Flavia Fortunato (mi si perdonerà il facile gioco di parole) ha percorso senza particolare fortuna un decennio della canzone italiana, alternando una misteriosamente lunga lista di partecipazioni al Festival di Sanremo e comparsate televisive (Discoring, Buona Domecnica, Giochi Senza Frontiere, Tappeto volante) fino a quando qualcuno non si è accorto che non era più il caso di averla in gara ogni anno, decretando così la fine della sua carriera.
In realtà non la si può neppure accusare di particolari nefandezze: Flavia Fortunato era la classica cantante di cui ci si dimenticava per tutto l’anno finché non ritornava il Festival e lei con lui. Forse l’unico acuto degno di nota è quando nel 1988 si presentò in gara coi capelli corti e un microvestitino, ma nulla di più.
Agli esordi comunque confezionò questa pregevole Casco Blu che si mantiene in linea con il resto della sua produzione discografica e di cui ovviamente, come di tutto il resto, non è rimasta traccia.
L’arrangiamento è un synth-pop di pregevole fattura (non a caso il brano è firmato da autorevoli musicisti tra cui Massimiliano Di Carlo, già al lavoro con David Zed, Gary Low e molti altri). Il testo tuttavia non è esattamente pura poesia.
La cantante calabrese racconta l’annoso problema delle compagne dei piloti di Formula 1; donne ricche, sole e disgraziate che hanno scelto come compagni questi drogati di motori e velocità che giocano con la morte a ogni curva. Ed ecco che “go” inizia il Grand Prix e il suo amato che indossa un “casco blu” schizza via mentre lei resta sola e corrucciata ad aspettare di rivederlo sbucare al prossimo giro. La nostra ci prova a dissuaderlo con un poco convincente “perché lo fai” che infatti non porta l’esito sperato.
Tutta questa pena, questo struggersi per l’amato si traduce in un ritornello patetico in cui con un colpo di genio artistico Flavia non può fare di meglio che ripetere l’onomatopeico e fastidioso “tic tac”: “Tic tac, tic tac / ed è Grand Prix / tic tac, tic tac / perché non sei qui?”
A pensarci bene però questo indimenticabile ritornello è, oltre al groove irresistibile, l’unico motivo per cui dopo tanti anni parliamo ancora di questa canzonetta.
Casco Blu
Un presentimento che
mi fa correre da te;
aspettami, aspettami…
La mia mente – un turbine,
la paura dentro me;
perdonami, perdonami…
È tardi per fermarti –
già sei pronto per la giostra…
Non partire, dove vai?
Stai rischiando e tu lo sai.
Perché lo fai, perché lo fai?
Mani salde, casco blu,
con il cuore a pezzi tu
non cerchi me, non cerchi me…
Motori che ruggiscono,
la luce verde «Go!»
Tic tac, tic tac,
ed è Grand Prix;
tic tac, tic tac,
perché non sei qui?
Tic tac, tic tac,
la giostra che va;
tic tac, tic tac,
la folla non sa
che c’è una donna sola
ad aspettare un casco blu…
Tic tac, tic tac,
ed è Grand Prix;
tic tac, tic tac,
perché non sei qui?
Tic tac, tic tac,
la giostra che va;
tic tac, tic tac,
la folla non sa
che c’è una donna sola
ad aspettare che ritorni un casco blu…
T’ho gridato in faccia «addio» –
che rimorso, amore mio,
e te ne vai, e te ne vai…
Questa pista – una pazzia,
per orgoglio getti via
la vita tua, la vita tua…
Non passa più quel casco blu,
un urlo di sirena…
Tic tac, tic tac,
ed è Grand Prix;
tic tac, tic tac,
perché non sei qui?
Tic tac, tic tac,
la giostra che va;
tic tac, tic tac,
la folla non sa
che c’è una donna sola
ad aspettare un casco blu…
Tic tac, tic tac,
ed è Grand Prix;
tic tac, tic tac,
perché non sei qui?
Tic tac, tic tac,
la giostra che va;
tic tac, tic tac,
la folla non sa
che c’è una donna sola
ad aspettare che ritorni un casco blu…