Juri Camisasca è un personaggio il cui nome è in più volte in collegamento con quello di un mostro sacro della nostra musica, ovvero Franco Battiato. Proprio il fatto di essere legato a lui lo fornisce anche di un certo magnetismo e curiosità che probabilmente possiedono tutti coloro che sono stati a contatto con il cantautore siciliano per tutto il decennio dei ’70 (e spesso anche oltre), gli anni dei suoi dischi progressivi, delle collaborazioni con vari gruppi, dei numerosi esperimenti musicali.
Camisasca è stato cantautore prima e monaco benedettino poi, con Battiato ha collaborato nei suoi primi tre film e in tre dischi di opere teatrali (“Genesi”, “Telesio” e “Gilgamesh”) e suo è il brano “Nomadi”, scritto in origine per Giuni Russo, ma di brani il Nostro ne ha scritti a bizzeffe.
Quello di cui vogliamo parlare s’intitola “Un Galantuomo” ed è la prima traccia del suo primo disco datato 1974, intitolato “La Finestra Dentro”.
Si tratta di un disco che traccia un ritratto di quello che è stato Camisasca prima della sua conversione e della sua scelta di farsi monaco, ovvero un artista inquieto e tormentato; tutte queste sensazioni si concretizzano negli episodi dell’album, a metà strada tra il progressive e la musica sperimentale.
“Un Galantuomo” è uno dei brani più stranianti che mi sia mai capitato di sentire: la chitarra suona un riff triste che viene accompagnato per tutto il tempo da percussioni, l’atmosfera è continuamente minacciosa e cupa. Poi arriva la voce di Camisasca prima greve, poi stridente, urlata, stridula, con il testo che impressiona per la follia scaturita e che racconta in prima persona di un uomo convinto che nelle sue vene al posto del sangue ci siano i topi; la soluzione secondo l’autore è cacciarli via picchiandosi in testa con un martello (“ed ecco che i topi / mi escono dal naso / i topi mi escono dalle orecchie”) e nel finale, dopo aver cacciato i topi, “come una pianta / che perde le foglie / io perdo i capelli” per poi passare al naso, alle dita, le gambe ecc. Beh, se c’è una morale, un messaggio criptato, un senso, sta a ognuno di noi decidere se trovarli o meno.
Ci troviamo di fronte a un capolavoro che non va assolutamente dimenticato, una scheggia di originalità e follia che si fondono insieme, un brano di cui non va persa la memoria, uno spaccato di una musica nata, come tanti prodotti del suo genere, in un contesto traboccante di creatività, sperimentazione e, perché no, puro genio.
Nel 2002 è uscita su cd una compilation dal titolo “La Convenzione” contenente tre brani di Battiato degli anni ’70 (due usciti solo su 45 giri e mai pubblicati su dischi, ovvero “La Convenzione / Paranoia”) e tra le altre cose cinque brani di Camisasca, questo incluso.