La storia del Festival di Sanremo è fatta anche di canzoni inspiegabilmente escluse delle selezioni, per colpa di commissioni e di motivazioni legate (chissà?) non tanto all’incompetenza, quanto ai delicati equilibri tra case discografiche.
Alla coppia Balsamo-Reitano si devono i (ne)fasti della precedente edizione del festival in cui presentarono l’assurda Italia, una delle più brutte canzoni di sempre, cantata dall’inossidabile Mino.
Reduci quindi da tale exploit, i due volevano tornare sul luogo del delitto ma senza metterci la faccia per evidente timore di qualche rappresaglia e allora decidono di affidarsi in questa operazione alla cara Orietta che dopo i successi degli anni ’60 e ’70 stava attraversando un periodo non esattamente artisticamente remunerativo, cercando di ritrovare se stessa e il successo proprio a Sanremo, prima con una canzoncina per bambini e poi, proprio con Umberto Balsamo, parlando di guerra nucleare e del futuro dei propri figli al grido di «su mio figlio non metterete le vostre mani».
Nel 1989 la Berti, smessi i panni della mamma preoccupata per il futuro della sua prole, indossa quelli della signora che fa la moralina alla classe politica del tempo, in un pezzo pre-tangentopoli che però cela in sé una mostruosa gaffe.
I poco accorti Mino Reitano e Lorenzo Raggi per voce di Orietta sparano a zero sì contro la classe politica, ma scegliendo come bersaglio quella a livello comunale e per di più di una città balneare: «Non è permesso vivere adesso, senza rubare di qua e di là, un assessore, senza rumore, la villa al mare così farà» e più sotto «Mentre un sindaco strano, firma carte non sa, che sta lì fino a quando fa il gioco degli altri e li arricchirà».
Forse i tre si erano dimenticati che il Festival si svolge in un Comune che si affaccia sul mare e la cui manifestazione canora profuma da sempre di bustarelle, ma ciò non deve essere passato inosservato alla commissione quando ha sentito il brano.
L’indomita coppia Reitano-Raggi nel dubbio spariglia le carte allargando il cerchio, dando ora addosso alla politica corrotta, ora fornendo un gustoso assist a Orietta che può toccare le più giuste corde materne e girare la manovella del suo organetto preferito: «E i ragazzi son persi, non capisco perché. Questa droga dilaga, diventa un’amica fa parte di te».
Balsamo fa quel che può allegando una musica senza lode né infamia, ma palesemente senza alcuna ispirazione e che nella migliore delle ipotesi cita palesemente il suo successo Balla balla di 10 anni prima. In tutta questa miseria è inevitabile quindi l’inno alla musica in cui si rifugia il nostro usignolo di Cavriago, che per qualche strana ragione è una… tarantella, non esattamente autoctona della provincia emiliana, con il ritornello che diventa un invito alla bonomia e alla speranza come nella migliore tradizione della nostra Orietta:
E tarantella dai portami,
dove si può sognare,
dove c’è ancora un giocattolo,
che un bimbo sa inventare.
Dove c’è un uomo dolcissimo,
a farmi innamorare,
dai tarantella convincimi,
che si può ancor cantare.