In pochi si sono occupati nello specifico dei due dischi che i tre Doors superstiti produssero subito dopo la morte del King Lizard Jim Morrison nel biennio 1971-1972 in cui Ray Manzarek prese il controllo delle Porte della Percezione. Quale migliore occasione quindi per andare a (ri)esplorare quesi due tasselli dimenticati quanto inutili nella discografia di una band culto della storia del rock.
Other Voices (1971)
Il disco si apre con “In The Eye of the Sun”, Ray Manzarek alla voce, e già dall’attacco si capisce che la musica non è più quella di prima. Il timbro vocale soulful e la struttura funk-boogie si staccano decisamente dai canoni doorsiani conosciuti fino a quel momento, così “Variety Is The Spice of Life” aggiorna stancamente la formula di “Roadhouse Blues” mentre “Tightrope Ride” insegue il garage-beat anni ’60 fuori tempo massimo, si capisce anche il rifiuto di Morrison per “Down On The Farm”: una dolce ballata che sfocia in un refrain veramente troppo stucchevole, idem per la conclusiva (ma migliore) “Hold On To Your Life”.
Intendiamoci, è musica ben prodotta e benissimo suonata, ma mi fa immaginare in una Cadillac lanciata sulle highways con l’autoradio sintonizzata su una delle tante FM americane, tanta è la piattezza dell’insieme. manca terribilmente il blues, la poesia e la visione musicale dello sciamano Jim.
Tracklist:
01. In the Eye of the Sun
02. Variety Is the Spice of Life
03. Ships With Sails
04. Tightrope Ride
05. Down on the Farm
06. I’m Horny, I’m Stoned
07. Wandering Musician
08. Hang on to Your Life
Full Circle (1972)
La cosa più interessante è la canzoncina messicana “The Mosquito” (uscita anche in 45 giri e divenuta una hit) anche se risibile rispetto al passato glorioso della band, “Verdilac” strizza l’occhio ai ritmi tropicali, al sound dei Chicago dell’epoca e a certe latenti influenze rockabilly. “4 Billion Souls” ha una linea vocale che ricorda quasi il primo David Bowie, oppure i Moot The Hoople. “It Slipped In My Mind” ha in mente i Beatles e la conclusiva “The Peking King And The New York Queen” è una scanzonata riproposizione di “L.A.Woman” (la canzone) con siparietto recitativo botta e risposta piazzato nel mezzo.
Dovendo scegliere forse la mia preferenza va a quest’ultimo LP per la maggiore ecletticità, ma non si può che constatare che i tempi e i gusti musicali all’alba dei ’70 stavano cambiando inevitabilmente e che i Doors in ogni caso non avrebbero probabilmente continuato il sentiero tracciato anche con Morrison ancora in vita o forse la parabole della band era giunta semplicemente alla fine e il visionario Jim aveva capito tutto. Non lo sapremo mai. Restano alla fine solo questi due figli musicali illegittimi e giustamente reietti dai fan e anche dai tre sopravvissutti, nel 1978 infatti il trio pensò bene di riesumare alcuni nastri di poesie di Jim Morrison e musicarli per il più consono “An American Prayer” a cui il pubblico finalmente tributò la dovuta attenzione e li perdonò per questi due dischi sciagurati.
Tracklist:
01. Get Up and Dance
02. 4 Billion Souls
03. Verdilac
04. Hardwood Floor
05. Good Rockin’
06. Piano Bird
07. It Slipped My Mind
08. The Peking King and the New York Queen
N.B.: è stato volutamente omesso il celebrativo ritorno della band in tempi recenti come The Doors Of The 21th Century con Ian Astbury dei Cult alla voce perché è una pataccata improponibile, anche per un fan incurabile; esattamente come riesumare i Queen senza Freddie Mercury.