milva 80 anni di una diva

Buon compleanno Milva: 80 anni di una diva

Ultimo aggiornamento:

Una sera, durante un concerto a Milano, dopo esser inciampata tra i cavi cadendo rovinosamente sul palco, Ornella Vanoni acchiappò il microfono esclamando «Qualcuno mi spiega perchè queste cose a Milva non succedono mai?» e giù applausi. La citazione rende in uno sia la Pantera di Goro sia l’idea che di lei aleggia nell’immaginario collettivo, quale donna (artisticamente) superba e superiore, caso abbastanza raro nel panorama internazionale ed quasi unico in quello italiano.

Milva compie oggi 80 anni e anche Orrore a 33 Giri vuole celebrarne il compleanno, benché ovviamente con lo spirito che ci è proprio. Così abbiamo deciso di andare a rovistare nella lunga e vriegata carriera della Rossa andando alla ricerca di qualche momento nefando, in modo da valorizzare da un lato quella poliedricità che è poi sempre la sua cifra stilistica e soddisfare, dall’altro, i nostri più biechi appetiti.

Impresa, peraltro, rivelatasi abbastanza impervia perchè la signora Ilva Bolcati ha sempre ricercato la perfezione in tutto quello che ha fatto e nel momento in cui ha capito che quella perfezione non poteva più essere garantita, ho deciso di ritirarsi dalle scene (lasciando al pascolo le colleghe coetanee, che tante soddisfazioni ancora ci danno…). Tuttavia, qualcosa abbiamo trovato.

Milva e il teatro: Vitello in salsa di acciughe (1965)

Poniamoci quindi in ginocchio e accostiamoci anzitutto al teatro e alla Milva attrice, quella dimensione che le ha consentito quel salto di qualità che l’ha resa unica. Lasceremo ad altri il compito di tesserne le lodi sul “fronte Brecht”, come tralasceremo tutte le altre nobili sortite per avventurarci, con più agio, in cucina.

Nella prova in questione, su testo di Suor Germana e allestimento di mamma RAI, una giovane Milva recita con dovizia la ricetta del vitello in salsa d’acciughe in un suo programma TV del 1965, omaggiando l’animale (tonnato, per la nobile circostanza) che, in questo modo, entra anche lui a pieno titolo nella produzione teatrale della Rossa, benché non ci sia dato sapere se poi sia stato effettivamente consumato.

Attraverso la mirabile impostazione, si può quasi immaginare il bovino che scorrazza felice nel prato brucando l’erbetta, quasi sentendone il docile muggito (per inciso, ben potrà anche notarsi la differente impostazione rispetto ad Iva Zanicchi, che viene di certo da altra scuola culinaria perché la prima recita e la seconda cucina, Milva interpreta e Iva magna).

Milva e la canzone: Caffè nero bollente (1994)

Milva ha cantato stabilmente in italiano, tedesco, inglese, francese e giapponese (nella sola lingua del Sol Levante, circa 70 incisioni), mentre più in maniera estemporanea troviamo suoi lavori anche in spagnolo, turco, greco antico e moderno, babilonese, visigoto e via dicendo: in pratica, ha cantato tutto e ovunque, pure in Amazzonia (nella giungla).
Frugando alla ricerca di qualche nefandezza (e schivate le imbarazzanti prove italo disco di metà anni ’80, di cui già in passato abbiamo parlato) ci siamo imbattuti in un curioso doppio album del 1994, Cafè Chantant, dedicato appunto al caffè e sponsorizzato da un noto brand di… caffè.

Probabilmente ingannata, solo dopo aver cantato i più classici dei classici, Milva ha scoperto di essere prigioniera della sala di incisione, capendo allora che per guadagnarsi la pagnotta doveva interpretare qualsiasi altra canzone contenesse la parola «caffè». Di qui la tremenda rilettura di Caffè nero bollente, che lei, rotta di palle, interpreta come capita pur di fuggire via, con un risultato terribile.

