Giancarlo Scarpone Un uomo libero

Giancarlo Scarpone – Un Uomo Libero (1993 – CD)

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Giancarlo Scarpone Un uomo liberoNoi di Orrore a 33 Giri siamo sempre più impegnati nella scoperta e nella diffusione di artisti ingiustamente ignoti: coloro che chiamiamo illustri sconosciuti.

Dovete sapere che il filone musicale in questione vanta numerosi sottogeneri: se l’illustre sconosciuto Magic Voice rientrava nella categoria “lirismo da clochard”, il cantante di cui racconteremo oggi è il capostipite della sottocultura degli “impiegati maudit”. Norm-COSA?

L’artista in questione è Giancarlo Scarpone e già dalla copertina del suo disco “Un uomo libero” è tutto chiaro: Giancarlo, faccia da riscossore crediti dall’animo ribelle e dal talento ancora inespresso, vestito come il sosia di un sosia di Mark Knopfler, bandana sulla fronte già troppo stempiata, maglietta nera troppo lunga con gilet arancione della Benetton troppo corto, jeans trasformati in pantaloncini con fili lacerati in evidenza, chitarra semi-acustica sottobraccio tenuta come se stesse tenendo il tronco di un larice. 

Chiunque abbia realizzato la copertina dev’essere uscito a pieni voti dall’Accademia delle Brutte Arti: alla foto di Giancarlo ha pensato bene di aggiungere sullo sfondo un mare con un cielo azzurro, nel quale fluttuano una mongolfiera colorata e un pesce; che cosa c’è di meglio di un pesce volante e di una mongolfiera per raffigurare Un uomo libero”?

Ascoltiamo i pezzi; seguirà dibattito.

La prima canzone, “Voglio andare via”, è il singolone killer tune e ci porta subito ad altissimi livelli di rollercoaster emotivo: con una voce che richiama lontanamente Franco Battiato sotto antibiotici a causa di una tonsillite, il nostro Scarpone canta un testo che meriterebbe di essere riportato per intero, considerata la completa mancanza di nesso tra una parola e quella successiva, ma per non spoilerare vi diamo solo un piccolo assaggio: 

…ed ogni tanto anch’io scappavo sì di casa
e non so dove andavo a sognare il mondo
un amore grande come il mio cuore
perché la mia vita a volte è scura e distratta
ma sempre ogni giorno la aspetto con un po’ di gioia
fammi dimenticare.

Giancarlo Scarpone è chiaramente l’Emilio Salgari della musica di merda: riesce a descrivere a parole la sensazione di una sbronza di assenzio senza sicuramente averne mai bevuto neanche un bicchiere.

“Il mio mare” non parla, come qualcuno potrebbe pensare, dei problemi di incontinenza notturna di Giancarlo, ma è più prevedibilmente una canzone dedicata al mare dell’imprecisata località in cui il cantautore è nato e cresciuto; insomma, tipo “A Zacinto” di Ugo Foscolo

Ti ho sempre davanti ed ogni tanto non ti sopporto
mi deprime il tuo colore di merda
quando sei in burrasca hai il colore degli occhi delle ragazze
che d’estate bagni e che io sogno tutte mie.
Te che sei il mio mare mandi sempre il tuo profumo
anche quando non ci sei e mi galleggi nel cuore
e vivo per te un desiderio grande grande
che è più grande dell’amore
te che sei il mio mare.
Hai il colore degli occhi di una ragazza
che prima era mia e che mi hai portato via.

In pratica Giancarlo Scarpone era fidanzato con Ylenia Carrisi.

Saltando a piè pari l’anonima “Il profumo di questo amore”, passiamo all’enigmatica “Un gabbiano in mare”, dedicata non si capisce bene a chi:

Tu che hai il mio nome
che sei per me un po’ padre un po’ amico
ed anche un po’ dottore
non ho mai visto la tua gioventù
i sogni che accarezzavi da ragazza
quei sogni che forse sono un po’ i miei
e gioie e dolori, come li hai vissuti
sono forse gli stessi che io ho perduto
tu che hai il mio nome
e una mogliettina carina simpatica
ed anche un po’ stronzina
dimentichi come me il presente con un sorriso
in quel tuo viso ci sono tanti pensieri
e delle preoccupazioni.

Interessanti i continui cambi di soggetto e di registro che rendono pressoché impossibile seguire lo stream of consciousness Scarponiano.

Non può mai mancare la canzone pro-social incazzata, quindi in “Ma che gente c’è” Scarpone spara a zero su chiunque e non si salva nessuno: 

Ma che gente c’è a parlarti di sapere
gente che un istante prima si faceva sì le pere
ma che gente c’è nelle foto del tempo
nei manifesti murali
e le parole che leggi non hanno senso
non esistono in realtà
sono solo provocazioni d’ignoranza d’intolleranza
e le voci che ascolti non sono vere
non esistono in realtà
sono solo lontani suoni
viventi antiche civiltà.

Offriamo contanti a chi ci spiega che cosa sono i “manifesti murali”.

Giancarlo Scarpone Un uomo libero“Mia madre” merita una citazione solo per la pazzesca frase “io non vorrei / non vorrei ma è che amplifico / per colpa del mio destino / che mi fa piangere quando sono solo”. Non menzioniamo neanche la noiosa ballad “Amore amore amore” per lasciare spazio al piatto principale, la traccia che vale tutto il disco, “Una crudeltà idiota”, trionfo del nonsense: la base è letteralmente costruita su “Could You Be Loved” di Bob Marley, nel senso che durante tutto il pezzo si può sentire sotto la canzone originale velocizzata coperta da una cassa dritta; aggiungete un testo che potrebbe essere stato scritto da Cristiano Malgioglio e interpretato dai Soerba e forse avrete il 10% di possibilità di ottenere una canzone avveniristica come questa. Una frase del testo su tutte: “La solitudine divora i miei vestiti”.

Chiude il disco l’estenuante “Voglio andare via (minimal remix)”, nella quale si inseriscono citazioni da “Break On Through” dei Doors e persino un’autocitazione di “Ma che gente c’è”. Che fatica!

Il problema di Giancarlo è la sfiga, non nel senso che è sfigato o che rappresenta la sfiga: Giancarlo Scarpone è la sfiga, nella voce, nei testi, negli arrangiamenti, nella foto di copertina. La Sfiga in persona. Per questo gli vogliamo bene. Perché ci fa sentire come si sente un nostro amico, Alessandro, che va in Giappone solo per sentirsi superdotato. 

Tracklist:
01. Voglio Andare Via
02. Il Mio Mare
03. Il Profumo Di Questo Amore
04. Un Gabbiano In Mare
05. Ma Che Gente C’è
06. Mia Madre
07. Amore Amore Amore
08. Una Crudeltà Idiota
09. Voglio Andare Via (Minimal Remix)

Un grazie di cuore a Roberto Vallucci per aver condiviso con noi questo tesoro nascosto, per fortuna nascosto molto bene.

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