Analizzare con occhio critico la carriera musicale dei Los Locos, duetto tutto italiano composto dai cantanti, autori e produttori Roberto “Borillo” Boribello e Paolo Franchetto equivale un po’ a sollevare il velo di Maya. Davanti a una facciata innocentemente nazional-popolare si cela uno dei prodotti più insidiosi che si siano mai abbeverati alle turgide mammelle di quella grande vacca da latte che è Mamma Rai.
Intendiamoci, quale amante della televisione spazzatura come archetipo non ci vedo nulla di male, anche considerando i ben più insidiosi compagni di bevute del dinamico duo, per continuare la metafora. Musicalmente, tuttavia, rimane un mistero capire come questi due personaggi, dalle doti canore ampiamente nella media e da una prestanza fisica da CAF di provincia, siano riusciti a raccogliere così tanti successi negli anni ’90 con le loro canzoncine latino-americane.
La formula magica è il classico uovo di Colombo: rifare cover di brani latino-americani di successo come “El Menaito”, la “Macarena” o “Tic Tic Tac”, dargli una veloce spolverata e poi gettarli in pasto alle orecchie di un pubblico sempre affamato di canzoncine sceme da ballare durante l’estate tra un Bacardi-Cola e un mojito.



Stupisce quindi, ma non troppo, doverceli puntualmente sorbire ogni Capodanno assieme al Carlo Conti o l’Amadeus di turno, tra un brano dell’immancabile Tony Hadley degli Spandau Ballet e al sempreverde “Disco Samba”, o in un intermezzo musicale di qualche programma a quiz targato Rai, sul cui libro paga svettano in bella vista da ormai un ventennio.
Quando poi alla commistione di misteri archetipici si aggiunge l’excursus nella lingua di Dante, ecco allora che l’orrore assume proporzioni epiche. Non potevamo quindi che recuperare quella che rappresenta un simbolo della malefica sinergia tra i Los Locos e Viale Mazzini: la mitica “Ai ai ai”, sigla iniziale della fiction Un Medico in Famiglia.
Pur mantenendo le tipiche sonorità sudamericane, i Los Locos consegnano alla storia un testo infarcito di pensierini da seconda elementare tipo “Osserva e descrivi un giorno a casa tua”. Non mancano quindi riferimenti all’insoddisfazione personale della vita nel focolare domestico, la voglia di mollare tutto e di lasciarsi una vita alle spalle partendo per un altro paese (magari assieme a una delle sventole dei loro video), l’ironia della routine quotidiana e le piccole disavventure di ogni giorno. Nulla di diverso, insomma, dalle trame stantie della fiction di cui la canzone è la sigla.



Questa è la lobotomizzazione di mamma Rai signori, questi sono i Los Locos non a caso in featuring con la scialba evoluzione di Lino Banfi, passato da italiano medio allupato che guarda le cosce di Edwige Fenech dal buco della serratura a nonno medio alle prese con le miserie della vita domestica. Inutile chiedersi quale versione del buon Pasquale Zagaria preferiamo su queste colonne…
Ai ai ai
Ai ai ai ai un giorno ti innamorerai
Ai ai ai ai vedrai saranno guai ai ai.
Il tempo cura tutto si sa
quel che ti prende prima o poi ti ridà
non siamo mai contenti perché
cerchiamo sempre quel che non c’è.
Ci stiamo rincorrendo in giro per il mondo
e dentro i nosrti sogni stiam ballando
viviamo a nostre spese una vita di sorprese
y hasta la vista.
Ai ai ai ai un giorno ti innamorerai
Ai ai ai ai vedrai saranno guai ai ai.
Volere e non provare, parlare e non capire
a volte amare puo’ fare impazzire
la voglia di partire cominciare e non finire
una nuova vita.
Ai ai ai ai un giorno ti innamorerai
Ai ai ai ai vedrai saranno guai ai ai.
Il tempo cura tutto si sa
quel che ti prende prima o poi ti ridà
non siamo mai contenti perché
cerchiamo sempre quel che non c’è.
Il tempo cura tutto si sa
quel che ti prende prima o poi ti ridà
non siamo mai contenti perché
cerchiamo sempre quel che non c’è.
Non capisco come mai
qui c’e sempre un gran viavai
quasi quasi scappo via
questa non è più casa mia
Ai ai ai ai un giorno ti innamorerai
Ai ai ai ai vedrai saranno guai ai ai.