Nel V canto dell’inferno Dante colloca Minosse e gli affida il compito di ascoltare il povero dannato che gli si para davanti per decretarne la pena, cingendolo con la sua coda, tante volte quanti sono i cerchi che il poveretto è condannato a discendere nell’inferno.
Analoga figura deve sicuramente aggirarsi nel mondo del music business: da qualche parte si deve nascondere un discografico che riceve l’ennesima artista più o meno disperata, la quale ha davanti solo l’abisso della fine della carriera, l’ascolta lagnarsi del successo che fu e che non c’è più e quindi la punisce a suo insindacabile giudizio affibbiandole una o più canzoni di Cristiano Malgioglio.
Non riusciamo tuttavia a capire quali siano le colpe che Rosanna Fratello deve avere raccontato al Minosse discografico in questione, quando sul finire degli anni ’70 e con alle spalle una carriera praticamente conclusa, si è posta davanti a tale figura ricevendo la pena tremenda e spietata non solo di puzzare di vecchio per tutto il resto della propria storia artistica, ma anche di cadere a più riprese nelle spire dello sgargiante paroliere siculo.
Rosanna infatti finisce schierata praticamente da subito nelle prime operazioni nostalgia e non se le schioderà mai più di dosso. Da Premiatissima su Canale 5 (dove, a 35 anni, cantava con due giovincelli come Bobby Solo e Little Tony nella tremenda formazione dei Ro.Bo.T.) alle varie Rotonda sul mare e via discorrendo. Sebbene sia sempre stata indiscutibilmente una bellissima donna (se fossi meno elegante direi un gran pezzo di figliola) la sua condanna è sempre la stessa: stare in mezzo a cariatidi varie più o meno ansimanti, fino al colpo di grazia di San Remo 1994, quando, pur di tornare all’Ariston è stata anche capace (costretta?) di infilarsi nell’agghiacciante operazione denominata Squadra Italia.
In tutto questo declinare ovviamente il caro Minosse non si è certo mai dimenticato di far bussare alla porta della povera Rosanna il perfido Malgioglio, già suo autore nei primissimi anni ’80. L’ultimo pegno, prima dell’agognata pensione, non poteva non essere l’ennesimo sospirato ritorno in grande stile (alzi la mano chi ne ha avuto notizia). Stiamo parlando di Tre rose rosse, solita raccolta di successi e qualche inedito, con copertina patinatissima in stile veglione di San Silvestro e la produzione artistica proprio di Cristiano Malgioglio in carne, ossa, occhiali e foulard.
Tre rose rosse è anche il titolo del brano inedito in cui la nostra protagonista si lancia con fare seducente verso il suo amato su un ritmo latineggiante che meglio rende la sensualità dell’interprete: in poche parole, una delle solite canzoni fotocopia di Malgioglio, instancabile autore che, a dispetto di una vena creativa esauritasi da circa 30 anni, continua ad ammantarsi del ruolo di paroliere.
Se la musica sa di già sentito e risentito mille volte, il testo offre un incipit niente male in cui la protagonista si dichiara disponibile a far l’amore davanti a tutti (col dovuto rispetto e nella piena ammirazione della bellezza di Rosanna Fratello, mi permetto di ricordarle che nel 2011 di primavere ne contava 60) e le solite rime «mi fai sentire bene, mi fai sentire male, ma mi fai sentire», mi fai sentire cosa Rosanna? Spiegacelo!
Anche se sappiamo bene che la nostra è una donna ma non una santa, ci pare lievemente fuori luogo.