Affermare che la italo disco da classifica e non sia un genere influente ancora oggi (da Sally Shapiro passando per i Röyksopp, fino alla superdiva Lady Gaga) è come scoprire l’acqua calda. Dai primi anni ’90 fino al relativamente recente revival, il ricordo di questo genere musicale è stato mantenuto vivo non solo dagli appassionati, ma soprattutto dal mondo gay che con orgoglio e autoironia si è sempre dichiarato “colpevole” nell’ammirare senza riserve quel mondo estetico-musicale che oggi, rimasticato, ci viene ridato in pasto.
Non è un caso quindi che nel 2003, quando ancora ci stavamo riprendendo dal ciclone Eiffel 65, l’artista svedese Tobias Bernstrup, dopo qualche singolo autoprodotto, fece uscire dal cilindro questo “Ventisette” (stampato rigorosamente in vinile), omaggio all’Italia e alla sua musica da ballo.
Quasi inevitabilmente qui siamo in territori italo gay disco il cui unico scopo è il tributo a certe sonorità ripescando suoni, ritmiche ed arrangiamenti “80’s made in Italy”. Sin dal primo giro di synth capiamo immediatamente che cosa ci troviamo di fronte e la cassa bella dritta e secca che non tarda ad arrivare non fa che confermarcelo: puro citazionismo revivalistico, che fa suonare il tutto come una qualsiasi canzone italo disco, ma è esattamente questo lo scopo prefissato.
Archiviato l’atto d’amore per il genere musicale di riferimento, passiamo al testo che è un po’ il cuore del discorso, azitutto perchè è un rovesciamento di quanto accadeva negli anni ’80, quando improvvisamente tutti si fingevano anglofoni con nomi surreali e pronunce disparate e disperate (tanto nessuno capiva nulla) ed in secondo luogo perchè qui troviamo in nuce l’idea che riprenderà (estremizzando fino alla parodia) il nostrano Immanuel Casto: testi “spinti” a sfondo omosessuale che non lasciano posto all’immaginazione, ma con un linguaggio mai volgare.
Ecco quindi che senza giri di parole il nostro declama i suoi appetiti sessuali:
Ventisette
bel ragazzo di provincia
cercando un’avventura stanotte,
vieni abusa di me.
Voglio uno o più ragazzi
che mi prendano duramente.
Puoi viziarmi
puoi comprarmi
abiti sexy e ti lascerò fare
quello che vuoi.
Voglio uno o più ragazzi
che mi prendano duramente.
Difficile a crederci, ma questa roba funziona, sarà per l’italiano dal forte accento straniero (e un po’ effemminato) che ricorda vagamente Amanda Lear o semplicemente per la commistione tra musica e parole, talmente ridicola da riuscire a farsi apprezzare. In realtà questa versione è un adattamento del brano originale pubblicato l’anno precedente in inglese con un titolo non dissimile (“27”), uno dei pochissimi casi in cui la traduzione e la pronuncia incerta sono un valore aggiunto all’opera.