A Natale siamo tutti più buoni. Non c’è balla più grande di questa. In realtà a Natale siamo tutti più nervosi perché vorremmo essere più buoni! Che cosa spinge l’essere umano verso questa forma di buonismo da quattro soldi? Sicuramente non Gesù bambino che, se potesse, uscirebbe dal presepe per menarci tutti. Il vero problema, che poi è anche il vero spirito natalizio contamperoaneo, è la corsa al regalo, cosa assolutamente inutile e non gradita, ma lo sono anche le cene a oltranza con i parenti, i sorrisi forzati e la beneficenza, perché a Natale vorremmo che tutti vedessero quanto siamo bravi e gentili con i più sfortunati e, soprattutto, ipocriti con tutti.
Lo ammetto, un po’ il Natale non lo sopporto, ma mettetevi nei miei panni, quando sono nato, nelle classifiche spopolavano gli Wham!, provate a immaginare il trauma di venire al mondo e sentire per tutti i tuoi primi mesi di vita solo Last Christmas.
Divagazioni a parte, viviamo in una società che è diventata un film natalizio scadente, di quelli dove riciclano attori in declino con la risata finale. Tutto questo è stato reso possibile grazie al cinema, ovviamente, ma anche grazie alle musiche d’ascensore, Mariah Carey, il presepe con Salvini, i politici in vacanza, le resse nei centri commerciali, i mercatini, le luci e gli addobbi già da Ottobre, i regali riciclati, la guerra tra pandoro e panettone (con canditi o senza), la pubblicità.
La pubblicità ha la sua dose di colpe, ma se da un lato ci lasciamo coinvolgere da questi spot, dall’altro li creiamo con il nostro vivere quotidiano. Nascono così slogan divertenti che durano nel tempo, ma anche canzoncine studiate appositamente per portare i testicoli in ebollizione; che la battaglia a colpi di spot tra panettoni e pandori abbia inizio!
Il pandoro Paluani
«Grazie Paluani grazie! Grazie Paluani grazieee!» Paluani tenta la via comica, ma incappa nei Valleluja, gruppo comico passato su Quelli che il calcio…, Bulldozer e Zelig e che, se non riesce a far ridere, sicuramente riesce a staccarsi dalla tradizione di bambini felici che rincorrono Babbo Natale. Sinceramente trovo più simpatico lo spot degli anni ’90 in cui un papà cerca di rendere felice la figlia vestito da Babbo Natale, ma continua a perdere la barba finta. Apostatico
Il panettone Bauli
Dove la Bauli abbia trovato un Barry White bianco, resta ancora un mistero, anche se non credo che la voce della canzone sia la stessa dell’attore nello spot, ma sicuramente funzionava. Prendi un gigante con la faccia da bonaccione, gli fai cantare una canzone divertente e ci infili dei bambini felici che cantano in coro, che a Natale funziona sempre e poi c’è lo slogan, semplice e d’effetto «Baciamoci con Bauli». Poi è successo qualcosa, l’allegria in casa Bauli è stata bandita con l’arrivo di «a Natale puoi». Il brano ormai accompagna tutti i nostri Natali a ricordarci quanto triste possa diventare questa festa. La povera Alicia, la bambina che canta il brano, non credo abbia colpe, ma l’autore del testo, in perfetto stile Sanremese, stilla un elenco di frasi fatte che sinceramente lascia molto a desiderare. Per la serie : si stava meglio quando si stava meglio.
Il pandoro e il panettone Melegatti
«La fortuna lo sai, con Melegatti è più buona che mai!» Il Natale è d’Oro, come lo storico concorso del pandoro Melegatti, con premi vertiginosi, auto di lusso, cucine, pellicce e tanto altro ancora, con dei premi così ovvio che Babbo Natale si demoralizza. Per fortuna c’è Franca Valeri (prima indimenticata testimonial del concorso) ad aiutare il povero grassone a riprendersi e a non cadere nell’alcolismo. Come testimonial dello spot poi si susseguirono Angela Finocchiaro, Milena Vukotic e Gianni Fantoni in un leto ma inesorabile declino, fino ad arrivare al 2007 con niente di meno che un imbolsito Bud Spencer che nelle vesti di Babbo Natale ferma a colpi di cazzotti due malviventi.
