Nino D’Angelo come cantante è pressoché insostenibile, immaginarlo “biondo factotum” in occasione di questo lungometraggio è qualcosa che va oltre l’immaginabile, ma facciamo un passo indietro.
Correva l’anno 1997 e quel polpettone di “Titanic” sbancava i botteghini grazie al cocktail mortale fatto di storia d’amore strappalacrime, lussureggianti effetti speciali, belloccio come tragico protagonista e una colonna sonora trapana-palle a cura di Céline Dion, nota anche come la cantante dal volto equino più famosa del mondo, che pone la sua “My Heart Will Go On” a suggello di una pellicola che in termini di incassi ha davvero pochi eguali.
Dopo tre anni il vulcanico Nino D’Angelo ha la geniale pensata di girare una sua versione del film tra la parodia e la critica sociale in versione extra light, “Aitanic” appunto, ovvero la storia di un omonimo traghetto rubato sul quale avvengono patetiche scenette da infima commedia all’italiana basate sull’incontro-scontro di personaggi appartenenti a diverse classi sociali; tanto basta a distinguere il film dalle solite pellicole di genere, ormai sature dei triti e ritriti stereotipi partenopei.
Nelle vesti di regista, attore di ben due personaggi (tale Leonardo Di Capri e il cantante neomelodico Neon), sceneggiatore e compositore della colonna sonora, il nostro si getta anima e “core” nel progetto. Il risultato è un abominio da incorniciare immediatamente al fianco di “Alex l’Ariete”: roba per stomaci forti e a niente vale il fatto che in “Aitanic” ci sia un ovvio livello di ironia, il film fa schifo lo stesso, con o senza volontà di parodiare e satira sociale.
Lasciando da parte il Nino D’Angelo cineasta, su queste pagine vogliamo e dobbiamo occuparci del lato musicale, che non è certo da meno rispetto alle immagini. Il cantante non stravolge di una virgola il suo stile che si adagia comodo comodo sugli stereotipi della tradizione napoletana passata e presente, tra inconfondibile drammaticità, gorgheggi e stereotipi vari.
Tematicamente e stilisticamente il disco si divide in due: da un lato i brani “seri” e dall’altro i pezzi scanzonati che spesso escono dal seminato andando ben oltre gli intenti di puro intrattenimento. Questi sono ovviamente quelli che scaturiscono il nostro interesse. Come non menzionare “Vulimm’ ‘o Posto”, puro neomelodicismo partenopeo in levare di bassissima lega che gioca sullo stereotipo della disoccupazione galoppante del Sud Italia, la più spensierata “Neon Melodicon”, motivetto da avanspettacolo tra l’italiano e il napoletano, o la conclusiva “Faccio ‘o Cantante”, ne più né meno di una parodia di Marco Masini in overdose di “’mpepata ‘e cozze” con tanto di passaggi rubati qua e là a “We Are The Champions” dei Queen.
I veri gioielli del disco sono però “Terroni Dance”, autentico anthem saltellante dance-neomelodico, che fa da sfondo allo scontro sociale tra meridionali e settentrionali apparentemente dal punto di vista di questi ultimi, in realtà una rivendicazione in napoletano dell’orgoglio di essere nati nel Mezzogiorno. Tematicamente nulla di nuovo, ma l’indomabile Nino D’Angelo riesce a costruirci un esoscheletro trash mica da poco.
Dulcis in fundo la title track, limpido esempio di plagio da bancarella che non si accontenta di andare a pescare a piene mani dalla già citata “My Heart Will Go On”, rubandone non solo il ritornello, ma anche suoni e arrangiamenti, ma con sprezzo del pericolo arriva ad imbastardirla con “La Solitudine” di Laura Pausini. Ammirevole.
Inutile utilizzare le mezze misure con Nino D’Angelo: si ama o si odia; sicuramente non si può comprendere se si è nati e cresciuti lontano dal Vesuvio.
Vikk feat. Alex
Tracklist:
01. Café Café
02. Vulimm’ ‘o Posto
03. Cante Pé Chi è Comm’’a Te
04. Neon Melodicon
05. Jesce Juorno
06. Aitanic
07. Sigarette, Chi Fuma
08. Terroni Dance
09. Me Spiezz’ ‘o Core
10. Faccio ‘o Cantante