Se c’è una cosa che ci ha insegnato questo infausto 2020 è che non dobbiamo mai e poi mai abbassare la guardia. L’argomento che affronteremo oggi ne è l’ennesima riprova. Siamo a dicembre, più o meno chiusi in casa a seconda della regione in cui ci troviamo, fuori c’è la nebbia e le case sono quasi pronte per Natale. Poche certezze fra le quali quella di essersi messi alle spalle l’estate e la sua ondata di irritanti canzoni reggaeton. E invece no, perché il 6 novembre Stefania Orlando ha pensato bene di pubblicare Babilonia destabilizzando le nostre già fragili sicurezze.
Il pezzo, uscito mentre la Orlando stava partecipando al Grande Fratello VIP, è un compendio talmente perfetto di tutti i pezzi reggaeton italiani usciti finora che sembra scritto con un generatore automatico di canzoni del genere. Il testo scritto insieme a Nicolò Angelo Santi (in arte Nartico, giovanissimo cantante pop/rap con all’attivo il solo singolo Il mondo per 10 minuti) riesce probabilmente a battere il record di cliché presenti in una canzone. Non manca niente: negroni, moscow mule, jet-lag, sabbia, mare mosso, libri di Bukowski, maglie dei Rolling Stones, feste in spiaggia, Chanel, viaggi e balli fino a notte fonda. La cosa meno banale è senza dubbio la notevole rima rivoluzione/birra al limone. Niente male anche il verso «portami adesso a vedere l’alba, come King Kong sui tetti di New York».
Nel giorno dell’uscita Babilonia è stata anche trasmessa nella casa del Grande Fratello con camera fissa su Stefania Orlando, all’oscuro del fatto che fosse stata pubblicata, per coglierne la reazione. Nel video si vede chiaramente come le prime note non suscitino in lei la minima reazione (e come avrebbero potuto essendo uguali a quelle di altre decine e decine di canzoni reggaeton). Parte il primo verso «le luci del tramonto, le fate del jet lag, da tanto sto cercando l’isola che non c’è» e lei resta ancora impassibile. Solo al successivo «negroni o moscow mule, non so decidi tu» si rende conto che si tratta della sua canzone e si accende. Nel video in questione è presente anche uno degli hand-clapping più tristi di sempre ad opera di Paolo Brosio, che può ricordare il trasporto con cui Bob Dylan cantava We Are the World.
Babilonia però non è affatto un’incursione estemporanea di Stefania Orlando nel mondo della musica. La conduttrice infatti ha alle spalle una carriera da cantautrice che parte da lontano e che andrò qui a raccontare sopportando stoicamente le occhiate di commiserazione mista a schifo che la gente in casa mi lancia mentre ascolto tutti i suoi pezzi.
La sua prima prova canora risale al 1996, anno in cui partecipa alla trasmissione di Telemontecarlo Retromarsh!!!. Affiancata da Zuzzurro e Gaspare, Gianfranco D’Angelo, i Trettrè e Francesco Salvi interpreta la signora Tettamanti e legge alcune freddure mettendo in mostra ciò che il nome del suo personaggio lascia ampiamente intendere. Le musiche della trasmissione sono curate da due capisaldi del progressive italiano come Franz di Cioccio e Patrick Djivas. E tornando proprio alla musica, il primo pezzo di Stefania Orlando è E allora canta, scritto da lei insieme a Giancarlo di Maria, Gianmarco Gualandi (Le tagliatelle di nonna Pina) e Franz Campi (Banane e lampone). Alla produzione troviamo Gianfranco Borgati e Andrea Roncato, all’epoca compagno (poi marito, infine ex) proprio della Orlando. Su una base pop che non lascia traccia nella memoria viene raccontata la fine di una storia e la speranza che comunque è insita nell’amore. A fronte di un ritornello molto banale («dentro all’amore si ha una faccia migliore») le strofe regalano stralci di disperazione riassunte in versi come «non ci sappiamo più accettare, non ci facciamo mai scoprire» e soprattutto nello struggente verso è «finita un’altra storia e ci ritroviamo soli con le scatole di tonno divorate verso l’una».
