fu più di un momento d’imbarazzo causato da un’organizzazione non esattamente impeccabile. Probabilmente l’apprensione era tanta nonostante il grande Satchmo fosse e apparisse allo spettatore, anche a distanza di mezzo secolo, come una persona umile e rispettosa.
E’ presumibile che Armstrong fosse realmente all’oscuro della sua iscrizione al concorso. Forse se avesse saputo che dopo quasi mezzo secolo di carriera avrebbe dovuto sottoporsi al giudizio di 650 persone scelte avrebbe declinato l’invito e si sarebbe leggermente offeso. E’ andata quindi fin troppo bene: avrebbe potuto rompere la tromba in testa a Pippo Baudo in una reazione tipo quella dei Placebo nel 2001.
Se vuoi saperne di più su questo momento incredibile della musica italiana, clicca qui sotto per ascoltare l’episodio di SBAM, il podcast di Ariele Frizzante che lo racconta nel dettaglio.