Sono onesto: nutro un’invidia infinita per Federico Zampaglione, uno che ha raggiunto fama e successo con le canzonette dei Tiromancino, che si porta a letto la bella Claudia Gerini e come hobby fa il regista di film horror.
Oggi, per qualche strana ragione, Zampaglione si è messo in mente di rilanciare nel moribondo mercato discografico un certo Richard Benson. Ai più noto come esilarante fenomeno del web da oltre un lustro, ma dal pedigree più interessante che parte dal rock progressivo italiano minore (inciderà un disco con i Buon Vecchio Charlie nel 1971), e prosegue sulle emittenti radio-televisive capitoline, dove diffonde il verbo dell’hard rock e dell’heavy metal in una sconfortante scena musicale italiana dove questi generi erano davvero di nicchia.
Poi negli anni ’90 il chitarrista-poeta perde la bussola e i capelli (che rimpiazza senza problemi con vistosi parrucconi): prima improvvisando concerti che si trasformano in performance sgradevoli tra amplessi simulati, pacchiane finte automutilazioni e insulti, cui seguono gravi problemi di salute che ne trasfigureranno inesorabilmente il corpo, il look e la mente.
Richard Benson con la diffusione di internet diventa ben presto un’icona “trash” e finalmente tutta Italia può godere dei suoi interventi televisivi e delle registrazioni amatoriali fatte ai suoi concerti. Qui del Benson musicista non c’è già più traccia: un uomo che vive in un mondo parallelo fatto di immaginarie collaborazioni con star della musica rock internazionale, concerti oceanici negli Stati Uniti avvenuti solo nella sua mente e sporadiche esibizioni live che si trasformano in veri e propri happening con lancio di cibo e quant’altro sul palco con un Benson che, tra urla e bestemmie, insulta pesantemente il pubblico sempre numeroso.
Se lasciamo perdere le canzoni farlocche che millanta di aver registrato, il nostro in tutti questi anni produce musica con il contagocce: giusto un paio di singoli a metà anni ’80 (“Animal Zoo” del 1983 una sorta di sbandata italo disco e “Renegade” del 1984) che finiscono immediatamente nel dimenticatoio e solo nel 1999 il primo album “Madre Tortura”.
O Zampaglione è davvero annoiato oppure crede veramente di poter farci un po’ di soldi, oppure la Gerini è una rompicoglioni tale che il pover uomo cerca qualsiasi scusa pur di non rimanere a casa.
Fatto sta che arriviamo ad oggi a questo fiammante “L’Inferno dei Vivi”, 8 tracce al limite dello spoken word. Richard Benson ci regala le sue sordide poesie visionarie cui Zampaglione ha il compito di ricamarci trame sonore a volte piacevoli a volte ridicole.
L’incipit della title track è ottimo: suoni sinistri che sembrano presi in prestito da qualche colonna sonora di un film horror. Poi arriva la voce profonda e inconfondibile di Richard Benson che declama i suoi versi “infernali” in odor di gnosticismo, purtroppo arrivati a metà il tutto si trasforma in una prevedibile baracconata. Peccato.
A ruota arriva il singolo di lancio: “I Nani”, scelta semplice perché, di fatto, si tratta dell’unico brano dalla forma canzone. 3 minuti e 50 secondi di fuffa: base elettronica ridicola, testo al limite del demenziale involontario e assolaccio pasticciato di chitarra giusto per ricordarci che l’interprete è/era un chitarrista rock. Vabbè.
Il disco potrebbe finire qui, ma purtroppo ci aspettano altri 6 brani: “Succhiavo Olio di Croce”, “Malleus Maleficarum” e “Il Sale di Satana” sono brani fotocopia: base dall’atmosfera sinistra e vaneggiamenti bensiani recitati. Prendere o lasciare.
Quello che rimane è però assai peggio, un crogiolo di vaccate senza se e senza ma: in “Sangue” Richard Benson accenna a canticchiare qualcosa (tra l’altro male) tra urla (apparentemente qullo che gli riesce meglio) e un insistente riff di basso in sapor di funk, “Vi Dovete Spaventare” potrebbe essere stata scritta da Trent Reznor post lobotomia, ma il peggio è “De Prufundis” che ovviamente non c’entra nulla con l’opera di Oscar Wilde (e per fortuna diciamo noi), più che altro un pastrocchio imbarazzante: riff pseudo alternative metal, urla strazianti, grugniti (purtroppo per il duo Zampaglione-Benson il death metal è altra cosa) e il solito assolo di chitarra impreciso e posticcio.
Rimane un unico grande dubbio: perché tutto questo?
I fan meno esigenti del personaggio Benson gli daranno giusto un’ascoltata su Spotify, ma al secondo sbadiglio torneranno prontamente a cercare i suoi video su YouTube, i metallari che da ragazzini guardavano le sue video recensioni non troveranno nulla per le loro orecchie (qui di metal, ma anche di rock, non c’è praticamente nulla). Quallo che è certo è che qui del Richard Benson folle, sanguigno, istintivo non c’è traccia.
Di cosa si tratta allora? Un diabolico scherzo? Oppure solo il passatempo di un quarantenne annoiato? A voi la riposta.
Tracklist:
01. L’Inferno dei Vivi
02. I Nani
03. Sangue
04. Succhiavo Olio di Croce
05. MalleusMaleficarum
06. De Profundis
07. Vi Dovete Spaventare
08. Il Sale di Satana