Non ho la minima idea di come io sia entrato in possesso di “Bianco Rosso e Verde” del cantante da sagra Matteo Tarantino che, bontà sua, riesce a coniugare vocalizzi e immaginario di matrice “populisteggiante” presi in prestito dal nostro caro Al Bano con scappatelle di puro divertissement da chierichetto che ascolta in segreto Gianni Drudi.
Faccio fatica a capire come un baldo ragazzone di 30 anni invece di andare a divertirsi con gli amici preferisca frequentare sagre e balere, noto territorio per voraci “femmes over 60”, ma forse il nostro ha capito tutto e probabilmente fa stragi di imeni alla faccia nostra.
La sua terza prova discografica, il cosiddetto “disco della maturità”, è un fetentissimo discaccio da “fiera della brugola” che tra le pieghe dei suoi 14 brani ci regala una manciata di brani che meritano di essere passati sotto la nostra lente d’ingrandimento.
Anzitutto la title track, poetica quanto insostenibile ode all’italica penisola che pesca a piene mani nella melodia generalista degli inni forzisti; sorellina proletaria di “Italia Amore Mio”, che assieme alla mitica “Italia” di Mino Reitano forma un’ideale trinità lirico-canora che il mondo guarda con commiserata invidia.
Nel 150° anniversario dell’unità d’Italia come non citare un ritornello di tale caratura:
“Bianco, come il manto della neve,
come il velo di una donna
che offre a un uomo la sua vita.
Rosso, come il sangue della gente,
la gente italiana che canta con gli amici
la melodia paesana.
Verde, è il colore del mio prato,
dove io ho imparato i passi della vita,
laddove ho incontrato speranza e delusioni.
Italia del tricolore
E nei tuoi cieli la tua bandiera.”
Ignazio La Russa apprezza. Il nostro intestino anche. In fondo nemmeno il re di Cellino San Marco avrebbe saputo fare di meglio.
Altri brani degni di nota sono “Mangia la Mela”, rivisitazione della creazione giocata sui classici stereotipi del rapporto uomo-donna con tanto di velati doppi sensi. Il sesso è invece il protagonista della scanzonata “La Settimana”, vero inno al sesso libero come rimedio ai problemi coniugali di un marito che va sempre in bianco.
Il pezzo forte è però “Anni Vecchi Anni Nuovi” che al grido di “come è bello ricordar le canzoni del passato, anche se io ancora non ero nato” si porge come un vero atto d’amore per le canzoni popolar-populistiche italiane, citate come una sorta di rappresaglia sintattica in tutto il testo: da Rocco Granata a Toto Cutugno, da Vasco Rossi a Pupo, da Lucio Dalla a Renato Zero. “Che fantastiche emozioni musicali, ritornelli che mettevano le ali”. Mai più senza.
Chiudiamo in bellezza con la “La Danza della Panza”, brano telefonatissimo: senza nemmeno ascoltare una singola nota sappiamo già che si tratta del classico ballo di gruppo dal “sabor latino” affrontabile solo dopo aver ingurgitato ettolitri di Tavernello. Traducetela in tedesco e spacciatela sulla riviera romagnola e il successo è garantito.
Disco per speleologi musicali pronti davvero a tutto.
Tracklist:
01. Bianco Rosso e Verde
02. Marinaio
03. Mille Carezze
04. Sposa
05. Balla Signorina
06. Regalami
07. La Danza della Panza
08. Mangia la Mela
09. Mi Manchi Amore
10. Soltanto Applausi
11. Ti Amo da Impazzire
12. Va’ Canzone
13. La Settimana
14. Anni Vecchi Anni Nuovi