Vladyland, il fiacchissimo tentativo di exploit musicale di Vladimir Luxuria

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Vladimir Luxuria VladylandDevo essere onesto: mi sono trovato ad ascoltare il disco di Vladimir Luxuria più volte di quanto mi sarei mai aspettato; non perché questo Vladyland (sorvoliamo sul titolo) mi abbia particolarmente colpito (in senso positivo o negativo), ma per quel senso di inconsistenza che lo fa scorrere via come l’acqua tiepida sotto i piedi.

Premi il pulsante play e dopo 30 secondi già non te ne accorgi nemmeno. Musica di sottofondo talmente perfetta che diventa un tutt’uno con il ronzio della lavatrice.

Nonostante quello che (forse) avete letto in giro Vladyland non è affatto il debutto come cantante del nostro Wladimiro Guadagno che incise la sua prima canzone ben 30 anni prima nella compilation garage rock Hey, Roma! assieme al gruppo degli Accanto. Poi arrivarono le feste in tutta Italia del Muccassassina, l’organizzazione del primo Gay Pride italiano a Roma nel 1994, le collaborazioni con varie testate giornalistiche, qualche libro, le ospitate televisive a partire dal Maurizio Costanzo Show (autentica fucina di casi umani), per diventare rapidamente ospite e opinionista per tutte le stagioni (da Quelli che il calcio… a Il grande fratello, da Pomeriggio cinque a L’isola dei famosi), approdando così anche al cinema, a teatro, in radio e finanche in Parlamento nelle liste di Rifondazione Comunista, perché anche se non sembra lei è una compagna radicale.

Insomma una presenza costante e continua del personaggio Valdimir Luxuria divenuto popolare tra uomini, donne e bambini, ospite perfetta dei salotti paciosi del prime time anche se nessuno capisce bene cosa stia lì a fare, se non per la dialettica appuntita con cui interpreta la maschera del «gay da regime» come la definì Aldo Busi.

In tutto questo la musica rimase un po’ in disparte ma mai accantonata, esibendosi negli anni in veste di cantante in svariati eventi in tutta Italia, duettando nel 1996 con Elio e le Storie Tese sulle note di Omosessualità e incidendo le cover di Over the Rainbow nel 2009 e Nessuno mi può giudicare in occasione del World Gay Pride a Roma nel 2000. Se non si ha la memoria corta un album di Vladimir Luxuria nel 2019 non appare certamente una ventata di novità o un azzardo, ma solo l’ennesimo capitolo di una prezzemolina dei mass media.

Non metto in dubbio che Vladimir Luxuria possa essere sicuramente coinvolgente in qualche festa LGBT, ma su disco l’euforia è ai minimi sindacali, colpa sia della voce che seppur intonata è tremendamente monocorde, senza particolari sfumature o guizzi interpretativi, sia per via delle canzoni scritte da Gionata Zanetta, cantautore di belle speranze ingaggiato per scrivere dei brani che calzino come autoreggenti attorno alla multiforme personalità dell’interprete, un po’ clown un po’ attivista politica, un po’ imprenditrice di sé stessa. Nove brani di blando europop che fa l’occhiolino al fantasma della discomusic, con ritornelli colpevolmente insignificanti, tanto che dei vari brani, anche dopo ripetuti ascolti, rimane solo un ronzio di sottofondo. Nel peggiore dei casi si arenano nelle orecchie momenti quasi irritanti come Sono un uomo, rassegna umoristico-didascalica degli stereotipi maschili più banali, o Venus in cui la nostra Vladi si getta in una spericolata interpretazione in francese, segno che è arrivata l’ora di spegnere tutto. Unico guizzo interessante è Frasi via d’uscita, ballata per voce e pianoforte che avrebbe meritato maggiore fortuna.

E’ chiaro che Vladyland è solo un fiacco tentativo di sfruttare l’attuale fama catodica del brand Vladimir Luxuria, basterà la forza del personaggio a far emergere un disco tragicamente scarso? Secondo noi no.

Tracce:
01. Sono un uomo
02. Un’altra via
03. BossaFolle
04. Mi voglio tradire
05. Frasi via d’uscita
06. Vorrei essere la moda
07. Gommapiuma
08. Nuvola
09. Venus

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