Wendy Sulca video youtube peru
Wendy Sulca nel 2010 in versione folk psichedelico

Wendy Sulca, la web-star più amata in America Latina

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Una giovanissima Wendy Sulca nel 2004

I tentacoli di Orrore a 33 Giri sono arrivati sino al Nuovo Mondo per portare testimonianza di un evento mediatico senza precedenti, che ha cartatterizzato e diviso gli internauti dell’America Latina per quasi un decennio.

Se De Amicis ci portò dagli Appennini alle Ande sul versante argentino, noi opteremo per la costa dell’Oceano Pacifico, più precisamente il Perù. Qui ebbe i suoi natali, in un’anonima mattina autunnale di aprile, precisamente addì 22 del 1996, Wendy Sulca Quispe, colei che sarebbe diventata la regina della rete catalizzando sugli schermi milioni di internauti che, a suon di milioni di click e di like, l’avrebbero resa una star.

Sin da piccola Wendy dimostra una propensione artistica e una particolare intonazione, tanto che il padre Franklin si dedica a tempo pieno nel promuovere la sua carriera, ancora acerba, di cantante di musica huayino, un genere popolare in voga in Perù e nell’area andina. Le prime esibizioni avvengono proprio nel contesto dei Los Picaros del Escenario, il gruppo folk di cui Franklin è l’arpista.

Grazie alla grinta e alla convinzione della mamma, Lidia Quispe, che la figlia avrebbe potuto farcela pur essendo solo una “cholita” (termine localmente usato per indicare la popolazione di origine andina precolombiana) Wendy partecipa a un concorso indetto dalla star locale Sonia Morales e riesce ad aggiudicarsi il primo premio, nonché l’attenzione di uno degli innumerabili produttori di musica folk. Il primo singolo nasce quasi per scherzo: il titolo “La tetita” (“La tettina”), altro non è che la celebrazione dell’amore materno e dell’affetto che legava la bambina alla sua mamma.

Il meglio (o il peggio) doveva però ancora arrivare: Lidia Quispe nel 2008 riceve la proposta di caricare il video della canzone, realizzato tra gli abitanti di San Juan de Miraflores, quartiere popolare di Lima dove la famiglia risiedeva, sulla piattaforma YouTube, al fine di incrementare la visibilità di Wendy e attrarre nuovi fan. Ebbe così inizio la carriera multimediale della ragazzina: partendo dai compagni di scuola, il video si diffuse a macchia d’olio raggiungendo in breve tempo migliaia di internauti e ottenendo un apprezzamento ben oltre le aspettative.

De día, de noche,
quisiera tomar mi tetita.
De día, de noche,
quisiera tomar mi tetita.
Cada vez que la veo a mi mamita,
me está provocando con su tetita .
Cada vez que la veo a mi mamita,
me está provocando con su tetita.
Ricoricoricorico, ¡qué rico es mi tetitaa!
¡mmm!… ¡rico, qué rico es mi tetita!

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Wendy Sulca nel 2010 in versione folk psichedelico

Ci riesce difficile capire come il video di questa bambina, circondata da un gruppo di musicanti under 10 e da un ballerino anch’esso infante, dalle movenze tristissime, possa avere avuto tale successo. La spiegazione risiede nella popolarità del genere tra la popolazione locale, che apprezza questa musica fatta di arpeggi, sonorità vivaci ma caratterizzate da un’insita tristezza e un abuso di effetti sonori e di synth da far rabbrividire anche i produttori della più becera italo-dance. Per farla breve, Wendy e le sue canzoni godono della stessa popolarità che a Napoli viene tributata ad artisti stile Piccolo Lucio, pompata a livello locale ma incomprensibile in altri contesti sociali.

Il percorso canoro della ragazzina continua anche dopo la prematura morte dell’amato genitore, avvenuta a causa di un incidente stradale sul camion che l’avrebbe condotto a uno dei tanti concerti locali cui la band era solita prendere parte. Un dramma umano che la piccola cantante vuole tributare con il pezzo “Papito”. Un video di rara tristezza, una fotografia degna di una soap da rete privata degli anni ’80 e un testo struggente sono l’omaggio che la giovane star dona all’amato padre, ispiratore della sua carriera. Manco a dirlo, un successo di click!

