Italia Unz deejay parade

Italia Unz: quando la discoteca arrivò in televisione

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La dimensione della musica da ballare in voga negli anni ’90 merita un capitolo tutto suo, non solo nei libri di storia della musica, ma anche in quelli di studi sociali. Una forma di espressione musicale di facile consumo che riuscì in quel decennio a catalizzare l’interesse di un numero incredibilmente alto di utenti, soprattutto nella fascia di età dai tredici ai vent’anni circa. Un proliferare di produzioni, specialmente italiane, unitamente a un’esposizione radiofonica costante, all’edizione di compilation di tutti i tipi e soprattutto alla presenza fissa nelle discoteche di tutto il mondo portò quella musica di genere a un’epoca che tutt’ora si ricorda come l’età d’oro.

Artisti di casa nostra come Gigi d’Agostino, Robert MilesEiffel 65, per citarne solo alcuni, godettero di una popolarità incredibile a livello mondiale, capaci di attirare ondate di persone in occasione dei loro spettacoli e vendere milioni di dischi.

Incredibilmente, vista la portata del fenomeno, l’unico media ad opporre resistenza fu quello televisivo: oltre a qualche comparsata durante il Festivalbar, furono pochissimi gli spazi nel piccolo schermo dedicati al genere musicale più cool di quegli anni tra i ragazzi. Il più importante di questi non poteva che essere un prodotto della mente del dinamico team di via Massena, sempre sintonizzato sugli interessi dei più giovani.

Tutto nacque dalla programmazione di Radio Deejay, vero e proprio punto di riferimento dei ragazzini di allora. A quei tempi la “commerciale”, così veniva chiamata, la faceva da padrona sui 99.7 mhz di Torre Ferta a Milano. Programmi come il Deejay Time e la Deejay Parade erano infarciti di hit cassa dritta mixate dal trio delle meraviglie Fargetta, Prezioso e Molella e acompagnate dal timbro da giostraio tamarro di Albertino, che con le sue catch phrases e i suoi neologismi si era eretto a vero e proprio vate di genere.

Italia Unz deejay-time 1
Il team del Deejay Time: al centro Albertino e alle sue spalle da sinistra Fargetta, Prezioso e Molella

 

Nel 1998, in occasione della pausa estiva, la produzione del Deejay Time fece armi e bagagli e si trasferì in massa presso l’Aquafan di Riccione per inaugurare una striscia televisiva di 20 puntate di poco più di mezz’ora. Il titolo era eloquente Italia unz, gioco di parole che univa l’emittente su cui esso andava in onda, Italia 1, e l’onomatopeico «unz unz» della base ritmica dei brani da discoteca.

Ma che cos’era in sostanza il programma? Essenzialmente un contenitore animato da Albertino e musicato da Fargetta in cui si suonano i brani più in voga nel DeeJay Time mentre 200 bei ragazzi e ragazze in costume ballavano spensierati a bordo piscina. Ad arricchire il tutto ospiti più o meno celebri a cantare “dal vivo in playback” la loro hit del momento: Corona, DJ Dado, Ti.Pi.Cal, Chase, una giovane Alexia e anche star di generi diversi come gli Articolo 31.

L’idea era liberamente presa da Non è la Rai, visto che anche qui il gruppo di ragazzi, sempre gli stessi, da mero contorno diventavano a loro modo dei piccoli personaggi grazie ai primi piani e alle sovrimpressioni che davano indicazioni su di loro. Oltre al puro intrattenimento estivo il principio che animava Italia unz era anche quello di «essere molto illuminante per chi parla della discoteca senza conoscerla: noi facciamo vedere com’è una discoteca senza stereotipi», come dichiarato da Linus, uno degli autori, in occasione della sua presentazione. Erano infatti anni moltro controversi per questi luoghi di svago collettivo a causa dell’esplosione delle droghe sintetiche e delle stragi del sabato sera dovute all’eccesso di “sballo”.

Non sappiamo se abbia contribuito o meno a modificare lo stereotipo del mondo della discoteca, di sicuro però Italia unz rimase nei cuori di molti di noi ragazzini di quegli anni, per motivi molto semplici: innanzitutto permetteva di accedere a un genere in voga su quello che era, ai tempi, il mezzo di comunicazione più popolare ed efficace; in secondo luogo perché permetteva a noi sfigati di dare uno sguardo a un mondo, quello delle discoteche, che spesso era di difficile accesso ma che comunque incuriosiva; infine, perché a corollario dell’elemento musicale c’erano belle ragazze (e bei ragazzi per par condicio) che si divertivano in maniera spensierata. Giovani che propugnavano un canone di bellezza sicuramente diverso da quello cui siamo abituati oggi, che non si rifaceva necessariamente a fisici scolpiti da sei ore di palestra giornaliere o culi torniti da maratone di squat. Gente insomma non molto diversa da quello che potevamo essere noi.

Questa fu insomma la nota caratteristica del programma, o almeno quella che oggi, a distanza di 20 anni, ci fa sorridere e ricordare Italia unz con affetto. Ovviamente assieme ai nostri cari vecchi orrori tamarri. «Piaaaach» (cit.)

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