Per oltre dieci anni questa canzone resta un caso isolato. Fino al 2007, quando Stefania Orlando torna al suo vecchio amore. Accompagnata dalla Sex Machine Band ci regala ben due pezzi nuovi scritti con la collaborazione di Francesco Morettini, Luca Angelosanti e Paolo Paolacci: Sotto la luna e L’aria dell’estate. I pezzi godono di un certo successo; in particolare il primo, che viene scelto come sigla di Quelli che il calcio… e viene passato spesso a Viva Radio Due di Fiorello. Su una base un po’ dance e un po’ latineggiante anticipa alcuni temi che riprenderà nella recente Babilonia: sole, feste in spiaggia, falò, vento, amori estivi. Tutto riassunto nell’irresistibile ritornello da festa in piazza «Sotto la luna la cera si consuma. Oh mamacita che caldo che fa». Del pezzo esiste anche una versione anni disco anni ’70 che però anni ’70 non è per niente.
L’aria dell’estate, aggiunge poco o niente a quanto già detto prima: è estate, «siamo anime sole», Stefania Orlando ha sete di qualcuno perché «l’aria dell’estate ci fa pensare cose esagerate». Imperdibile al minuto 2’30” l’assolo di chitarra meno rumoroso della storia. La carriera musicale della soubrette sembra poter decollare ma non sarà così.
L’anno dopo conduce Festival Show e compare anche in una puntata di Don Matteo, ma soprattutto incide anche il suo nuovo singolo Marimbabà, che parla della voglia di mollare tutto e scappare su un’isola per non tornare più indietro. L’isola in questione è appunto la Marimbabà del titolo, che non esiste ma stando a quanto dichiarato dalla Orlando rendeva bene l’idea di un paradiso esotico. Per il brano si fa accompagnare dagli Orlandi Furiosi, la sua nuova backing band con cui quell’anno va anche in tour. Simone Gianlorenzi, che del gruppo è il chitarrista, diventerà poi il suo compagno. Musicalmente il pezzo si muove in pieno territorio latino/estivo. C’è solo un piccolo problema: esce a maggio, che non è come far uscire un canzone reggaeton a novembre ma poco ci manca. Qualche anno dopo sente l’esigenza di girare anche un video. E non si limita a girarlo, ma lo interpreta e lo monta da sola dimostrandoci, come se ce ne fosse bisogno, di essere un’artista poliedrica.
Il 2009 è un anno importante per Stefania perché esce il suo primo, e ad oggi ultimo, album: Su è giù. Lo distribuisce la Nar International e all’interno conta otto brani tra cui ritroviamo L’aria dell’estate e Sotto la luna, presente anche in versione spagnola come ultima traccia. Ci sono poi È l’uomo per me, cover di Mina, l’anonimo pezzo da night Arrivi giovedì e Balla, perfetta per incendiare il palco di un dancing della riviera romagnola in bassa stagione e anche le articolazioni degli ottuagenari che lo frequentano. Ma la vera chicca del disco è Per questa vita. Sì, perché dopo Serge Gainsbourg e Jane Birkin, Lee Hazlewood e Nancy Sinatra e Nick Cave e PJ Harvey ci troviamo di fronte a una nuova coppia enormemente iconica: Stefania Orlando e Andrea Roncato, che passa dal «ci do che ci do che ci do» degli anni ’80 a «ora stringimi come dovessi amarmi una vita». Imprescindibile.
