Laura non c'é film nek 1998

Laura non c’é, il film visionario ispirato alla canzone di Nek

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Laura non c'é film nek 1998 locandinaIl 1998 ha regalato al mondo del cinema due capolavori diversamente belli legati al mondo della musica: Jolly Blu, il film degli 883, e il meno conosciuto Laura non c’è, ispirato all’omonimo brano di Nek. Uscito prima del film con Max Pezzali, nelle intenzioni dei produttori doveva esserne il diretto concorrente ma (leggasi trama, attori, dialoghi, Nek) finì quasi subito nel dimenticatoio.

Iniziamo a parlarne partendo da Antonio Bonifacio, regista che nel suo curriculum può vantare anche il tremendo Nostalgia di un piccolo grande amore, film in cui recitava anche Massimo Di Cataldo. Per il resto vale giusto la pena segnalare che nel 1986 scrisse la sceneggiatura di La monaca del peccato, interessante film di Joe D’Amato che narra di un convento di suore sadiche, ninfomani e lesbiche.

Venendo al cast, il protagonista è un fumettista maledetto che si veste col soprabito nero anche quando va a fare footing ed è interpretato da Nicholas Rogers, che in Italia ricordiamo per aver indossato i panni di Tarabas in Fantaghirò. Il ruolo di Laura viene affidato a Gigliola Aragozzini, figlia dello storico organizzatore del Festival di Sanremo, che purtroppo morirà di lì a poco a causa di una malattia. Intorno a loro si muovono “attori” del calibro di Amadeus, Federica Panicucci, Marta Flavi, Cloris Brosca (all’epoca la notissima zingara di Rai 1), Francesco Scali, Laura Chiatti al suo primo film e ovviamente Nek, che cura anche le musiche insieme a David Sabiu (fra i suoi lavori vanno assolutamente citati Gimme Five di Jovanotti e la hit estiva Spiagge scritta per Fiorello).

E ora arriviamo alla nota dolente: la trama, se di trama si può parlare. Come si diceva il film è ispirato al successo sanremese del 1997 di Nek (in realtà arrivato solo settimo) ma lo è in maniera molto vaga. Una sorta di rilettura lynchana della storia girata con un abuso insensato del rallenti. L’apertura è affidata a una sequenza girata in discoteca fra gente coi tatuaggi in faccia (ben prima che diventasse di moda), Buffalo e insopportabile musica dance. Tempo un minuto e scoppia una rissa che sfocia in una sparatoria, ma scopriamo che è solo un fumetto che sta disegnando Lorenzo, il protagonista, che vive in un appartamento che per qualche strana ragione sembra sempre avvolto nella foschia.

La sequenza introduce anche un tormentone delirante del film: Francesco Scali (il Pippo di Don Matteo) che senza alcun motivo apparente durante la sparatoria urla «e io me drogo!», frase che ripeterà più volte anche mangiando degli Smarties. Mentre si sta immaginando questa scena Lorenzo, che sfoggia un look da Raz Degan dei poveri (quasi nullatenenti), sente delle urla provenire dalla strada e vede tre malviventi che stanno aggredendo una ragazza aizzati da una donna in abiti che, probabilmente nelle intenzioni del regista, dovevano essere cyberpunk, ma in realtà non sono altro che un vestito rosso, un copricapo che ricorda quello di Grande Puffo e degli occhiali da sci. Il nostro eroe interviene, salva la malcapitata ma finisce k.o. dopo essersi preso un colpo di portiera in fronte; viene soccorso dalla ragazza che come avrete intuito è la Laura del titolo. Saliti nell’appartamento nebbioso assistiamo a uno dei mitici dialoghi del film: lei gli consiglia di andare al pronto soccorso e Lorenzo la (ci) spiazza rispondendole «E perché invece non andiamo a Parigi nel week end». Al che giustamente lei dice che deve andare via e chiama un taxi. Ma Lorenzo, che oltre che fumettista è pure stalker, la spia con un cannocchiale e scopre che Laura non prende il taxi ma entra nel portone di fronte al suo. E da quel momento la ragazza scompare.

