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Champagne in Paradiso (1984 – film)

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Champagne in Paradiso film al bano romina powerDopo quasi un decennio passato a cercare fortuna soprattutto all’estero ecco che nel 1982 la coppia Al Bano e Romina Power torna sul suolo italico partecipando per la prima volta insieme al Festival di Sanremo con Felicità; nonostante arrivi solo seconda nella competizione fu una vera e propria bomba atomica che esploderà nelle radio di mezzo mondo, diventando il brano simbolo del duo e probabilmente la canzone italiana più famosa all’estero dopo Nel blu dipinto di blu.  Per la vittoria al Festival dovranno attendere due anni dopo con Ci sarà.

Galvanizzati da questa catena di successi e per sfruttare al massimo questo nuovo picco di popolarità, alcuni facinorosi produttori realizzano in fretta e furia con un budget probabilmente molto basso e con mezzi e scenografie di fortuna un nuovo lungometraggio interpretato dalla celebre coppia sulla scia dei musicarelli di fine anni ’60.

Al Bano, da buon contadino, si rimboccò le maniche e chiamò alla regia il fido Aldo Grimaldi, già dietro la cinepresa delle precedenti commedie musicali della coppia anglo-salentina, presentandogli la storia scritta di suo pugno. Sì, avete capito bene, il nostro Albano Carrisi è l’unico autore della sceneggiatura di questo Champagne in Paradiso. Le riprese vennero sospese più volte e fu possibile completarlo solo per insistenza di Al Bano stesso, il quale teneva moltissimo a portare sul grande schermo la nascita della sua storia d’amore, tanto da assumere persino la regia per una breve sequenza inserita in un secondo momento.

La pellicola però non ebbe il successo sperato e non è difficile immaginarlo visto che il film nacque già vecchio; si trattava sostanzialmente di un musicarello degli anni ’60 trasposto negli anni ’80. Forse nessuno aveva detto ad Al Bano che quella roba era passata di moda da un bel pezzo e andava bene forse per riempire  la programmazione estiva delle televisioni locali.

Il prologo è già oro: il film inizia in un futuro imprecisato in cui vediamo tre bambini (tra cui troviamo i figli della coppia Yari e Ylenia) avvicinarsi ai nonni chiedendo, come da tradizione, del loro primo incontro. Mentre godiamo di questi primi minuti possiamo assaporare l’ambientazione della loro casa semi-futuristica con tanto di pianeti e galassie visibili fuori dalla finestra (!) mentre i due nonni (un assurdo Al Bano truccato con una fintissima barbona bianca e un’altrettanto farlocca Romina imparruccata) vengono colti da un improvviso attacco di nostalgia. Iniziano così a raccontare del loro passato in cui l’Italia era prospera e felice, e l’amore sembrava ancora valere qualcosa. Beffardamente ironico tutto ciò ripensando a come proseguirono gli eventi per la coppia.

Inizia così un flashback ambientato negli anni ’60 in cui Al Bano veste i pani del professor Allegri, attempato ma squattrinato professore che si trova a gestire una terribile classe di un liceo femminile in cui Paola, una giovanissima studentessa viziata e spocchiosa interpretata da Romina (cosa di per sé già ardua da ritenere verosimile dato che la Power aveva già più di trent’anni), gli combina scherzi d’ogni tipo. Il professore verrà così licenziato e Paola sarà costretta a recuperare le materie dopo le vacanze estive; i due quindi si reincontrano casualmente per delle ripetizioni private che faranno nascere la passione tra il maturo professore e la studentessa minorenne; i due riusciranno a coronare il loro sogno d’amore solo dopo una lunga serie di vicissitudini anche grazie alla musica.

Parlare di Champagne in Paradiso è davvero arduo, poiché per certi versi sembra davvero incredibile, inteso in senso letterale, che così tante persone abbiano lavorato per la realizzazione di un film del genere e che qualcuno abbia creduto di poterci fare dei soldi producendolo. Come non citare i vari caratteristi che misteriosamente vi si sono prestati: Renzo Montagnani, Gigi Reder, Anna Mazzamauro (quest’ultima in un ruolo a dir poco terribile ma per fortuna abbastanza marginale) e l’insopportabile Gegia, qui più irritante che mai.

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Al bano e Romina Power in una scena iniziale del film

Si avverte un’aria da commedia ma non c’è nulla che faccia volontariamente ridere, anzi è piuttosto deprimente nella sua disperata volontà di far divertire e di accattivarsi il pubblico ad ogni costo in un’interminabile sequenza di sketch e battute cestinabili anche per i peggiori film di genere. Persino la psicologia base dei personaggi è assolutamente irrazionale cambiando in maniera repentina e disarticolata ad ogni scena senza un filo logico, in primis Al Bano, professore vessato, sfruttato e preso in giro in ogni modo dalla cinica Romina, la quale nonostante le angherie e le prese in giro s’innamora di lui (immagino inoltre i commenti che uscirebbero fuori oggigiorno se una tematica simile venisse ripresa con tale leggerezza, ma è il minimo guardando questa ciofeca autopunitiva).

Il tutto condito da tantissime idee buttate lì, sottotrame che non verranno più riprese e persino personaggi che misteriosamente cambiano nome tra una scena e l’altra. Infine Romina Power: la signora Carrisi interpreta il personaggio principale nonostante le sue capacità recitative siano così agghiaccianti da non riuscire a comprendere quando il personaggio pretendeva di essere serio e quando invece sembrava scherzare; tutto questo contribuisce non poco a creare ulteriore confusione nella trama incerta e nella caratterizzazione del proprio personaggio, tanto da poterla paragonare a una versione femminile di Alberto Tomba in Alex l’ariete. La cosa è ancora più avvilente tenendo conto che i suoi genitori erano affermati attori holliwoodiani.

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In tutto questo le scene musicali, che dovrebbero rappresentare il punto forte se non l’unico fulcro attorno al quale dovrebbe ruotare il film, non hanno nulla da invidiare in termini di squallore al resto, in particolare la scena di Romina e dei suoi compagni di classe che cantano In e Out in palestra in un tripudio di linguaggio giovanilistico e balletti da musical di parrocchia: una delle peggiori coreografie mai viste.

È impossibile non chiedersi quale fosse l’obiettivo di certe scene: parodia? Tentativi di semplice commedia andati male? O qualcosa di più serioso che non riusciamo a cogliere? Forse solo Al Bano potrebbe rispondere.

L’acme viene raggiunto però nella scena del primo bacio tra Al Bano e Romina (con il chewing gum in bocca), cui segue un violento stacco narrativo in cui è inserita una sequenza ambientata su una spiaggia in cui cantano la canzone Ci sarà, sequenza voluta e diretta da Al Bano stesso in cui non si risparmiano nemmeno goffissimi tentativi di denuncia sociale: memorabile lo stuolo di bambini che durante la canzone marciano in slow motion in un campo infestato di siringhe, goffissimo tentativo d’impegno sociale involontariamente comico che si aggiunge a una pellicola imbarazzante.

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