“La discomusic è più di semplice musica. È un movimento sociale, e non ti prendo in giro quando dico che si sta diffondendo con proporzioni epidemiche. Risponde alla richiesta delle persone che vogliono essere stupite ballando”. (Gino Soccio, giugno 1979)
Nato da una famiglia di immigrati italiani in Canada, già alla tenera età di undici anni l’enfant prodige incantava casa in quel di Montreal con i suoi progressi al pianoforte (che aveva iniziato a suonare solo tre anni prima), interpretando agevolmente le sonate di Bach; primi bagliori di quella che sarebbe poi diventata una supernova nella costellazione disco di fine anni ’70.
Kebekelektrik (1977)
Mentre studiava filosofia a Montreal si guadagna da vivere come apprezzato session man finché nel 1975 viene ingaggiato da Pat Deserio, un produttore locale, per suonare in un album di discomusic, l’unico problema era che il Nostro non aveva mai suonato musica disco e onestamente non era neppure un genere che gli interessava, ma si sa, un ingaggio è un ingaggio e così si presenta puntale in studio. Quando viene accolto da uno stanzone stipato di ARP, Moog e Hammond e una primitiva drum machine chiede all’ingegnere del suono dove fossero gli altri musicisti della band e questo gli risponde prontamente: “Tu sei la band!”.
Le session erano per il progetto da studio sotto il nome (assurdo) di Kebekelektrik per il quale il produttore aveva ingaggiato Soccio con l’idea di discomusicizzare il “Bolero” di Ravel, che doveva essere la traccia portante del lavoro; una cavalcata elettronica di 15 minuti con un riff ossessivo di basso sintetizzato in primo piano per mandare in estasi gli avventori del Limelight club di Montreal.
In aggiunta, giusto per giustificare la pubblicazione di un intero LP venne incisa qualche altra traccia scritta dallo stesso Deserio, dando totale libertà creativa al giovane Gino Soccio.
In realtà quando nel 1977 vide la luce il vinile il brano più apprezzato nelle discoteche fu “War Dance” una canzone scritta e incisa di getto da Soccio giusto per arrivare a superare la mezz’ora di durata complessiva. Vedere la folla scatenarsi in pista sulle note della propria canzone fu un’epifania per il nostro che da qual momento decise di dedicare anima a corpo alla causa della discomusic.
Tracklist:
A1. Magic Fly
A2. Mirage
A3. War Dance
B1. Bolero (Ravel cover)
Witch Queen (1979)
Questa volta non si tratta di un progetto da one man band ma di un vero e proprio ensamble di session men. L’album omonimo è composto da quattro lunghe tracce tra disco e funk fatte su misura per i disc jockey, tra cui spiccano le cover di “All Right Now” dei Free (piuttosto dimenticabile) e “Get It On” dei T. Rex resa ottimamente in una torrida verisone disco-funk per palati raffinati.
Un album piuttosto dimenticabile tra le tonnellate di musica disco prodotta in quegli anni, ma a suo modo fondamentale per introdurre il talentuoso canadese nel giro dei musicisti neri del Sud e per permettergli di venire a contatto con il vero R&B americano, ma è l’incontro con il manager John Driscoll che gli cambia la vita: Driscoll era infatti il deus ex machina del circuito musicale disco dance canadese e ben affiliato con un altro pezzo da novanta della New York danzereccia, Mr. Ray Caviano. Questo, colpito dai brani di Soccio lo invita nella Grande Mela e gli fa firmare un contratto d’oro con la Warner Bros. Records che nel 1979 produce in grande stile il suo primo LP solista.
Tracklist:
A1. Witch Queen
A2. All Right Now (Free cover)
B1. Bang A Gong (Get It On) (T. Rex cover)
B2. Got The Time
Outline (1979)
Dopo il singolone posto giustamente in apertura, per riprendere fiato nel 33 giri arriva la breve e atmosferica “So Lonely”, capolavoro di suggestioni oniriche e gabbiani sintetici scanditi dalle battute di rullante su un tappeto di sequencer; si riprende poi a ballare con “The Visitors” molto ispirata dal Munich sound di Giorgio Moroder di quegli anni e che troveremo ne La Città della Donne di Federico Fellini. Sul lato B troviamo invece “Dance To Dance” che sembra alludere a Cerrone (ma con molto più stile) e la conclusiva “There’s a Woman” dove riemerge il vechio amore per i Kraftwerk.
Tracklist:
A1. Dancer
A2. So Lonely
A3. The Visitors
B1. Dance To Dance
B2. There’s a Woman