Dimenticate pure Fiorella Mannoia incazzata in versione bondage che le canta al suo maschio, quasi a volerlo menare in un tripudio di erotismo con pochi eguali: qui siamo davanti ad una signora un poco svogliata ed a tratti invasata, che quel maschio lo ammazzerebbe solo per farla finita e se ne lamenta davanti a una tazza di latte caldo prima di mettersi a dormire.

Milva e Sanremo: Monica delle bambole (1974)

Come è noto, Milva ha spadroneggiato anche in riviera ligure, benché (curiosamente) mai riuscendo a portar la casa la vittoria. Le tante partecipazioni sono dovute al noto accordo con la casa discografica Ricordi, che le lasciava ampia libertà artistica a fronte di una regolare produzione più popolare, con annesse partecipazioni al Festival di Sanremo, fino al 1974, quando se ne va sbattendo la porta.

La spiegazione si coglie ascoltando Monica con le bambole, molto vicina come sensazione al gatto nero che taglia la strada ed alla mano che molla il volante per collocarsi altrove: l’interpretazione (comunque di livello) non vale a riequilibrare le sorti di un testo confuso ed un arrangiamento pedante, con un ritornello che ogni tre per due torna a seminare angoscia tra i presenti (e le valse il penultimo posto in un festival sfigatissimo, negli anni in cui nessuno voleva andarci).

La leggenda dice che lei deve aver accettato di buon grado questa cosaccia per poi presentarsi negli uffici di presidenza della casa discografica, rovesciare qualche tavolo ed andar via giurando che al Festival di Sanremo non ci avrebbe più messo piede.

Milva e il cinema: Via degli specchi (1983)

Via degli specchi film 1983 MilvaInevitabilmente svariate le incursioni davanti alla cinepresa, dagli esordi fino a metà anni ’90 (anche con film mai apparsi in Italia e di buon successo altrove). Il bollino rosso (in omaggio alla celeberrima chioma ed a richiamo dei giudizi della critica, perché si tratta di un film di bruttezza rara) è rappresentato dal terribile Via degli specchi del 1983 che, ringraziando il cielo, manco si trova sul web (chissà, magari Milva ha assoldato una task force per requisirlo… Le sue frequentazioni nella DDR le avranno guadagnato qualche amicizia).

Lei probabilmente passava di lì per caso, si è fermata il tanto di girare ed è andata via, ma le va comunque riconosciuto un certo destreggiarsi pure bene per quanto il genere poliziesco (qui abbastanza strampalato) non sia il suo e benché di certo non le si addica la parte di dirimpettaia: dopo tutto lei è sempre Milva, mica una vicina rompipalle qualunque.

Peggio del peggio, il finale (scontato) fa il paio con la nostra suprema che viene spinta di sotto dal terrazzino… Lei, che al massimo potrebbe rotolare con rovinosa grazia da uno scalone d’onore! In ogni caso, è il film a far acqua da tutte le parti: «un thriller inutile e/o da evitare assolutamente» è il giudizio che ne circola nei siti specializzati… A volergli bene, ecco.

Milva e la poesia: Gli occhi di Milva (2004)

Concludiamo questa (inevitabilmente parziale) carrelata parlando di poesia e lo facciamo, nel finale, con serietà. La Pantera di Goro è stata omaggiata negli anni, fin dagli esordi, da svariati poeti (italiani, greci e via andando) che per lei hanno composto versi, talvolta poi trasposti in musica. Ai vari Marotta etc., si é aggiunta nei tempi più recenti la straordinaria Alda Merini, di cui è stato inciso un intero album e che per lei ha scritto e recitato Gli occhi di Milva.

Ecco, volevamo cedere il passo a qualcuno che rendesse degno il nostro omaggio, perché lei è tutta in questi versi, conclusione ideale del nostro excursus ed insieme il modo migliore per rinnovarle i nostri auguri.

Buon compleanno, Rossa!

SUPPORTACI

Ti piace Orrore a 33 giri? Abbiamo voluto essere sempre indipendenti e per questo non abbiamo pubblicità sul sito. Se vorrai puoi aiutarci a sostenere le spese di hosting con una piccola donazione su Ko-Fi o PayPal. Grazie!

SEGUICI QUI