Gigi Proietti

Luigi Proietti e Daria Nicolodi ballano il Tango della Morte

Ultimo aggiornamento:

Luigi Proietti e Daria Nicolodi - Tango Della Morte (1979 - 7")Se la morte fosse Daria Nicolodi sarebbe bellissima e se mi chiedesse di ballare un tango sinceramente credo che rifiuterei, ma solo per puro imbarazzo.

Interprete cinematografica prettamente di genere horror e thriller, fu protagonista in Profondo rosso, uno dei film che ha seriamente minato la mia infanzia, ed in una serie di altri lavori, fra i vari anche alcuni del suo caro ex marito Dario Argento (forse a qualcuno sfugge che un tempo l’horror italiano era collocato ai vertici del cinema mondiale di genere; ma questa è un’altra storia, come direbbe il buon vecchio Carlo Lucarelli).

Daria ha fatto della paura il suo regno, esaltandone innumerevoli sfaccettature, fra drammi psicologici ed esoterismo, passando anche per la commedia teatrale. Qui nel 1979 ne La commedia del Gaetanaccio, durante il Tango della morte interpreta appunto la Morte. Assieme a lei, un funambolico Gigi Proietti tenta di sfuggirle, sottraendosi in ogni modo alla stretta fatale, divincolandosi come può, lesto di lingua proprio come un Rugantino, anti-bullo per antonomasia della commedia romana, quello che prendeva sempre le botte, ma si accontentava di avere l’ultima parola. Concetto riassunto in una frase che, da romano d’adozione, mi ha sempre fatto crepare: «Me n’ha date, ma quante je n’ho dette».

Daria Nicolodi in una scena di Profondo Rosso

Proprio la celebre maschera romana è protagonista in qualche modo nella già citata commedia rappresentata nel 1978 al Teatro Brancaccio che narra le disavventure di Gaetano Santangelo, burattinaio di Borgo (quartiere limitrofo al Vaticano) del 1800, famoso per il suo brutto aspetto e per l’atteggiamento spregiudicato e ribelle nei confronti dell’Autorità costituita. Gaetano, portandosi appresso baracca e burattini, metteva in scena i fatti sociali scagliandosi contro il governo corrotto, che veniva deriso (identificato nel rappresentante di turno) fra parolacce e scenette bizzarre. La sua carriera culminò con la messa al bando della sua unica fonte di reddito, durante l’Anno Santo pontificato da Leone XII, che fu costretto ad assecondare il volere di Dio il quale nel 1825 non aveva minimamente voglia di coglioneggiare. Santangelo morì di tubercolosi dopo un periodo trascorso a chiedere «l’elemosina per i suoi burattini» ed in seguito fu costretto a vivere di altri espedienti dopo che anche l’elemosina fu vietata per questioni di decoro.

Tango della Morte è (ovviamente) un tango appassionato che potenzialmente si potrebbe ascoltare anche in balera, se non fosse fuori luogo a causa dell’età media dei frequentatori, fase in cui presumibilmente il funesto pensiero diventa costante.

Morte: Che è sta musica?
Gaetanaccio: Gnente, è n’po’ de musica de scena pe’ ritirasse su poi, co’ Vostra licenza, pure er musicista deve magnà
Morte: E allora famose n’balletto
Gaetanaccio: Vabbè, mo n’esageramo, che balletto…
Morte: ‘A danza macabra

Tra vorticosi giri di fisarmonica la Morte riesce in qualche modo a coinvolgere Gaetanaccio il quale cerca di respingere le avance di una compagna di ballo così maldestra che gli pesta addirittura i piedi. Per questa ragione è il nostro antieroe a prendere la decisione di condurre il ballo, esclamando «mo’ famo all’incontrè». Alla fine di questo rocambolesco tira e molla il burattinaio accusa la Morte di non saper ballare, ribadendo di non gradire la situazione e liquidando l’ossessiva compagna di circostanza con un «tu requiesca n’pace, io me ne devo annà».

Ironia pungente a secchiate al servizio di una serie di temi solitamente schivati dell’italica gente “perbene”, talvolta troppo impegnata a secernere bava appresso all’Autorità costituita di turno, figlia della stessa che, due secoli fa, contribuì a seppellire Gaetano Santangelo, facendo perpetrare, in grandi linee, il ciclo nel corso della storia. Perché tanto un Gaetanaccio da seppellire lo si trova in ogni epoca.

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  1. Beh se uno si lamenta delle trame “carenti” di Fulci cosa deve fare con quelle d’Argento che erano terribili? Beh se la Nicolodi diventa topa anche le “trame” del compagno d’allora diventano cult ><

  2. Certo la Nicolodi bellissima ho qualche dubbio, ma ne ho ancora di più sull’horror italiano collocato ai vertici del cinema mondiale di genere. Magari storicamente parlando, ma il mondo non ci ha mai dato tutta ‘sta gran attenzione all’epoca. Fulci & co son stati riscoperti (dagli americani) negli ultimi anni, cosa che ha permesso a veri e propri incapaci come Argento, che doveva smettere di lavorare alla fine degli anni ’70, di continuare a sfornare merda come Dracula 3d.

    1. Ciao Damien, purtroppo il tema dell’articolo non lasciava troppo spazio per approfondire discorsi sull’horror. Tuttavia mi sono concesso una piccola parentesi, accennando a cose vaghe…Sono quasi pienamente d’accordo con te. Fulci non mi ha mai fatto impazzire: a parte la fotografia, gli effetti e qualche “stronzata” del genere, è sempre stato carente a livello di trama. Adesso è cult in America….vabbè! Argento è stato spinto a proseguire l’attività fino ad oggi da non so quale forza bislacca, visto che la sua mente è appassita subito dopo Phenomena. Per il resto dissento. Sono molto lontano dal poter essere definito vagamente “patriottico”, ma devo ammettere che in Italia abbiamo fatto scuola. Non voglio dire che siamo stati più bravi degli americani, piuttosto che dei francesi, ma semplicemente che l’horror italiano classico è un riferimento assolutamente imprescindibile per chi approccia in qualche modo al genere. L’horror come il thriller. Dissento anche sul fatto che la Nicolodi non sia una bella topa. In Profondo Rosso, in effetti, pare un po’ un cessetto; al contrario, in Shock di Mario Bava è uno spettacolo. In generale è stupenda. Sono gusti…

      1. E senza dimenticare Lamberto Bava, figlio di Mario. Anche lui aveva cominciato benino, La casa con la scala nel buio ha il suo perché, ma poi mi sembra si sia perso…

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