In uno shake inserisco in quantità assolutamente casuali un po’ di “Apache” dei The Shadows, le chitarre dei Gipsy Kings, qualche passaggio di “Nights In White Satin” dei The Moody Blues, una buona dose di “Il ragazzo della Via Gluck” di Adriano Celentano, un pizzico di “Jesahel” dei Delirium e una generosa quantità di sigla di Hazzard. Agito bene e, pressappoco, eccovi qua “Voglio andare a vivere in campagna”, gioiello folk-rock del 1995 targato Toto Cutugno; in ritardo di trent’anni sul genere ma visto che venne presentata al Festival di Sanremo sembrava ancora freschissima, o forse no?
La canzone venne completamente incompresa perfino dalle giurie di lobotomizzati mentecatti di Sanremo che la sbatterono solo al diciassettesimo posto. Che vergogna!
Eppure Toto, armato di fisarmonica e camicia di flanella a quadrettoni, davvero ci mette il cuore per farci capire quanto sia per lui importante andare a respirare aria buona:
Voglio andare a vivere in campagna
Voglio la rugiada che mi bagna
Ma vivo qui in citta, e non mi piace più
In questo traffico bestiale
La solitudine ti assale e ti butta giù
Che bella la mia gioventù
Era dagli anni ’70 che la rugiada non veniva più scomodata in qualche canzone (Cristina D’Avena esclusa).
Al mio paese si balla, si balla, si balla
in questa notte un po’ ruffiana di luna piena
al mio paese c’e festa che festa che festa
tutti in piazza ed affacciati alla finestra.
Rivoglio il mio paese la chiesa le case
e la maestra che coltiva le sue rose.
rivoglio il mio paese, la vecchia corriera
che risaliva lenta sbuffando a tarda sera.
Mmm, che quadretto davvero invitante! In questo piccolo mondo antico Toto ha dimenticato solo l’osteria dove si gioca a briscola tra un bicchiere di rosso della casa e l’altro e poi ci sono tutti i luoghi comuni della vita di paese.
Non vorrei rovinarti i programmi, caro Toto, ma temo che la tua maestra che coltivava le rose sia ormai morta e sepolta.
Memorabile la strofa dove il cantante ci informa che: “Voglio ritornare alla campagna, voglio zappar la terra e fare legna”. Braccia rubate all’agricoltura!