Poi la Direzione Marketing del famoso marchio veronese deve essere impazzita; non c’è altra spiegazione per la decisione di prendere Valerio Scanu come nuovo favoloso testimonial. Inesplicabile la scelta di celebrare il 2015 addirittura con un edizione del famoso pandoro fatto letteralmente a immagine e somiglianza dell’ex divo di Amici di Maria de Filippi, riescendo magicamente a unire Veneto e Sardegna nel segno della tradizione dociaria italiana. Nazionalismo decadente.
Il Tartufone Motta
Né pandoro, né panettone; bensì Tartufone! Ovvero una variante del panettone per gli amanti del cacao. «A-ha! Bonsoire mes amis, je suis l’animateur, je suis la mon amor…» Così esordiva un improvvisato sosia (con meno stempiatura) di George Jefferson nella pubblicità del Tartufone Motta (in realtà si tratta dell’attore britannico Derek Griffiths). Una festa chic di Natale con un animatore di colore che pubblicizza il panettone al cioccolato per eccellenza, il tutto giocato su una poco mascherata associazione tra negro e cioccolato. Per qualche ragione ignota il nostro ha una parlantina franco-maccheronica con cui canta «Tartufòn meraviglios uh ah, sé golos, mes amis a vù a vù» per la gioia di grandi e piccini. Lo spot divenne così famoso che venne parodiato nel film Grandi Magazzini. Con gli anni Motta, al pari di tutti gli altri produttori di panettoni e simili, cambia target e il Natale diventa, di nuovo, una festa da passare in famiglia, con un bambino che, esaltandone la morbidezza, mette il panettone dentro al camino come cuscino di sicurezza per Babbo Natale, al grido di: «buttati che è morbido!». Poliglotta.
Il panettone Bistefani
«Ma chi sono io: Babbo Natale?» basta questa frasetta seguita da una semplice musichetta da carillon per richiamare alla mente il panettone Bistefani e sbaragliare la concorrenza. L’industria dolciaria di Casale Monferrato mette insieme una delle coppie più famose della pubblicità italiana (se non la più famosa): l’attore Renzo Rinaldi nei panni del sig. Bistefani e Stefano Gragnani in quelli di Carlo il pasticcere. Per la mia generazione il Natale arrivava appena vedevi in TV il loro indimenticabile sketch con il proprietario scorbutico che sbattendo la mano sul tavolo urla «Ma chi sono io: Babbo Natale?» e magicamente compaivano barba e cappello. Riguardando gli spot mi accorgo poi di alcuni prodotti della Bistefani assurdi, come il pandoro a forma di bottiglia di spumante (!) ma in fondo li perdoniamo. Cult.
Fuori classifica: il Gran Nocciolato Maina
In questa nostra carrellata non possiamo esimerci dal citare fuori classifica questo classico: «Non è buono ciò che è buono. Maina, che buono, che buono, che buono!» Direttamente da Quelli della notte Nino Frassica, con il suo personaggio Frate Antonino di Scasazza, riprende uno dei suoi folli tormentoni «Non è bello ciò che è bello, ma che bello, che bello, che bello», adattandolo alla pubblicità del Gran Nocciolato. Frassica sfoggia tutto il nonsense che l’ha reso famoso riuscendo però a creare uno spot sicuramente più convincente di molti altri. Qualche anno dopo anche Maina lancia il concorso a premi legato all’acquisto, Nino Frassica quindi si trasforma in Babbo Natale e con il suo solito parlare tenta di spiegarlo a dei Babbi Natale stranieri. Mistico.
Avete deciso cosa mangiare? Pandoro? Panettone? Canditi? Ripieno al cioccolato? Se posso darvi un consiglio mangiateli entrambi alla faccia della glicemia, magari spalmandoci sopra un’abbondante crema al mascarpone alla faccia dei trigliceridi!