enzo ghinazzi pupo La-Mia-Preghiera

La preghiera di Pupo, ripescato a Sanremo 1992

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Pupo La mia preghieraLa crisi mistica coglie puntualmente molti personaggi dello spettacolo, guarda caso proprio quelli che hanno bisogno di reinventarsi per dare una svolta alla loro carriera in inesorabile declino… Ma non è dato a noi indagare, come non è dato chiedersi che cosa, se non una folgore proveniente dal cielo, abbia spinto la commissione selezionatrice del Festival di Sanremo del 1992 ad accogliere proprio Pupo come ripescato di lusso.

La mia preghiera infatti arriva proprio in extremis al XLII Festival di Sanremo (come ci ricorda la tristissima copertina bianca che ci fa intuire un budget di produzione prossimo allo zero) dopo la mai troppo rimpianta estromissione dalla gara di Me gusta il movimento dell’inarrestabile Jo Squillo perché già edita, ma questa è un’altra storia, infatti noi parliamo di tale Enzo Ghinazzi! Voi direte «Chi?» Eppure Enzo, passato glorioso alle spalle (se di gloria si può parlare) decise un giorno di (ri)apparire col suo vero nome, liberandosi del più ingombrante nomignolo d’arte di Pupo, così come fece nel 1987 in occasione del 45 giri Amore italiano.

Nel 1992 è quindi la volta di Enzo Ghinazzi alias Pupo che in piena crisi commerciale decide di riciclarsi come può, lanciandosi in un’operazione forse in anticipo sui tempi, perché le apparizioni del Santo di turno salveranno dall’oblio molti personaggi dello spettacolo a partire proprio dell’anno successivo con Renato Zero e la sua Ave Maria che rimise in sesto la sua carriera e il conto in banca.

Quanto alla canzone, (miracolosamente) eliminata subito, trattasi, guarda un po’, di un’accorata preghiera e non potevamo aspettarci altrimenti conoscendo bene lo stile didascalico del cantautre toscano.

Dopo un avvio da tastiera della messa domenicale, Enzo si rivolge al «grande architetto» (non è che sotto sotto il nostro Pupo sia un massone?)  e non pago di molestarlo con un discutibile «so che tu mi ascolti e che non dormi mai» (neanche noi, dopo averlo sentito, in verità) si straccia le vesti con versi di dulciniana memoria «ritorna un po’ fra noi ormai siamo tutti sporchi e pieni di avidità e sono già secchi i pozzi dell’acqua dell’umiltà» in un crescendo destinato a sfociare nel gospel.

Abbastanza contestualizzato sentire questi versi declamati da un cantante che ha dichiarato in passato di essere malato di sesso, di essersi bruciato tutto quello che aveva per il vizio del gioco e di essere felicemente bigamo. Grazie, ma a questo punto preferiamo l’ultimo disco Porno contro amore.

La mia preghiera

E per una volta ancora
Dal tempio del cuore mio
Io canto la mia preghiera
Al grande architetto, a Dio
Io so che tu mi ascolti
E che non dormi mai
Io so che tu ci ami
Se siamo figli tuoi
Ritorna un po’ fra noi
Ormai siamo tutti sporchi
E pieni di avidità
E sono già secchi i pozzi
Dell’acqua dell’umiltà
Per questo mio Signore
Non aspettare più
Illumina di amore
Il buio dove noi siamo caduti ormai
E la tua luce sarà la salvezza
La nuova luce sarà
Nella tua luce sarà la speranza
La nuova luce sarà
Per quelli che hanno fame
Per chi non ne può più
Di tutte queste infamie
Di guerre fra di noi
Che siamo figli tuoi
E la tua luce sarà
E per una volta ancora
Restiamo sospesi noi
Al filo di una preghiera
Con l’acqua alla gola ormai
Per questo mio Signore
Non aspettare più
Illumina di amore
Il buio dove noi siamo caduti ormai
E la tua luce sarà la salvezza
La nuova luce sarà
Nella tua luce sarà la speranza
La nuova luce sarà
E la tua luce sarà la salvezza
La nuova luce sarà speranza
E la tua luce sarà la salvezza
La nuova luce sarà
E per una volta ancora
Dal tempio del cuore mio
Io canto la mia preghiera
Al grande architetto
E la tua luce sarà la salvezza
La nuova luce sarà
Nella tua luce sarà la speranza
La nuova luce sarà
E la tua luce sarà la salvezza
La nuova luce sarà
Nella tua luce sarà la speranza
La nuova luce sarà
E la tua luce sarà

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