Del 2011 è l’accoppiata A Troia / Crazy dance. Il primo è un pezzo dance-rock vagamente impegnato che al primo ascolto mi aveva fatto venire in mente, con i dovuti distinguo, Donatella Rettore. È la stessa Orlando che in un commento sotto al video rivela che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere proprio la Rettore a interpretare A Troia. Le ha scritto per proporglielo ma lei non ha mai risposto. Nelle intenzioni dell’autrice dovrebbe essere un pezzo di denuncia contro «l’attuale sistema corrotto, l’eclissi di valori e la mancanza di meritocrazia»; descrizione che rende bene la confusione che regna sovrana, con a farla da padrone versi del calibro «non far valere un’opinione, che la befana poi ti porta il suo carbone» e «a Troia con gioia incontri il tuo boia». Per gli aficionado esiste anche una versione remixata in chiave dance tamarra.
Con Crazy Dance invece ci troviamo di fronte un cocktail che frulla ritmi anni ’80, suoni tropicali, dance di quart’ordine, passi di danza da recita scolastica e un insensato assolo di banjo (sì, banjo) nel finale. Il tutto accompagna un testo stupidino («you are my Elvis so move the pelvis») cantato in un inglese non propriamente oxfordiano. Insomma l’anello di congiunzione tra le sagre paesane e Gianni Drudi. Anche in questo caso Stefania Orlando gira, monta e interpreta il video casalingo che accompagna la canzone con tanto di spogliarello integrale per la gioia dei suoi fan.
L’anno successivo arriva il nuovo singolo Frappè che la riporta sui più consoni lidi estivi e spensierati già dalla copertina, dozzinale lavoretto di Photoshop dai chiari richiami anni ’80, gli stessi che spadroneggiano nell’arrangiamento di matrice italo-disco con sonorità aggiornate al 2012. Non si tratta però della solita canzoncina d’amore balneare “sole, cuore, amore”, qui ci troviamo di fronte, né più e né meno, al sogno erotico di un’allegra ultra-quarantenne che, in assenza del suo lui, casualmente s’imbatte in un’altra splendida fanciulla e prova un inusuale prurito sessuale. Che si tratti di un racconto autobiografico o di un banale sotterfugio per stuzzicare i maschietti italiani non ci è dato sapere.
Sempre nel 2012 è Vita bastarda, titolo condivisibile per un pezzo che la stessa Stefania Orlando definisce «un brano rock dalle sonorità British». Effettivamente si tratta di un brano che si allontana da ciò a cui ci aveva abituato finora, però chiariamolo subito: la cosa più britannica della canzone è probabilmente la campagna che si vede nel video. Arrangiato e prodotto da Simone Gianlorenzi, Vita bastarda è l’inno femminista della soubrette che vuole spronare le donne vittime di violenze e quelle semplicemente imbrigliate in vite che non sentono loro a emanciparsi ed essere finalmente libere e felici. Insomma, le intenzioni sarebbero anche alte e nobili ma tutto si traduce in un testo banalissimo.
Omologazione esce nel 2013. Testo e musica della Orlando e arrangiamento ancora di Simone Gianlorenzi. Siamo nuovamente nel campo della denuncia spicciola su base electro. Stavolta la novella Savonarola se la prende con l’atrofizzazione dei cervelli causata da calcio, reality, politici, chirurgia, YouPorn, Fabrizio Corona, Sanremo, Instagram e Barbara d’Urso. In altre parole è un’accozzaglia di cose buttate lì un po’ a casaccio che trova il culmine in questi versi scomodissimi:
Parlare di omicidio distoglie l’attenzione da una attenta analisi dalla rivoluzione
Siamo le gambe di quest’Italia, sarebbe meglio tenerle chiuse,
Siamo la bocca che non si apre di fronte a tanta disonestà
Siamo la colpa di quest’Italia, siamo il dolore siamo il fetore,
siamo la lingua del compiacere che non pretende una dignità
https://www.youtube.com/watch?v=x5BgBSJ23iI&ab_channel=StefaniaOrlando
Nel 2014 è ospite in Favola, singolo di Fernando Alba. Si tratta di un brano electro-pop che lascia il tempo che trova. Sempre nel 2014 delizia i suoi fan con un omaggio natalizio: Jingle Bell Rock. È la peggior versione della canzone mai incisa? Certo che no, ma non per questo se ne sentiva la mancanza. Come di consueto viene girato anche un video che ci mostra la Orlando cantare il pezzo su alcuni sfondi digitali che sembrano usciti direttamente dai pacchianissimi biglietti di Natale in cui i nostri parenti infilavano le mance quando si era piccoli.
