Nel 2003 gli Elio e le Storie Tese pubblicarono un divertente appello a Piero Pelù e Ghigo Renzulli invitandoli a mettere da parte astio e divergenze e tornare insieme per il bene della musica italiana (con tanto di sportivissimo cameo di Gianluigi “Cabo” Cavallo, sostituo di Pelù nei Litfiba).
Gli Elii verranno accontentati solo dopo sette lunghi anni perché all’epoca il cantante fiorentino era impegnato in discutibilissimi (leggasi: brutti) quanto fortunati dischi solisti trainati da singoli imbarazzanti e prezzemolinismo mediatico (tra cui ricordiamo il progetto LigaJovaPelù), mentre i nuovi Litfiba, dopo un paio di album acerbi e ignorati dai fans, erano retrocessi nelle retrovie del rock italiano come un vecchio calciatore ormai sulla via del tramonto che trova posto in squadra solo per il suo passato glorioso.
Per cercare di cambiare le cose Ghigo fa una telefonata all’amico Antonio Aiazzi, ex di lusso nonché uno dei fondatori della band, e lo convince a ritornare nel gruppo in occasione di “Larasong”, brano composto per una prestigiosa colonna sonora. Un progetto non nuovo per i Litfiba che nel 1983 e nel 1986 curarono le musiche rispettivamente per la rappresentazione dell’“Eneide” portata in scena della compagnia teatrale Krypton e scrissero un paio di brani per lo spettacolo “Il compagno dagli occhi senza cigli” (poi immortalati nell’EP “Transea”). Come se non bastasse proprio Aiazzi, assieme a un altro grande ex come Gianni Maroccolo e a Francesco Magnelli, tastierista dei C.S.I. Consorzio Suonatori Indipendenti, faceva parte dei Beau Geste, un side-project dedito alla composizione di colonne sonore.
“Larasong” sarebbe dovuta essere la ciliegina sulla torta da regalare ai giocatori italiani, ma l’insuccesso del gioco affossò immediatamente ogni speranza di rilancio mediatico per la band. In realtà per essere un brano con musica e liriche frutto di scelte a tavolino non è poi così male, se pensiamo che un mostro sacro come Eugenio Finardi fece ben di peggio a Sanremo con la terribile “Amami Lara” dedicata sempre alla famosa archeologa avventuriera.
https://youtu.be/WXlT5AhCUoE
Chiaramente la canzone non possiede nulla che la possa avvicinare nemmeno minimamente ai classici (anche minori) dei Litfiba, se non un certo richiamo – anche grazie alle tastiere di Aiazzi – alle gloriose melodie dei primi dischi, ma “Larasong” centra perfettamente l’obiettivo: creare una certa atmosfera per il videogioco, sfruttando la dualità su chi è il vero giocatore e chi viene manipolato. Se tutte le canzoni su commissione fossero così il mondo sarebbe probabilmente un posto migliore o quantomeno non avremmo porcherie come “Toro loco”, “Bene bene male male” o “Amore immaginato”.
Quello che accadde in seguito oramai è storia e ancora oggi i detrattori si dividono in chi tende a dimenticare a piè pari il periodo senza Pelù e chi non considera nemmeno degne le persone che hanno preso parte a quell’avventura usando il nome Litfiba. Peccato, peccato davvero.
Luca “Luke” Morettini Paracucchi e Vittorio “Vikk” Papa