Fa però il suo ingresso in scena Luca (Francesco Apolloni), amico erotomane di Lorenzo che dispensa perle di saggezza tipo «Se fossi una ragazza passerei tutto il giorno a toccarmi le tette» oppure, parlando all’amico in discoteca, «Hai visto che flora e che fauna che c’è. Anche se qui la foresta non è che sia proprio vergine». Veniamo a sapere che Luca è anche il suo partner di lavoro e assistiamo al loro colloquio con il direttore di una casa editrice. E anche qui i dialoghi sono da brividi, col suddetto direttore che ci tiene a farci sapere che «a casa mia eravamo così poveri che a Natale mio padre usciva col fucile, sparava due colpi e ci diceva che Babbo Natale si era suicidato» prima di rincarare la dose aggiungendo che era talmente povero che se non fosse stato un maschietto non avrebbe avuto niente con cui giocare. Lo spettatore, ormai stordito dall’assurdità del tutto, è poi costretto a sorbirsi Solo di Nek, che accompagna il protagonista in un momento di struggimento casalingo dovuto al fatto che Laura continua a non esserci. Caso vuole che il giorno dopo la trovi per strada e la segua per vedere dove va (ve l’ho detto, è uno stalker). Dopo averla pedinata per tutto il giorno, si decide finalmente ad avvicinarla. E lo fa in un cimitero (una decina di croci blu fluo) in cui Laura è andata a trovare i genitori. Anche qui Lorenzo, fuori luogo al massimo, cerca di convincerlo ad andare a Parigi e per tutta risposta si becca una filippica sulla reincarnazione in cui lei crede (ricordatevi di questo dettaglio). Dopodiché la riaccompagna a casa e Laura, manco a dirlo, sparisce di nuovo gettando il nostro bel tenebroso nello sconforto più totale. A sottolineare la sua malinconia ci pensa Nek con Di più.

Nel frattempo lo spettatore scopre che lei non è sparita ma se ne va tranquillamente in giro con Amadeus, che in poche battute ci fa capire perché nella sua carriera ha recitato solo in due film (per i più curiosi l’altro è Il pranzo della domenica di Carlo Vanzina del 2003). A questo punto c’è il primo di una lunga serie di colpi di scena che ci accompagneranno fino alla fine del film. Lorenzo fa irruzione in casa di Laura e la trova stesa a letto in lacrime, in casa c’è anche un tizio losco che ha tutta l’aria di essere uno spacciatore/pappone che su richiesta della ragazza caccia il nostro eroe. Lui però non si arrende e qualche giorno dopo riesce a portarsela a casa e pure a letto, dove la mattina dopo tenta di fare lo splendido leggendole una poesia di Baudelaire. E qui, proprio quando sembrano aver trovato la pace, lui le vede su un braccio l’inequivocabile livido lasciato da un buco. Ecco svelato il mistero! Laura sparisce di continuo perchè si droga! E Lorenzo, che è si oscuro e dannato ma fino a un certo punto, sbrocca e la sbatte fuori di casa.

Per fortuna che a tirarlo su di morale c’è il suo amico mandrillo che lo porta in una discoteca dove Laura Chiatti si sta esibendo con una canzone dance che riporta alla mente i pomeriggi passati agli autoscontri. Lorenzo rimorchia una ragazza e se la porta a casa sulle note di Laura non c’è. Segue un montaggio avveniristico che alterna le immagini dei due che amoreggiano (anche se in realtà sembra che lui stia dormendo) e quelle di Laura che, in una scena struggente, distrugge una siringa gettandola a terra.

Prima del secondo twist della trama c’è spazio per un nuovo momento di altissimo cinema condito da dialoghi imbarazzanti. Lorenzo e un’amica partecipano a una conferenza sull’occulto e il paranormale tenuta da Federica Panicucci durante la quale l’amica trova il tempo di litigare con una signora impellicciata che alla domanda «Sa quanti animali hanno dovuto uccidere per farla?» risponde serafica «E lei sa quanti animali mi sono dovuta portare a letto per comprarmela?». Chapeau.

Dopo questa scenetta casuale Lorenzo viene convocato a casa di Laura da Amadeus, che si scopre essere in realtà il dottore che l’ha in cura. Sì perché Laura non è una tossicodipendente, ma una depressa malata di diabete. Ecco dunque spiegato il buco sulle braccia, era solo causato dall’iniezione di insulina. Tempo una settimana e Laura sparisce di nuovo, e stavolta per davvero perché a casa sua si trasferisce una nuova inquilina.

Lorenzo, nuovamente distrutto, riceve una telefonata dallo spacciatore/pappone che, fermi tutti, in realtà è il fratello di Laura. S’incontrano, gli dice che lei è morta e noi scopriamo che tutta la giornata passata insieme prima che lei sparisse del tutto se l’era immaginata.

Ma attenzione perché in una scena carica di misticismo, il regista insinua nella mente dello spettatore che ormai non sa più a cosa credere, l’ipotesi che Laura si sia reincarnata in un gattino. Film finito? Assolutamente no, perché manca il vero responsabile di tutta questa operazione: Nek. Nel vero, e fortunatamente ultimo atto, ci viene rivelato che tutta la storia non è mai successa. È opera proprio del nostro Filippo Neviani, fumettista decisamente meno maledetto di Lorenzo che l’aveva inventata e disegnata. Il film si chiude con Nek che ovviamente incontra Laura sulle note struggenti di Laura non c’è.

Nelle interviste del periodo Nek si augurava che il film servisse da traino per il suo disco in uscita. Invece fu un flop totale miseramente stroncato dalla critica e snobbato dal pubblico che sparì in fretta dalla circolazione. E forse, dopo averlo visto, per Nek è stato un bene.

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