La triade primigena si completa con un terzo singolo digitale, questa volta più prosaico: “Cerveza Cerveza”, un inno alla bevanda più diffusa del mondo, la birra, oppure un buon consiglio su cosa assumere per prepararsi anima e corpo all’ascolto delle canzoni della Sulca. In realtà la canzone pare più una riproposizione in chiave andina della mitica scena finale di Casablanca in cui il buon Humphrey Bogart si fa servire un altro bicchiere per dimenticare una delusione d’amore. Ovviamente tutto molto alla larga. Il fatto che a cantare questa canzone sia una bambina di 10 anni apre inoltre la porta anche a una inquietante disamina sociale sull’alcolismo in età giovanile da quelle parti. Per ora ci limiteremo a riportare il testo lasciando al singolo la facoltà di trarre ogni tipo di conclusione.

L’occasione per espandere la sua notorietà oltreconfine viene però nel 2010, grazie alla cooperazione di un’altra star di genere, l’equadoreño Delfin Hasta el Fin, un personaggio a metà strada tra una marionetta, un biker, un supereroe, un lottatore di wrestling e un cowboy, noto nel panorama di internet per una serie di canzoni dall’intento riflessivo e sociale, quali “Torres Gemelas”, dedicata all’attacco dell’ 11 settembre, e “Que pasa en este mundo”, una profonda critica contro l’intolleranza.

Il vulcanico Delfin riesce nell’intento di riunire la giovane Wendy e un’altra superstar del web peruviano, la Tigresa del Oriente, in un pezzo dal titolo “En tus tierras bailarè”, inspeigabile inno d’amore alla terra di Israele caratterizzato dal ritornello virale «Israel Israel que bonito es Israel / Israel Israel en tus tierras bailaré» e da un video in cui immagini tristissime dei tre artisti si alternano a terribili effetti speciali che li rappresentano in terra d’Israele, probabilmente perché il budget per andarci davvero non c’era.

Madrecita, madrecita,
que bonito es Tel Aviv,
con sus estrellas y su lunita
en Tel Aviv yo bailaré

A completamento, il noto “pasito de Delfin”, un balletto incredibilmente kitsch con cui il cantante, a quanto pare, suole deliziare i fan. È un successo continentale. Critici di tutta America Latina ne elogiano la genesi e il contenuto. Addirittura, il rapper portoricano Residente dei Calle 13 si spinge a dichiarare “En tus tierras bailarè” la versione latino-americana di “We Are the World”. Più prosaicamente, noi rimandiamo i lettori ad ogni commento, di qualunque genere esso sia.

È dello stesso anno anche il secondo album in studio: “Homenaje a mi padre”, un vero e proprio tributo alla figura paterna, importante caposaldo nell’inizio della sua carriera musicale. Spiccano tra gli altri l’omonimo singolo, in cui Wendy Sulca duetta con la madre Lidia, e il pezzo “El chivo viejo”, prodromo di una futura trasformazione artistica, meno legata ai canoni della tradizione peruviana e più tendente al pop, specialmente nella grafica e nella scelta dei colori.

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La nuova versione di Wendy Sulca

Trasformazione dettata anche dalle esigenze stesse della cantante, ormai quindicenne, che ben si presta come prodotto locale di teen pop da dare in pasto alle platee andine. Un’internazionalizzazione che passa per la stagione delle grandi cover d’autore: vedono la luce una delle versioni più tristi di “Like a Virgin” di Madonna, “Mira mis ojos”, un rifacimento huayno di “(Everything I Do) I Do It For You” di Bryan Adams, entrambe nel 2012, e l’immancabile “Wrecking Ball” di Miley Cyrus nel 2014, che sdogana definitivamente la giovane Wendy nel panorama pop assieme al singolo inedito dell’anno precedente “Nadie puede con el amor”.

Un’evoluzione inevitabile ma che lascia un po’ di amaro in bocca agli amanti della musica diversamente bella: da icona di un genere popolare, ai nostri occhi paradossale ma di sicuro più identitario, Wendy Sulca passa ad essere una delle tante giovani star della musica, standard ed innocua sia come contenuto sia come aspetto. Capelli tagliati alla moda, un passaggio doveroso dall’estetista, trucco perfetto, vestiti andini riposti nell’armadio per essere sostituiti da short sexy e abitini trendy, video professionali, arrangiamenti pop sentiti e risentiti e pose ammiccanti proprio come le sue colleghe nordamericane.

Negli ultimi singoli come “La magia del amor” e “Me voy a enamorar” non rimane nulla dell’originale bambina dal sorriso un po’ forzato e dai video artigianali, circondata da orchestre locali, tizi che ballano scomposti e lama che si chiedono che diavolo ci facciano lì. Tutto molto moderno ma anche un po’ triste per chi come noi al grigio conformismo preferisce l’orrore più sgargiante.

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