Passa un anno ed è la volta di Legami al letto. Qui la Orlando abbandona le velleità di protesta e su una base electro-rock si lascia andare a un testo più nelle sue corde: si rivolge a un uomo, un amico, che a quanto pare non è troppo interessato all’articolo. Lei però immagina di farci l’amore e anche di farsi sottomettere come viene esplicitato nel verso «legami al letto, senza rispetto. Sogno la scena, sei la mia catena». Il video, anche questa volta molto povero di mezzi, la vede muoversi su una scacchiera gigante. Mi sfugge il nesso con la canzone, posso solo supporre che giocare a scacchi sia la cosa più intima che riesce a fare con l’amico che non la caga.
Nel 2016 escono due pezzi, gli ultimi della sua discografia: Prima di lunedì e Kiss. Il primo è nuovamente un featuring con Fernando Alba e fa parte della colonna sonora del film omonimo. La pellicola è diretta da Massimo Cappelli e può vantare un cast decisamente rocambolesco: Vincenzo Salemme, Fabio Troiano, Martina Stella, Sandra Milo e Sergio Múñiz. Potete tranquillamente evitare di vederlo.
Prima di lunedì (scritta a sei mani da Stefania Orlando, Fernando Alba e Simone Gianlorenzi) parla del rapporto degli adulti col passato e con la leggerezza tipica dell’infanzia. O, per dirla con le sue parole «il presente non è che il futuro del nostro passato». Degna di nota la citazione di Quanto t’ho amato di Roberto Benigni piazzata prima del ritornello.
L’altra canzone, Kiss, è una cover acustica del successo di Prince con tanto di video bucolico. L’inglese è quello maccheronico di sempre, ma almeno l’arrangiamento (sempre opera del suo compagno) non è male.
Con questa e con la recente Babilonia termina la produzione musicale di Stefania Orlando. Quasi certamente non si tratta di un capitolo chiuso e in futuro, se ci farà dono di altre sue composizioni, saremo prontissimi ad aggiornarvi.
Discografia
- 1996 – E allora canta (CD singolo promozionale)
- 2007 – Sotto la luna (CD singolo come Stefania Orlando & Sex Machine Band )
- Sotto la luna
- L’aria dell’estate
- Sotto la luna (base karaoke)
- L’aria dell’estate (base karaoke)
- Sotto la luna (Rmx ’70)
- 2008 – Marimbabà (CD singolo)
- 2009 – Su e giù (CD)
- Su e giù
- Per questa vita (feat. Andrea Roncato)
- Sotto la luna
- Arrivi giovedì
- Balla
- È l’uomo per me (Mina cover)
- L’aria dell’estate
- Bajo la luna (versione bachata)
- 2011 – A Troia (singolo digitale)
- 2011 – Crazy Dance (singolo digitale)
- 2012 – Frappè (singolo digitale)
- 2012 – Vita bastarda (singolo digitale)
- 2013 – Omologazione (singolo digitale)
- 2014 – Favola (CD singolo promozionale, Fernando Alba feat. Stefania Orlando)
- 2014 – Jingle Bell Rock (singolo digitale)
- 2015 – Legami al letto (singolo digitale)
- 2016 – Prima di lunedì (singolo digitale, Fernando Alba feat. Stefania Orlando)
- 2016 – Kiss (singolo digitale, Prince cover)
- 2020 – Babilonia (singolo digitale)