Nek, quando ancora non era Nek.
Con un look pericolosamente simile a quello di Alberto Tomba, lontano anni luce dai fasti di tormentoni come Laura non c’è e Ci sei tu, il cantautore di Sassuolo conquistò al Festival di Sanremo del 1993 un più che dignitoso terzo piazzamento nella sezione Novità con un brano dal tema davvero scomodo per le benpensanti platee dell’Ariston: l’aborto.
Nek dichiarò che la canzone era ispirata all’esperienza realmente vissuta da un suo amico (sì sì, dicono sempre tutti così…): lui e lei sono giovani, lei scopre di avere una “pagnotta nel forno” e vorrebbe abortire.
A sorpresa lui si rivela molto più responsabile di lei e la convince a tenere il figlio non desiderato. E con quali argomenti! Sentite qua:
Risalirò col suo peso sul petto
come una carpa il fiume.
Mi spalmerò sulla faccia il rossetto
per farlo ridere.
Per lui poi comprerò
sacchetti di pop corn
potrà spargerli in macchina.
Per lui non fumerò
a quattro zampe andrò
e lo aiuterò a crescere.
Lui vive in te
si muove in te
con mani cucciole.
É in te respira in te
gioca e non sa
che tu vuoi buttarlo via.
Già dopo la prima strofa tutte le signore in giuria popolare erano in lacrime, commosse dal senso di sacrificio di questo ragazzo padre che si batte per far nascere il figlio che lei vuole «buttare via». Ma l’arma segreta la sfodera nella strofa successiva:
Per lui non fumerò
la notte ci sarò
perché non resti solo mai.
Per lui lavorerò
la moto venderò
e lo proteggerò
aiutami.
Smetterà di fumare e venderà la moto. Con questa canzone subdola quanto la pubblicità dell’8×1000 alla Chiesa cattolica era impossibile non premiarlo! Coraggiosamente Nek non ha mai rinnegato questo pezzo, inserendolo addirittura nel suo best of L’anno zero.
Per concludere, mi piace ricordare sempre la recensione di questo brano che lessi su non ricordo quale rivista musicale: «un aborto di canzone sull’aborto». Mai definizione fu più azzeccata.