Nel 1989 Ilona Staller/Cicciolina aveva un’agenda piuttosto fitta: salotti buoni della televisione, spettacoli erotici nei nightclub di tutta Italia, impegni da parlamentare nelle file del Partito Radicale e ovviamente successi a ripetizione nel mondo dell’home video e dei cinema a luci rosse.

Nonostante gli apparenti sforzi profusi la musica è sempre stata poco più di una mossa di marketing per cercare di differenziare l’offerta del “prodotto Cicciolina”, prima con ammiccamenti alla moda della discomusic, poi il tentativo maldestro di creare il genere del porno-pop, per tacere di qualche sigla incisa qua e là.
In che cosa si differenzia dunque questo San Francisco Dance?
Anzitutto il vinile: un glorioso 12” picture disc che diventa esso stesso un prodotto erotico con Cicciolina che mostra le sue grazie (anche se personalmente non trovo gli scatti particolarmente riusciti, soprattutto per via dell’abbigliamento da dominatrix che non c’entra nulla con l’erotismo bambinesco del personaggio).
Anche la musica però nasconde qualche novità: i tre brani sono come sempre scritti, suonati e arrangiati dal fido Jay Horus, ovvero il valente tastierista e arrangiatore Paolo Rustichelli che dopo aver tentato la via del rock progressivo nel 1973 con l’album Opera Prima, decise di diventare il primo produttore di porno-pop, autore delle malefatte musicali di Cicciolina e Moana Pozzi tra le altre.
Quello che colpisce è che in questo caso i tre brani sono tutti in inglese, guarda caso come imponeva la moda dell’italo disco che nel 1989 era sul punto di collassare uccisa dai suoi stessi stereotipi.
Nonostante queste premesse San Francisco Dance è probabilmente il brano musicalmente più riuscito e commercialmente appetibile della carriera musicale della diva ungherese post svolta pornografica: non stiamo parlando di un capolavoro, ma la ritmica incalzante, il giro di synth semplice e accattivante e l’assenza di espliciti riferimenti sessuali ne fanno un brano spendibilissimo in qualsiasi discoteca e che non stonerebbe in una compilation italo disco della ZYX Music.
Complice l’impalcatura ritmica in primo piano anche la voce sempre sgraziata di Ilona Staller non suona più fastidiosa di altre produzioni italo disco uscite all’epoca.
Giriamo il disco e speriamo di trovare qualcosa di ugualmente eccitante sul lato B, ma veniamo prontamente riportati alla realtà. My Sexy Shop ci ripropone quel misto di porno-pop miseramente fallito sul famigerato Muscolo rosso. La lingua d’Albione continua ad essere stuprata, questa volta a partire dal titolo e dal testo che è chiaramente una traduzione letterale dall’italiano: sexy shop è infatti un modo tutto nostro di chiamare gli adult shop; come fa in effetti, un negozio ad essere sexy? Anche tralasciando tutto questo la canzone viene massacrata dalla pronuncia da internamento in qualche gulag sovietico su una musichetta da sigla televisiva, ma quantomeno abbiamo un ritornello spensierato con un minimo di appeal che dice:
Sexy porno shop
I am coming in porno shop
Sexy porno shop
enter and fuck me now.



La vera tragedia arriva con la ballata Living In My Paradise che chiude il vinile: i quattro minuti più lunghi della vostra vita, non tanto per la musica, comunque noiosissima, ma per la voce di Cicciolina che ammazza l’inglese senza pietà per gli ascoltatori.
La tiratura limitatissima del prodotto (si dice in sole 100 copie) forse servì ad accrescere il culto di Cicciolina, di certo relegò il brano già alla sua usicta nella categoria “dischi che non ascolterete mai”. Peccato.