“Siamo meridionali / e abbiamo stati tutti quanti abituati male/ sospettate di noi? Sospettate./ Fate, fate pure, fate come vi pare”.
Inizia così il brano “Siamo Meridionali” di Mimmo Cavallo, un vero e proprio moto d’animo più che una semplice canzone. Ci troviamo infatti davanti a un testo fondamentalmente di denuncia sociale, che però è intriso di una certa ironia, perché con una risata a volte si riesce a riflettere anche meglio e Mimmo lo sapeva più che bene. Lo si capisce subito, dalle evidenti sgrammaticature del testo, che riporta una serie di cliché tipicamente legati agli abitanti del Sud Italia, e lo si sente in un certo modo anche nella melodia, un rock folk piuttosto allegro e piacevole, un po’ sullo stile di Rino Gaetano.
Uscito nel 1980 come 45 giri, il brano fa parte dell’omonimo album d’esordio di Cavallo, lanciato un anno dopo, che ottenne un discreto successo di pubblico e critica, tra cui un riconoscimento al prestigioso Premio Tenco, portando così il cantautore alla ribalta. In realtà Cavallo era già attivo in campo musicale da diversi anni, militando prima in un gruppo musicale e poi iniziando la carriera solista. Originario di Lizzano, in Puglia, il nostro si era trasferito con la famiglia a Torino, salvo poi decidere di tornare nella terra d’origine proprio per coltivare la sua passione per la musica, che l’aveva poi portato a trasferirsi a Roma, dove tra l’altro strinse un rapporto col produttore Antonio Coggio che gli consentì di avere un contratto discografico con l’etichetta CGD.
Da queste poche note biografiche salta subito all’occhio quanto “Siamo Meridionali” fosse nato da esperienze di vita più che sentite del cantautore, che aveva vissuto sulla sua stessa pelle quel fastidioso ostracismo che subiva chi emigrava dal Sud in cerca di lavoro e di un’esistenza migliore. Integrarsi in una città e in un contesto completamente nuovi non era certo facile e spesso si veniva guardati con sospetto, perché si sa i meridionali sono “Neri, brutti, inutili nei / e rumpimm’ ‘e palle peggio degli ebrei” per dirla proprio con le parole di Cavallo. E a proposito delle parole, Mimmo non aveva paura di usarle, soprattutto per dare voce e sfogo a chi non ne aveva la possibilità, ai tanti esseri invisibili di cui è composta la nostra società, utilizzando sempre una cifra stilistica sferzante e mordace.
Il coraggio di Cavallo lo rese un cantautore piuttosto diverso dagli altri, sicuramente una voce fuori dal coro, il che gli portò anche una discreta fortuna. Iniziò infatti a scrivere brani anche per numerosi interpreti, tra cui Mia Martini, Gianni Morandi, Fiorella Mannoia (per cui scrisse “Caffè Nero Bollente”) e di recente anche Giorgia e Zucchero. A partire degli anni Novanta, il nostro si è occupato essenzialmente della composizione di canzoni per altri artisti, salvo poi tornare sul mercato discografico nel 2011, col disco “Quando Saremo Fratelli Uniti”. Nonostante gli anni passati e il successo però, Cavallo rimane sempre fedele al suo io di uomo del Sud, tanto che, sempre nel 2011, collabora con lo scrittore Pino Aprile per la trasposizione teatrale del suo romanzo “Terroni”.