Nel 1995 la Lega era ancora Nord e verde, ce l’aveva orgogliosamente duro e professava il disprezzo per negri e terroni, mica quella congrega di fighetti mollicci vittime dei social media che con qualche abile operazione di marketing va a raccattare voti ben al di sotto del Po con delle cazzo di felpe blu.

Sicuramente altri tempi in cui la parola negro non era prerogativa di sterili e ridicoli dissing via tastiera tra discutibili rapper di casa nostra e tutti accettavano di buon grado il generico termine di vu’ cumprà o marocchino per indicare gli immigrati africani che cercavano di rifarsi una vita nel nostro Paese.
In realtà per la casalinga di Voghera, ma anche per il metalmeccanico di Ivrea, tutto quello che era a sud di Roma era considerato genericamente Africa. Tanto che spesso durante le partite di calcio o su colorati murales, tutti i meridionali venivano invitati ad utilizzare dei prodotti ad azione detergente. Che cari. Altre volte invece mostravano un inaspettato interesse per fenomeni geologici eruttivi di Etna e Vesuvio ben prima che Alberto Angela diventasse il sex symbol della divulgazione scientifica in prima serata.
A dar voce a questi africani d’italia arrivò l’istrionico percussionista napoletano Tullio De Piscopo che piombò al Festivalbar del 1995 con Ciapa ciapa al maruchein, un brano dal sapore estivo e spensierato, ma che nascondeva un j’accuse ironico contro quel sentimento dilagante di una certa Italia di allora. La canzone prende spunto proprio da un’esperienza personale, quando in Emilia alla fine degli anni ’60 il maruchein era proprio l’italiano meridionale emigrato al nord in cerca di lavoro e di fortuna. Trascorsi 30 anni lo stesso fenomeno si stava ripetendo questa volta con gli emigrati provenienti davvero dall’Africa, fomentando così un facile sentimento popolare contro il diverso o lo straniero, capro espitorio di tutti i problemi socio-economici.
Ciapa ciapa al maruchein è una baracconata contro l’idiozia delle persone che utilizza la stessa espressione non propriamente politically correct per rovesciare la questione e prendere per il culo proprio chi denigrava gli immigrati, il tutto in un brano ballabile, con accenti di world music e con qualche rimasuglio di italo disco.
Nonostante la travolgente esibizione in playback al Festivalbar il brano non diventò affatto un tormentone finendo però sull’album di Tullio De Piscopo Zzacotturtaic, titolo di maggior acume e compresione solo se letto al contrario.
Il risultato non sarà certo un capolavoro, ma va comunque riconosciuto il coraggio di aver affrontato con piglio decisamente sbarazzino un argomento tanto caldo allora come in passato e tantopiù oggi.
Vittorio “Vikk” Papa e Domenico Francesco Cirillo
Ciapa ciapa marucchein
Ciapa ciapa marucchein
(ciapa ciapa marucchein)
Ciapa ciapa ‘o marucchi’
(ciapa ciapa ‘o marucchi’)
Ciapa ciapa marucchein
(ciapa ciapa marucchein)
Ciapa ciapa ‘o marucchi’
(ciapa ciapa ‘o marucchi’)
Ciapa ciapa marucchein
(ciapa ciapa marucchein)
Ciapa ciapa ‘o marucchi’
(ciapa ciapa ‘o marucchi’)
‘o padrone cia’ futtute
(’o padrone cia’ futtute)
Ciapa a stu’ curnuto
(ciapa ciapa a stu’ curnuto)
Grida grida alla città
(grida grida alla città)
E lo stato cosa fa?
(e lo stato cosa fa?)
Non cerchiamo carità
(non cerchiamo carità)
Ma soltanto libertà
(ma soltanto libertà)
Siamo noi
Che lasciamo casa
Donne e uomini
Che non si scoraggiano
Mentre noi
Come tetto e alberi
Siamo noi
Noi noi noi
Figli di un re
Ciapa ciapa marucchein
(ciapa ciapa marucchein)
Ciapa ciapa ‘o marucchi’
(ciapa ciapa ‘o marucchi’)
‘o padrone cia’ futtute
(’o padrone cia’ futtute)
Ciapa ciapa a stu’ curnuto
(ciapa ciapa a stu’ curnuto)
Dateci
Almeno un po’
Di questa neve noi
Poi sarà domenica
Liberi
Senza compromessi
Noi siamo noi
Solo noi figli di un re