Dopo la parentesi “impegnata” dell’insolito musicarello africano Il ragazzo che sorride (nonché apocrifo Al Bano-movie, vista anche l’assenza di Romina Power, all’epoca impegnata a recitare in film di dubbia moralità rispetto all’immagine popolare nata da TV e rotocalchi) esce nello stesso anno (il 1969) Il suo nome è donna Rosa, una pellicola con una classica e più innocua trama da musicarello romantico che riscosse un enorme successo.
Forte della popolarità sempre crescente di Al Bano sia come cantante sia come attore venne realizzato a tempo di record (sempre nel 1969) un terzo lungometraggio, battendo il proverbiale ferro finché fosse rimasto caldo infischiandosene altamente delle più basilari regole della logica. Il nuovo Pensando a te si pone come sequel delle vicende narrate nei primi due film Nel sole (1967) e L’oro del mondo (1968) ma qui Franco e Ciccio scompaiono senza nemmeno spiegare il perché, Nino Taranto da barese diventa napoletano, Al Bano si chiamava Carlo Carrera qui invece Carlo Albani, menzion d’onore infine per un inaspettato Paolo Villaggio col nome di Filini (!).
Il risultato finale fu così indecente persino per il musicarello medio che se ne accorse anche il pubblico, quindi per recuperare questo scivolone uscirono l’anno successivo due ultimi film con la celebre coppia per la regia di Ettore Maria Fizzarotti che non fecero che peggiorare la situazione: il primo è Mezzanotte d’amore, drammone natalizio nonché insipido seguito di Il suo nome è donna Rosa in cui Al Bano riprende i panni improbabili di un pescatore napoletano; l’altro è il micidiale Angeli senza paradiso, probabilmente il musicarello più bizzarro mai realizzato (assieme all’incredibile Champagne in paradiso del 1984).
Il motivo per cui venne realizzato questo film rimane ancora oggi un mistero di non facile spiegazione. Se era palese che tutti i film precedenti servirono a sfruttare al massimo il successo inaspettato del giovane cantante (si parla di ben 5 film in poco più di due anni), in Angeli senza paradiso non viene eseguito nessun brano del repertorio di Al Bano, in quanto il nostro eroe di Cellino San Marco qui veste nientepopodimeno che i panni del compositore Franz Schubert. Forse l’obiettivo era quello di far fare al cantante pugliese un salto di qualità in ruoli diversi come attore tout court, o più probabilmente, come pensiamo noi, scegliendolo semplicemente per la vaghissima somiglianza fisica.



Il film è un drammone in costume in un fintissimo scenario ottocentesco realizzato letteralmente con la cartapesta, qui Al Bano veste così gli improbabili panni dello squattrinato e indebitato compositore che per tirare a campare si trova costretto ad insegnare musica a dei bambini di una scuola elementare; il protagonista non si accorge della giovane Marta segretamente innamorata di lui (una gnocchissima Agostina Belli) preferendo invece un’insopportabile contessina Anna Roskoff (Romina Power) che lo farà prima infuriare ridendo durante una sua esecuzione, ma che poi conquisterà divenendo suo insegnamente privato di teoria musicale.
Alla fine il solito pretendente aristocratico da operetta, belloccio e cinico sfiderà a duello Schubert/Carrisi, ma Anna/Romina, sapendo che l’amato non ha alcuna possibilità di poter sopravvivere ad un confronto diretto armi in pugno, decide di sposare il perfido pretendente per salvargli la vita. Il compositore deluso strapperà lo spartito della sinfonia che stava scrivendo per la donna della sua vita (la celebre Incompiuta) andandosene amareggiato.
Come intuibile il risultato finale è uno strambo e incredibile prodotto che va visto per essere creduto. Angeli senza paradiso è scadente sotto ogni punto di vista e pare nato già vecchissimo, ma stranamente con un suo sottile fascino; a confermarlo il fatto che sarebbe pressappoco un remake di un film tedesco del 1933, Leise flehen meine Lieder, noto anche col titolo La sinfonia inconclusa, il quale conferma la ben definibile natura di classico film da nonne per la domenica pomeriggio su Rete 4.
Oltre ad alcune irresistibili trovate di sceneggiatura non si può non sorvolare anche su tutte le scene storicamente incoerenti come quelle di esecuzioni di musica popolare ungherese (o presunta tale) messe come riempitivo, durante le quali, inspiegabilmente, la nobile Romina balla vestita con umili abiti tra il popolano e lo tzigano. O che dire di Al Bano che intona l’Ave Maria di Schubert (incisa come 45 giri) col suo riconoscibile vibrato davanti ad una Madonna di Lourdes! Senza contare, ovviamente, che tutta la storia viene raccontata sorvolando totalmente sul piccolo grande particolare della ben documentata omosessualità di Schubert.
Da questo Angeli senza paradiso non pretendevamo certo un dramma storico accurato, ma in un film del genere è anche l’insieme di tutti i particolari che donano la magia ad un’idea di base già incredibile, la quale lasciò perplessi e sconcertati anche i fan più accaniti della coppia Carrisi, la quale dopo l’ennesimo flop cadde in un lungo momento di relativo oblio fino al grande ritorno agli inizi degli anni ’80.
un altro piccolo aneddoto è legato a questa stramba pellicola: stando ai giornali dell’epoca, poco dopo le riprese, nell’agosto di quell’anno, Agostina Belli tentò il suicidio, e per anni circolò la leggenda metropolitana che la cosa fosse dovuta ad un improbabile infatuamento non ricambiato per Al Bano (o secondo altri più probabilmente per una profonda amarezza dovuta all’aver recitato in tale assurdità), ovviamente si trattava solo di una montatura dei produttori del film che sfruttarono un banale incidente in cui venne coinvolta la Belli, tentando di salvare l’insalvabile.