I primi anni ottanta sono stati il momento in cui i videogiochi sono diventati un vero e proprio fenomeno di costume, e in quanto tale hanno avuto anche i loro cantori.
Negli Stati Uniti c’erano Buckner & Garcia che nel 1981 con il loro disco Pac-Man Fever hanno celebrato l’epopea della sala giochi e degli smanettoni con le tasche piene di quarti di dollaro, mentre in Europa i tributi sono stati legati soprattutto agli home computer e al loro mondo di programmatori amatoriali e audiocassette piene di giochi tarocchi. Uno degli esempi più significativi è stato I Adore Commodore (Computer Music Flash) di K.Bytes (leggasi kilobytes), sotto cui si nascondeva Marcello Giombini coadiuvato da Dino Siani.
I due autori non hanno molto a che vedere con lo stereotipo del nerd genialoide barricato nella sua stanzetta a trafficare con linee di codice e variabili, avendo un passato come prolifici compositori e arrangiatori di musica per cinema, televisione e pubblicità, senza dimenticare l’impegno nella musica sacra di Giombini (inclusa la celebre La messa dei giovani, nota anche come la Messa beat del 1966). Come sono finiti dunque a fare un disco di algida elettronica come I Adore Commodore?
Marcello Giombini era una personalità molto eclettica: al di là dell’aver spaziato tra spaghetti western, horror e musica liturgica, era un appassionato di numerologia ed è sempre stato all’avanguardia con l’elettronica applicata alla musica. Nel 1981 con Italian Folk Synthesizer si era lanciato nell’originalissimo progetto di riprodurre tramite sintetizzatore alcuni esempi di musica folk proveniente da diverse regioni italiane, progetto poi allargato al mondo intero con la serie dei Mondial Folk Synthesizer. Si è poi dedicato a comporre dapprima su un Apple II Europlus e poi su un Commodore 64 realizzando nel 1982 con quest’ultimo il kraftwerkiano Computer Disco, che si potrebbe definire un piccolo capolavoro di synth-pop degli albori.
Per I Adore Commodore Giombini si avvale delle linee melodiche scritte da Dino Siani occupandosi di tutto il resto, inclusa la sincronizzazione di quattro Commodore 64 in maniera artigianale, sovrapponendovi una batteria elettronica.
A differenza di Buckner & Garcia che raccontano di celebri giochi da sala (con tanto di sample degli effetti sonori) e delle sensazioni di chi ci gioca, l’approccio dei maestri italiani è stato decisamente più intellettuale: comporre delle melodie ispirate a dieci giochi per VIC-20 e C64, replicando in sostanza le sonorità dei giochi di allora senza però basarsi su suoni preesistenti.
Le melodie ripetitive e gli strani pigolii elettronici rendono questo disco un piccolo capolavoro di sperimentazione. Non mancano episodi molto divertenti come Blue Print, Omega Race e Solar Fox (per cui venne girato anche un videoclip)
Anche in questo caso, come per Computer Disco, le copie sono molto ricercate. Per fortuna ci hanno messo una pezza i ragazzi di Mondo Groove pubblicando una ben più accessibile ristampa fedele all’originale e caricando l’intero album sulle piattaforme di streaming.
Chiusa questa parentesi, Marcello Giombini tornò al mondo dei canti da chiesa fino alla sua scomparsa nel 2003, ma del suo periodo “elettronico” rimangono comunque (oltre a una serie di programmi di stampo didattico, di cui però non è rimasta traccia) anche alcune puntate nel mondo dei videogiochi veri e propri. Infatti negli anni ’80 fu anche autore di alcune semplici avventure semi-grafiche e testuali per Commodore 64 in cui ha coperto il duplice ruolo di programmatore e naturalmente musicista.
Tracklist:
A1. Le Mans
A2. Blue Print
A3. Sea Wolf
A4. Omega Race
A5. Jupiter Lander
B1. Solar Fox
B2. Space Invaders
B3. Space Defenders
B4. Sargon Chess
B5. Depthcharge